Cinese e giapponese: due lingue a confronto (中文-日本語)
Cinese e giapponese sono due lingue molto diverse da quelle europee. Ma che cosa hanno in comune tra di loro? Scopriamone insieme le similitudini e le differenze! 

Molte persone sono convinte che le lingue cinese e giapponese siano molto simili tra di loro. Entrambe hanno infatti una scrittura somigliante e diversa dalla nostra, oltre che una parlata incomprensibile. Inoltre i due Paesi vengono spesso associati per cultura, posizione geografica e tratti somatici. Insomma, anche le lingue dovrebbero essere uguali.

Diverso tempo fa ho deciso, senza alcun impegno o pretesa di alcun genere, di iniziare a studiacchiare un po’ il giapponese. Volevo infatti capire se, effettivamente, cinese e giapponese fossero due lingue “sorelle”, come lo sono ad esempio lo spagnolo e il portoghese o il tedesco e l’olandese. Nel proseguo di questo articolo potete farvi un’idea anche voi!


Ripasso e approfondimento

Come di consueto vi propongo il ripasso di una parola cinese attraverso l’ausilio dei vecchi articoli. Questi vi saranno molto utili anche nel proseguo dell’articolo, in quanto vi faranno capire meglio le differenze con il giapponese. La parola di oggi è: 日 (rì, sole/giorno).

  • caratteri cinesi: 日 è prima di tutto un carattere. Nel link troverete le diverse tipologie;
  • pittogrammi cinesi: la categoria di riferimento di 日 è quella dei pittogrammi, in quanto la sua immagine rappresenta proprio un sole;
  • pinyin: “rì” è la trascrizione fonetica di 日. La “r” è retroflessa, mentre la “i” è una vocale muta. Nel link trovate tutte le informazioni che vi occorrono per la pronuncia dei caratteri;
  • toni cinesi: il segno grafico posto sulla “i” di “rì” ci dice che la sillaba deve essere pronunciata con il quarto tono. Dal link capirete in cosa consiste e quali altri toni cinesi esistono;
  • tratti: 日 è formato da 4 tratti. Dal link potete capire quali;
  • ordine dei tratti: per scriverli è però necessario seguire un ordine. Nel caso di 日 è: 丨, ㇕, 一, 一;
  • radicali cinesi: 日 svolge la funzione di radicale all’interno di molti caratteri, come ad esempio: 明 (míng, luminoso). Nel link troverete maggiori informazioni sull’utilità di questi componenti;
  • parole bisillabiche: il carattere compare anche in diverse parole bisillabiche, come ad esempio: 生日 (shēngrì, compleanno);
  • nazioni in cinese: 日本 (rìběn) significa “Giappone”;
  • caratteri tradizionali: il carattere tradizionale di 日 è identico a quello semplificato. Dal link potrete capire perché esistono due scritture cinesi.

Cinese e Giapponese a confronto

Per capire in cosa si somigliano le lingue cinese e giapponese, confronterò i singoli aspetti principali che le contraddistinguono, dalla scrittura alla pronuncia. Al fine di evitare confusione tra le due lingue, le parole cinesi, con relativa pronuncia e traduzione, verranno scritte in rosso, mentre quelle giapponesi in blu.

Intanto vi anticipo una piccola differenza: nell’immagine di copertina trovate le parole: 中文 (lingua cinese) e 日本語 (lingua giapponese). Se però invertissimo le lingue, otterremmo: 中国語 (lingua cinese) e 日语 (lingua giapponese).


Alfabeto / Sistema di scrittura

Se non avete mai studiato il cinese in vita vostra, è bene chiarirlo fin da subito: non esiste alcun alfabeto cinese. Il sistema di scrittura utilizzato è invece quello dei caratteri cinesi (汉字, hànzì), i cui tratti non sono correlati in alcun modo con il rispettivo suono. In tal senso possiamo trovare un’eccezione nei componenti fonetici, i quali permettono di avere un’idea indicativa della pronuncia della sillaba. Tuttavia non garantiscono alcuna precisione, e non danno alcuna informazione in merito al tono.


