Farmaci SSRI

Farmaci SSRI: cosa sono?

Gli SSRI (selective serotonin reuptake inhibitors, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) sono psicofarmaci usati nel trattamento dei disturbi dell’umore. Stando al rapporto dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali, si tratta degli antidepressivi più diffusi in Italia, giacché li assume il 23,7% dei pazienti con la depressione. Appartengono alla classe degli SSRI:

  1. fluoxetina (Prozac);
  2. fluvoxamina (Maveral);
  3. sertralina (Zoloft);
  4. paroxetina (Daparox);
  5. citalopram (Elopram);
  6. escitalopram (Entact);
  7. dapoxetina (Priligy).

Questi farmaci migliorano la trasmissione della serotonina (un neurotrasmettitore che regola l’umore, tra le altre cose) e quindi la sintomatologia dei disturbi associati alle sue disfunzioni.


Per saperne di più, cliccate sul seguente link: “Serotonina: a cosa serve e come stimolarla“. 


SSRI e depressione

Ad oggi gli SSRI rappresentano i farmaci di prima scelta nel trattamento della depressione maggiore e altre sindromi di minore gravità, come il disturbo depressivo persistente e il disturbo affettivo stagionale.

Il motivo risiede nel miglior profilo di sicurezza rispetto ai farmaci di prima generazione, cioè gli antidepressivi triciclici (TCA): infatti, gli SSRI vengono tollerati meglio dai pazienti (con minori tassi d’interruzione della terapia), sono meno tossici e non risultano mortali in caso di sovradosaggio (almeno in teoria), perché agiscono in maniera più selettiva.

Cosa fanno i farmaci SSRI?

Secondo l’ipotesi più accreditata, gli effetti antidepressivi degli SSRI sono il risultato di una complessa cascata di eventi che inizia con il legame di tali farmaci ai SERT: i trasportatori che rimuovono la serotonina dalle sinapsi (le connessioni nervose) per riportarla all’interno dei neuroni quando ha concluso il suo compito (ricaptazione).

Dunque, legandosi ai SERT e inibendo il processo di ricaptazione, gli SSRI aumentano i livelli sinaptici di serotonina. A lungo andare, ciò porterebbe all’attivazione di particolari meccanismi di adattamento:

  • aumento della produzione e del rilascio di serotonina;
  • ridotta ricaptazione e conseguente prolungamento dell’azione serotoninergica;
  • maggiore responsività dei recettori sui neuroni bersaglio (post-sinaptici);
  • allungamento delle fibre serotoninergiche e formazione di nuove sinapsi;

responsabili degli effetti terapeutici:

  • aumento del tono l’umore;
  • riduzione dell’ansietà;
  • miglioramento delle funzioni cognitive (memoria, attenzione, concentrazione, apprendimento) e motorie.

Questa ipotesi spiegherebbe come mai gli effetti antidepressivi degli SSRI non compaiano subito, ma dopo 2-4 settimane di latenza (il tempo che occorre al cervello per adattarsi).

Gli SSRI sono efficaci?

Benché siano usati come terapia di prima linea, solo il 40-60% dei pazienti risponde agli SSRI e una percentuale ancora più bassa (il 30-45%) va in remissione, secondo quanto riportato dall’AHRQ – Agency for healthcare research and quality.

Inoltre, i risultati di una metanalisi pubblicata su BMC Psychiatry (che ha esaminato 131 studi clinici randomizzati per un totale di 27.422 partecipanti con depressione maggiore) mettono in dubbio l’effettiva utilità di questi principi attivi, suggerendo che i potenziali benefici non riescano a controbilanciarne i rischi.

Per via del tasso di risposta medio-basso, gli SSRI vengono associati alla psicoterapia e, nei casi più gravi, ad altri farmaci. A tal proposito, in Italia è stato approvato l’uso combinato di un SSRI con l’esketamina (un nuovo antidepressivo) per trattare la depressione resistente ad almeno due trattamenti farmacologici.


Per maggiori dettagli, cliccate sul seguente link: “Esketamina: il primo farmaco contro la depressione resistente“.


La scelta di un SSRI piuttosto che un altro dipende dalla tollerabilità della terapia per il paziente, dal momento che non ci sono differenze significative di efficacia tra i membri di questa classe (esclusa la dapoxetina, approvata per altri disturbi).

Effetti a lungo termine degli SSRI
Gli SSRI sono farmaci di prima scelta per il trattamento della depressione

Altre indicazioni degli SSRI

Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina possiedono altre indicazioni al di fuori della depressione. Si tratta di disturbi che spesso si sovrappongono a quelli depressivi (non è chiaro se siano la causa o la conseguenza) e sono associati anch’essi a disfunzioni serotoninergiche.

1) Disturbi d’ansia

Gli SSRI si sono rivelati efficaci nel trattamento dei disturbi d’ansia, oltre a essere più sicuri e meno soggetti ad abuso rispetto alle benzodiazepine (farmaci ipnotico-sedativi). In Italia sono stati approvati per il trattamento di:

  • attacchi di panico (paroxetina, sertralina, citalopram ed escitalopram);
  • disturbo ossessivo-compulsivo (fluoxetina, paroxetina, fluvoxamina, sertralina);
  • ansia sociale (paroxetina, sertralina, escitalopram);
  • agorafobia (paroxetina, escitalopram);
  • ansia generalizzata (paroxetina, escitalopram);
  • disturbo post-traumatico da stress (paroxetina, sertralina).

