Opuntia ficus indica, fico d'India

Alla scoperta dell’Opuntia, la “pianta del futuro”

L’Opuntia ficus indica è la specie più importante di fico d’India: una pianta succulenta originaria del Messico centrale, giunta in Europa nel XVI secolo con gli Spagnoli. A causa degli uccelli, che spargevano ovunque i suoi semi, e dei marinai, che sulle navi ne mangiavano i frutti per prevenire lo scorbuto,1 l’Opuntia si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo. In Italia, dove la sua presenza è attestata dal 1560,2 cresce spontaneamente dal Centro al Mezzogiorno ma viene anche coltivata. La Sicilia è la prima produttrice europea, tuttavia la grave siccità di quest’estate ha distrutto buona parte del raccolto, a dispetto dell’elevata resistenza al clima torrido di questa specie (caratteristica che le è valso il soprannome di “pianta del futuro”).3

Identikit dell’Opuntia ficus indica

Appartenente alla famiglia delle Cactaceae, il fico d’India deve il nome scientifico al botanico Philip Miller, che nel 1768 la ribattezzò Opuntia (da Opunte, una citta dell’antica Grecia) ficus indica, in riferimento alla provenienza (le Indie occidentali).

La pianta si è adattata a vivere negli ambienti aridi e semiaridi modificando il suo fusto, formato da pale ovali e appiattite (i cladodi) aventi la doppia funzione di conservare l’acqua, grazie a un rivestimento ceroso che riduce la traspirazione (cuticola), ed effettuare la fotosintesi (il processo mediante il quale si producono zuccheri e ossigeno, a partire dall’anidride carbonica e dall’acqua, in presenza di luce) al posto delle foglie.

Queste ultime sono lunghe qualche millimetro, coniche e cadono presto lasciando il posto alle spine propriamente dette, che si presentano bianche, lunghe e dure, o ai glochidi, spine brune, corte e setolose, difficili da estrarre quando si conficcano nella pelle. Nella parte superiore dei cladodi sbocciano, a partire dal primo anno di vita, i fiori giallo arancio da cui si formano i frutti: bacche dalla polpa dolce e succosa, un po’ pastosa per via dei semi numerosi, che può essere bianca, gialla o rossa, a seconda della varietà (muscaredda, sulfarina o sanguigna).

Generalmente i fichi d’India maturano tra agosto e settembre, ma praticando la scozzolatura, cioè la rimozione manuale dei fiori primaverili, è possibile estenderne la raccolta per tutto l’autunno. I frutti che maturano fra ottobre e dicembre, definiti “bastardoni”, appaiono allungati e più grandi dei cosiddetti “agostani”; inoltre sono considerati più palatabili per sapore e consistenza.

Cladodo di fico d'India con frutti.
Cladodi con frutti di O. ficus indica. Foto di Pexels da Pixabay.

Usi popolari dell’Opuntia in Messico

Nel suo Paese d’origine, il Messico per l’appunto, l’Opuntia ficus indica viene usata fin dai tempi degli Aztechi a scopi medicinali e alimentari, nonché per estrarre il carminio:4 questo colorante rosso intenso, infatti, si trova nelle femmine di cocciniglia (Dactylopius coccus) che vivono sui cladodi. La procedura di estrazione prevede che gli insetti vengano rimossi spazzolando le pale e successivamente uccisi con acqua bollente, fumi di zolfo o carboni ardenti.5

I cladodi, che i messicani chiamano “nopal“, sono molto importanti sia per l’alimentazione animale, sia per quella umana. Quelli giovani, dal sapore asprognolo, la consistenza croccante e mucillaginosa, si consumano a dadini (nopalitos) con le uova a colazione, nelle zuppe o nelle insalate. I cladodi vecchi, invece, una volta ripuliti dalle spine si scottano alla piastra e si mangiano con il formaggio.

I frutti, definiti “tuna”, si consumano freschi o in alternativa si usano per preparare il colonche, un alcolico a bassa gradazione, il miel de tuna (uno sciroppo), la melcocha (una caramella) e il queso de tuna, cioè il formaggio di fico d’India: un dolce che ricorda il formaggio per colore e consistenza, eventualmente aromatizzato con frutta secca.

Ultimi, ma non per importanza, gli impieghi nella Medicina popolare: infatti, il nopal essiccato e polverizzato si usa per curare le ulcere e i reumatismi, nonché per tenere sotto controllo la pressione e il colesterolo.

Usi popolari del fico d’India in Italia

L’Opuntia riveste un ruolo di spicco anche nel Mezzogiorno d’Italia. Ad esempio, in Sicilia i contadini fanno colazione con pane e fichi d’India nel periodo della vendemmia; quest’usanza deriva dal passato, quando i proprietari delle vigne li distribuivano generosamente ai braccianti affinché non mangiassero l’uva.

Prodotti e piatti tipici siciliani sono il gelato al fico d’India, la mostarda di ficurinnia (che si prepara aggiungendo lo zucchero e la cannella al succo cotto) decorata con le mandorle e il sucu pa pasta cu li ficurinnia, ossia la pasta con succo di fico d’India, aglio e olio d’oliva. Non si buttano neppure le bucce, che dopo un’attenta mondatura si possono impanare, friggere e gustare come snack o antipasto, o far macerare in alcol per ottenere un liquore digestivo. Inoltre con i cladodi si preparano conserve sottolio, sottaceto e persino i canditi, e i fiori commestibili si usano per aromatizzare gelatine e confetture preparate con gli stessi frutti dell’Opuntia.

In Sardegna il succo di fico d’India viene fatto cuocere con scorze d’arancia essiccate e finocchietto selvatico, fino a ridurre il volume a 1/5 di quello iniziale: in questo modo si ottiene la sapa di fico d’India (saba de figu morisca), che in passato veniva usata dalle famiglie non abbienti per preparare dolci tipici, come su pan’e saba, al posto della sapa d’uva.6

Nella Medicina popolare siciliana, i fichi d’India si usano come rimedi astringenti in caso di diarrea, consumati con i semi, o come lassativi se si beve solo il succo. Con i fiori si prepara un decotto diuretico, mentre la polpa dei cladodi si applica direttamente sulle lesioni cutanee (quali ferite, piaghe e ulcere) per favorirne la cicatrizzazione.

Consigli di lettura

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Riferimenti bibliografici:
  1. Piero Ficarra, Stefania Scaccabarozzi. Il selvatico in cucina: frutti, semi e fiori. Piante, consigli e gastronomia. ISBN: 979-12-20305-38-9;
  2. Antonio Piga. Il fico d’India, una specie dalle innumerevoli potenzialità (PDF);
  3. Il Post. In Sicilia perfino i fichi d’India soffrono per la siccità, articolo pubblicato il 21 agosto 2024;
  4. University of California Press. The essential Codex Mendoza, by Berdan, Frances; Anawalt, Patricia Rieff, 1997.
  5. F. Capasso, R. de Pasquale, G. Grandolini, N. Mascolo. Farmacognosia: farmaci naturali, loro preparazioni ed impiego terapeutico. Springer-Verlag Italia, Milano 2000. ISBN: 88-470-0074-2;
  6. LAORE Sardegna – Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura. “Saba de figu morisca“. Ultimo aggiornamento: aprile 2021.
Crediti fotografici

In apertura, Foto di Marcel da Pixabay.

Scritto da:

Jessica Zanza

Blogger e giornalista, ho collaborato con L'Unione Sarda.
Sono cofondatrice e curatrice editoriale di Inchiostro Virtuale.
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