Non sapete di cosa sto parlando? Allora vi rimando al mio articolo sui componenti fonetici.


Più complicato – o più semplice a seconda dei punti di vista – è il giapponese. Questa lingua, infatti, prevede tre sistemi di scrittura:

  • kanji (漢字, caratteri cinesi): anche se, come vedremo, non c’è un’esatta corrispondenza tra cinese e giapponese;
  • hiragana (平仮名): si tratta di un sillabario, ed è il principale sistema di scrittura locale. Viene utilizzato in combinazione con i kanji, o in loro sostituzione quando non si conosce la scrittura di questi ultimi;
  • katakana (片仮名): altro sillabario locale, utilizzato in particolar modo per la trascrizione fonetica di parole di origine straniera.

Caratteri cinesi

In entrambe le lingue cinese e giapponese possiamo dunque trovare i caratteri cinesi (汉字 hànzì, 漢字 kanji). Tuttavia, come già anticipato, non sempre è facile riconoscerli nel passaggio da un idioma all’altro.

Nella lingua cinese possiamo trovare i caratteri semplificati (utilizzati nella Cina continentale e a Singapore) e quelli tradizionali (impiegati ancora oggi nei territori di Hong Kong, Taiwan e Macao). Le due scritture, sebbene presentino molti caratteri in comune (come ad esempio il già citato 日) non possono essere mischiate tra loro, e la conoscenza di una non presuppone la conoscenza dell’altra.


Per maggiori informazioni vi invito ancora una volta a consultare il mio articolo sui caratteri semplificati e tradizionali.


Se invece vi approcciate alla lingua giapponese con una minima conoscenza di cinese, la prima impressione che avrete sarà quella di una gran confusione. La lingua nipponica, infatti, utilizza sia caratteri semplificati sia caratteri tradizionali. Non solo, alcuni rappresentano delle varianti locali, del tutto inedite in Cina. Inoltre è possibile trovare caratteri identici ma con significato diverso tra le due lingue. Infine alcuni kanji giapponesi sono combinati con le sillabe hiragana.

Ad esempio:

  • Utilizzo di caratteri semplificati

T: 學 / S:  → (studiare)
T: 國 / S: 国 →  (nazione)

  • Utilizzo di caratteri tradizionali

T:  / S:  → 漢 (cinese)
T: 風 / S: 风 → (vento)

  • Varianti giapponesi di caratteri cinesi

T:  / S:  → 竜 (drago)
T: 齒 / S: 齿   (dente)

  • Caratteri uguali con significato diverso

(io), (personale, privato) →  (io)
老师 (insegnante), 先生 (signore) 先生(insegnante)

  • Kanji combinati con sillabe hiragana

食べ (tabe, mangiare)
飲む (nomu, bere)


Trascrizione fonetica

Il sistema di trascrizione fonetica correntemente in uso nel cinese standard è il pinyin (拼音). Questo è composto da un insieme di iniziali e finali che, combinate tra di loro, fornisce tutte le sillabe esistenti nella lingua.


Per maggiori dettagli vi invito ancora una volta a consultare il mio articolo sul pinyin cinese


Il giapponese, invece, utilizza il rōmaji (ローマ字), ed in particolar modo il sistema Hepburn.

Nelle lingue cinese e giapponese, quindi, esiste un metodo ufficiale per riprodurre i caratteri con le lettere dell’alfabeto latino. Tuttavia non rappresenta né un sistema di scrittura alternativo, né una qualsiasi sorta di alfabeto. Inoltre non può essere letto come se fosse italiano, ma bisogna farlo seguendo determinate regole.


Pronuncia

Al di là della trascrizione fonetica, cinese e giapponese si differenziano anche per la presenza di suoni inediti tra una lingua e l’altra. Nel cinese troviamo ad esempio la lettera “x”, letta più o meno come il “ch” della parola tedesca “ich”. È inoltre presente la lettera “l”, introvabile nella lingua nipponica.