2) Disturbi alimentari

In Italia la fluoxetina è approvata per il trattamento della bulimia nervosa, ma viene prescritta off label anche per il binge eating disorder (il disturbo da alimentazione incontrollata).


Per saperne di più, vi rimandiamo all’articolo sul “Binge eating disorder: sintomi, cause e terapie“.


3) Eiaculazione precoce

Grazie alla sua efficacia nel ritardare l’orgasmo maschile, la dapoxetina è stata approvata in Italia per il trattamento dell’eiaculazione precoce tra i 18 e i 64 anni di età.

4) Disturbi mestruali

La fluoxetina, la paroxetina e la sertralina sono state approvate negli USA anche per il trattamento della sindrome premestruale e del disturbo disforico premestruale.


Click al seguente link per conoscere la “Sindrome premestruale: sintomi, cause e rimedi“.


Effetti collaterali degli SSRI

Benché gli SSRI siano più sicuri rispetto ad altri antidepressivi, il loro impiego non è scevro da rischi. Nelle fasi iniziali del trattamento è possibile che compaiono degli effetti indesiderati, conseguenti all’aumento dei livelli di serotonina o alla stimolazione di recettori non serotoninergici (la selettività di questi farmaci non è assoluta), che tendono a scomparire da soli o abbassando il dosaggio. Vediamoli!

1) Disfunzioni sessuali

Le disfunzioni sessuali sono gli effetti collaterali più frequenti in corso di terapia con SSRI e compaiono nel 30-40% dei pazienti trattati a dosaggio pieno. L’aumento dei livelli cerebrali di serotonina può causare:

  • assenza o calo della libido;
  • intorpidimento deila zona genitale;
  • ridotta lubrificazione vaginale;
  • problemi di erezione ed eiaculazione;
  • difficoltà a raggiungere l’orgasmo (anorgasmia).

In letteratura sono documentati anche dei casi di disfuzione sessuale post-SSRI, ossia, disturbi della sessualità ed emotività che persistono dopo la sospensione della terapia.

2) Disturbi gastrointestinali

Nel 15-35% dei pazienti possono comparire nausea, vomito e diarrea, a causa di un aumento della serotonina in periferia. Questi disturbi sono temporanei e dipendenti dal dosaggio.

3) Variazioni del peso corporeo

Nei pazienti in cura con SSRI possono manifestarsi variazioni del comportamento alimentare e del peso corporeo, giacché la serotonina è coinvolta nella regolazione dell’appetito e del metabolismo. I pazienti possono sia dimagrire, in quanto la serotonina cerebrale riduce l’appetito, sia ingrassare, perché al di fuori del sistema nervoso la serotonina aumenta la produzione e il deposito dei grassi.

4) Effetti paradossi

In alcuni pazienti gli SSRI possono causare effetti paradossi, quali insonniaansia e irritabilità.

5) Effetti indesiderati poco comuni

I farmaci SSRI possono causare anche:

  • sintomi extrapiramidali, quali tremori a riposo, rigidità e spasmi muscolari;
  • alterazioni cardiache, in particolare il prolungamento dell’intervallo QT (osservato nei pazienti geriatrici trattati con citalopram);
  • reazioni cutanee e alopecia;
  • iponatriemia, cioè la riduzione dei livelli ematici di sodio.

Cliccate sul seguente link per approfondire gli “Effetti a lungo termine degli SSRI“.


6) Interazioni farmacologiche

Gli SSRI riducono il metabolismo epatico di alcuni farmaci, causandone l’accumulo nell’organismo e la comparsa di effetti tossici talvolta letali. Le più note interazioni si hanno con:

  • antidepressivi triciclici;
  • inibitori delle monoamino ossidasi (iMAO);
  • benzodiazepine;
  • antipsicotici;
  • carbamazepina;
  • fenitoina;
  • β-bloccanti;
  • antibiotici.

7) Sindrome serotoninergica

L’associazione tra SSRI e iMAO irreversibili è assolutamente da evitare, perché causa la sindrome serotoninergica caratterizzata da:

  • agitazione inattesa;
  • tremori, aumento dei riflessi e contrazioni muscolari involontarie;
  • brividi, febbre e sudorazione profusa;
  • convulsioni;
  • collasso cardiocircolatorio;
  • coma.

Controindicazioni degli SSRI

Gli SSRI devono essere usati con cautela nei pazienti con meno di 24 anni, in quanto possono favorire comportamenti aggressivi e ideazioni suicide.

L’assunzione deve avvenire sotto stretto controllo medico anche in gravidanza, perché aumentano il rischio di malformazioni cardiache e parto pretermine, e durante l’allattamento perché possono provocare tossicità nel neonato.

Si richiede cautela anche nei pazienti geriatrici, con disturbi cardiovascolari o in trattamento con i farmaci summenzionati.

L’articolo ha uno scopo puramente illustrativo e non sostituisce il parere del medico.

Sitografia e bibliografia

Di seguito, le fonti usate per la stesura dell’articolo:

Scritto da:

Jessica Zanza

Blogger e giornalista, ho collaborato con L'Unione Sarda.
Sono cofondatrice e curatrice editoriale di Inchiostro Virtuale.
Per contattarmi, inviate una mail a: j.zanza@inchiostrovirtuale.it