Disturbo Depressivo Persistente - Word Cloud - Copertina

Nei Paesi occidentali, il 3-6% degli adulti soffre di una forma di depressione che persiste da più di 2 anni: si tratta del disturbo depressivo persistente. In questo articolo, ne approfondiremo le tipologie, i sintomi, le cause e i possibili trattamenti. Seguiteci!

Classificazione del disturbo depressivo persistente

A partire dal 1968, l’anno di pubblicazione del DSM-II (ossia, la seconda edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), molto è cambiato riguardo alla classificazione dei disturbi depressivi.

Ciò vale anche e soprattutto per il disturbo depressivo persistente, che inizialmente veniva considerato un tratto della personalità (infatti, si parlava di “personalità depressa”) per poi essere ribattezzato “distimia” dallo psichiatra Robert Spitzer, a indicare una forma di depressione lieve e cronica.

Nel DSM-5 l’espressione “disturbo depressivo persistente” soppiantò la parola “distimia”, giacché la vecchia classificazione non considerava che nei distimici potesse manifestarsi anche la depressione maggiore (una sindrome depressiva ben più grave); dunque, visto e considerato il fatto che tali condizioni tendano a presentarsi nelle stesse famiglie e a rispondere alle stesse terapie, s’iniziò a considerare la distimia e la depressione maggiore come fasi dello stesso disturbo.

Le tipologie 

In particolare, il disturbo depressivo persistente racchiude in sé:

  • distimia, intesa come la presenza continua di un umore lievemente depresso;
  • doppia depressione (cioè, il presentarsi di un episodio di depressione maggiore nei pazienti con distimia);
  • depressione maggiore cronica (ossia, una sindrome depressiva che ha perso il carattere episodico);
  • depressione maggiore ricorrente, caratterizzata dalla remissione incompleta dei sintomi tra un episodio e l’altro.

Dunque, il DSM-5 dà un peso maggiore alla durata dei sintomi (che devono essere presenti da più di 2 anni) rispetto alla loro severità; perciò definisce il disturbo in base ai sintomi della distimia, con l’assunto che siano tutti presenti nella maggioranza dei casi in cui depressione maggiore e distimia coesistono. Vediamoli!

Sintomi del disturbo depressivo persistente

Secondo il DSM-5, ai fini della diagnosi negli adulti, è necessario avere un umore depresso la maggior parte del tempo, per almeno 2 anni; invece, nei bambini e adolescenti, l’umore depresso o irritabile deve persistere per almeno 1 anno (criterio A).

Insieme all’umore depresso, devono essere presenti almeno 2 dei seguenti sintomi (criterio B):

  • disperazione;
  • bassa autostima;
  • poca energia o fatica;
  • poca concentrazione o difficoltà nel decidere;
  • insonnia o ipersonnia;
  • poco appetito o sovralimentazione.

I sintomi dei criteri A e B non devono essere assenti per più di 2 mesi nel corso dei 2 anni oppure nel corso di 1 anno per bambini e adolescenti (criterio C); inoltre:

  • se sono soddisfatti anche i criteri della depressione maggiore, i sintomi devono essere presenti in modo continuo per almeno 2 anni (D);
  • non devono esserci mai stati episodi maniacali o ipomaniacali (E);
  • il disturbo non è giustificato da alcuna forma di psicosi (F);
  • i sintomi non sono ascrivibili all’uso di farmaci o sostanze stupefacenti, né ad altre malattie (G);
  • i sintomi causano un disagio clinicamente significativo, ripercuotendosi sulle attività quotidiane e sulle relazioni (H).

Le cause 

Il disturbo depressivo persistente è una condizione molto complessa, di cui si conosce ancora poco; tuttavia, gli studiosi sono concordi nell’ipotizzare che insorga a causa di svariati fattori, in particolare:

1) Fattori genetici

Questo disturbo possiede una componente ereditaria, giacché il tasso di depressione nelle famiglie dei pazienti affetti è del 50% per le forme precoci; tuttavia, gli studi sui gemelli non sono abbastanza numerosi per chiarire quanto di genetico ci sia in questa familiarità.

2) Fattori psicosociali

Lo stress associato a eventi traumatici (quali lutti e separazioni), conflitti interiori o esteriori, nonché problemi di natura economica o giudiziaria, possono favorirne la comparsa.

3) Fattori biologici

Infine, anche la riduzione dei livelli di serotonina, noradrenalina e dopamina (neurotrasmettitori che controllano l’umore), anomalie dei loro recettori e il rimpicciolimento di particolari strutture cerebrali che controllano le emozioni e funzioni cognitive (ippocampo, amigdala e corteccia prefrontale) sembrano giocare un ruolo determinante.

Trattamento del disturbo depressivo persistente

La combinazione tra psicoterapia e farmaci è considerata la strategia più efficace per il trattamento del disturbo depressivo persistente; infatti, mentre la prima agisce sulle cause del disturbo, aiutando il paziente a superare conflitti ed eventi traumatici, i secondi ne alleviano i sintomi, portando al miglioramento della qualità della vita.

Psicoterapia

La terapia cognitivo-comportamentale corregge i comportamenti che generano e mantengono il disturbo, come la ruminazione mentale (cioè, pensare continuamente alle cause e alle conseguenze dei problemi), il negativismo, l’autoisolamento e l’autovalutazione negativa.

Farmaci antidepressivi

Gli inibitori della ricattura della serotonina (o SSRI) (quali fluoxetina, sertralina ed escitalopram) sono i farmaci di prima scelta, perché – a parità di efficacia – risultano più sicuri e ben tollerati rispetto agli altri antidepressivi.

Legandosi a particolari proteine chiamate neurotrasportatori, questi farmaci impediscono ai neuroni di sequestrare la serotonina, col risultato che quest’ultima potrà stimolare più a lungo i suoi recettori, risollevando l’umore e migliorando gli altri sintomi.

Per maggiori informazioni, vi rimandiamo all’articolo: “SSRI: gli effetti del trattamento a lungo termine“. Alla prossima!

L’articolo ha uno scopo puramente illustrativo e non sostituisce il parere del medico.

Bibliografia e sitografia

Scritto da:

Jessica Zanza

Giornalista e blogger con un passato da farmacista.
Sono una delle fondatrici del sito e curo la sezione editoriale.
Per contattarmi, inviate una mail a: j.zanza@inchiostrovirtuale.it