Nel giapponese, invece, è possibile trovare la lettera “r” simile a come la conosciamo. In cinese, infatti, nonostante sia presente in numerose parole (come ad esempio il già citato 日), ha un suono molto particolare. Anche per il resto il rōmaji ha un suono simile all’italiano.

Cinese e giapponese hanno inoltre una vocale muta, rispettivamente la “i” (quando è la finale in alcune sillabe) e la “u”.

Ma al di là dei singoli suoni, esistono delle differenze in merito alla pronuncia dei caratteri presenti in entrambe le lingue? Per prima cosa bisogna considerare che il giapponese ha almeno due pronunce (ma possono essercene di più) per ogni carattere:

  • kun’yomi (訓読み): di origine giapponese, utilizzata in particolar modo quando i caratteri compaiono singolarmente;
  • on’yomi (音読み): di origine cinese, utilizzata soprattutto quando i kanji fanno riferimento a parole composte

Tuttavia, nonostante la provenienza della pronuncia on’yomi, la corrispondenza con il cinese non è immediata. Il motivo è da ricercare nel fatto che i kanji sono stati introdotti nel giapponese nel corso dei secoli. Allo stesso tempo, però, anche la pronuncia del cinese è mutata nel tempo, per cui il suono è diverso da quello attuale.

Ad esempio:

中 (zhōng, K: naka/O: chū, mezzo) → 中国 (zhōngguóchūgoku, Cina)

水 (shuǐ, K: mizu/O: sui, acqua) → 水平 (shuǐpíng, suihei, livello)


Toni

Uno dei problemi principali nell’apprendimento del cinese è dato dal fatto che si tratta di una lingua tonale. Ciò significa che ogni sillaba è provvista di toni, e che una loro pronuncia errata cambia completamente il senso della parola, o della frase, in questione.


Per maggiori informazioni vi invito ancora una volta a consultare il mio articolo sui toni cinesi.


Ad esempio:

(mā, mamma),  (má, canapa), (mǎ, cavallo),  (mà, insultare), (ma, particella interrogativa).

A queste si aggiungono poi ulteriori parole con identico tono, come ad esempio: (mā, asciugare/pulire)

Il giapponese, invece, non è una lingua tonale, per cui le parole possono essere pronunciate senza queste difficoltà.

Ad esempio:

(go, lingua), (go, cinque)


Segni grafici

I segni grafici presenti nel pinyin fanno riferimento ai quattro toni. La sillaba “” (马), ad esempio, dovrà essere pronunciata al terzo tono.

Anche in giapponese, però, è possibile trovare dei segni grafici, nello specifico il macron (¯), come nella parola “chūgoku” (中国) vista in precedenza. In questo caso il trattino sopra la “u” non indica un “primo tono”, bensì una vocale lunga. Lo si può trovare anche nella “o” lunga e, nelle parole di origine straniera, in tutte le vocali lunghe.

Per capire meglio:

Il kanji 中国, scritto con le sillabe hiragana, diventa ちゅうごく (chuugoku).  La doppia “u” viene quindi trascritta come “ū” (chūgoku).

Vi faccio un altro esempio:

東京 (Tōkyō) = とうきょう (Toukyou) → Tōkyō


Sillabe

Cinese e giapponese si differenziano anche per il numero di sillabe di cui sono composti i caratteri. Quelli cinesi, infatti, sono composti ognuno da una sillaba; i kanji, invece, non hanno un numero fisso.

Ad esempio:

 (wǒ, io) → 1 sillaba;
 (わたし, watashi, io) → 3 sillabe

学生 (xuésheng, studente) → 2 sillabe
学生 (がくせい, gakusei, studente) → 4 sillabe


Parole

Un altro aspetto da non sottovalutare nel confronto tra cinese e giapponese è quello relativo alle parole in comune. Finora abbiamo visto alcune parole identiche tra le due lingue, ma questa non è una costante. Molte parole, infatti, come i già citati 我 (io), sono diverse.

Ad esempio:

水果 (shuǐguǒ, frutta)
果物 (kudamono, frutta)

蔬菜 (shūcài, verdura)
野菜 (yasai, verdura)

Ancora, è possibile che il sinonimo più utilizzato in Giappone sia quello meno diffuso in Cina, e viceversa.

Ad esempio:

per dire “cane”, le parole più utilizzate sono:

(gǒu), (inu)

quelle meno comuni, invece:

(quǎn),  (inu)

Può accadere, inoltre, che non esistano kanji per determinate parole.

Ad esempio:

 (nǐ, tu)
あなた (anata, tu)

In ogni caso la sola conoscenza dei caratteri cinesi non è sufficiente per capire il senso delle frasi in giapponese.

Ad esempio:

私は中国人です (sono cinese)
私は中国人ではありません (non sono cinese)


Struttura frase

A mio modo di vedere, una delle maggiori differenze tra cinese e giapponese è legata alla struttura della frase.

In cinese, da questo punto di vista, non ci sono molti problemi, in quanto la struttura è la stessa dell’italiano e delle principali lingue europee: soggetto-verbo-oggetto (S-V-O).


Per maggiori informazioni vi invito a consultare il mio articolo sui verbi in cinese.


In giapponese, invece, si ha l’inversione tra verbo e oggetto, per cui la struttura della frase sarà: S-O-V.

Ad esempio:

我是中国人 (wǒ shì zhōngguórén)

我 = io
是 = essere
中国人 = (persona) cinese

私は中国人です (watashi wa chūgokujin desu)

私 = io
は = particella
中国人 = (persona) cinese
です = essere


Particelle

Rispetto alle lingue europee, cinese e giapponese si caratterizzano per la presenza di particelle. Si tratta di specifici caratteri aventi funzioni particolari, come ad esempio rendere le frasi interrogative.


A proposito di queste ultime, vi rimando al mio articolo sulle frasi interrogative in cinese.


In alcuni casi è possibile trovare un esatto corrispettivo tra le due lingue.

Ad esempio:

  • Particelle interrogative: (ma),  (ka)

Sono cinese?
我是中国人
私は中国人です 

  • Particelle possessive:  (de)  (no)

Il mio cane

Nonostante ciò, anche in questo caso non c’è un’esatta corrispondenza tra le due lingue.

Ad esempio:

particella che identifica il soggetto:  (wa);
particella che identifica l’oggetto:  (o).

Io mangio frutta
我吃水果
果物食べます


Classificatori

Un’altra peculiarità rispetto alle lingue a noi più note, è quella relativa all’utilizzo dei classificatori. A costo di ripetermi, le similitudini tra cinese e giapponese si fermano qua, poiché non c’è un’esatta corrispondenza tra i caratteri.


Per maggiori informazioni potete consultare il mio articolo sui classificatori cinesi.


Ad esempio i classificatori:

  • generico: (ge), (tsu)
  • di giornali e riviste: (běn), (bu)
  • oggetti lunghi e fini:  (tiáo), (hon)

Da quanto avete potuto vedere, cinese e giapponese sono due lingue che solo in apparenza sono simili tra di loro, ma che in realtà sono completamente diverse. Nonostante la presenza dei caratteri cinesi, infatti, le differenze sono evidenti sia nella pronuncia sia nella scrittura. In ogni caso ora potrete distinguerle meglio. 再见

Scritto da:

Mauro Bruno

Classe 1986. All'università ho scoperto la lingua cinese ed è stato amore a prima vista, tanto che da allora ho continuato a studiarla da autodidatta.
Nel blog, oltre a parlarvi della cultura cinese, cercherò di rendervi più familiare una delle lingue più incomprensibili per antonomasia.
Potete contattarmi scrivendo a: m.bruno@inchiostrovirtuale.it