Guida al disturbo depressivo persistente (ex distimia)
A partire dal 1968, l’anno di pubblicazione del DSM-II (la seconda edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), molto è cambiato riguardo alla classificazione dei disturbi depressivi. Tra questi il disturbo depressivo persistente, dapprima considerato un tratto di personalità (personalità depressa) e in seguito una forma di depressione lieve e cronica, che lo psichiatra Robert Spitzer ribattezzò “distimia”.
Nel DSM-5 l’espressione “disturbo depressivo persistente” soppiantò “distimia”, in quanto la vecchia classificazione non considerava che nei distimici potesse manifestarsi anche la depressione maggiore (una sindrome più grave).1 Dal momento che queste condizioni ricorrono tra i membri delle famiglie e rispondono agli stessi farmaci, la distimia e la depressione maggiore vengono considerate fasi dello stesso disturbo.
Le molteplici forme del disturbo depressivo persistente
Il disturbo depressivo persistente non rappresenta una singola entità clinica, ma racchiude in sé:
- distimia, intesa come la presenza continua di un umore lievemente depresso;
- doppia depressione, cioè il presentarsi di un episodio di depressione maggiore nei pazienti con distimia;
- depressione maggiore cronica, ossia una sindrome depressiva che ha perso il carattere episodico;
- depressione maggiore ricorrente, caratterizzata dalla remissione incompleta dei sintomi tra un episodio e l’altro.
Dunque, il DSM-5 dà un peso maggiore alla durata dei sintomi, che devono essere presenti da più di due anni, anziché la severità. Ma di quali sintomi si tratta?
I criteri diagnostici secondo il DSM-5
Un adulto è affetto da disturbo depressivo persistente se ha l’umore a terra quasi tutto il tempo per almeno due anni; invece, nei bambini e negli adolescenti, l’umore depresso o irritabile deve persistere per almeno un anno (criterio A).2
Insieme all’umore depresso, devono essere presenti almeno due dei seguenti sintomi (criterio B):
- disperazione;
- bassa autostima;
- poca energia o fatica;
- poca concentrazione o difficoltà nel decidere;
- insonnia o ipersonnia;
- poco appetito o sovralimentazione.
I sintomi dei criteri A e B non devono essere assenti per più di due mesi durante i due anni o nel corso di un anno per bambini e adolescenti (criterio C), inoltre:
- se sono soddisfatti anche i criteri della depressione maggiore, i sintomi devono essere presenti in modo continuo per almeno due anni (D);
- non devono esserci mai stati episodi maniacali o ipomaniacali (E);
- il disturbo non è giustificato da alcuna forma di psicosi (F);
- i sintomi non sono ascrivibili all’uso di farmaci o sostanze stupefacenti, né ad altre malattie (G);
- i sintomi causano un disagio clinicamente significativo, ripercuotendosi sulle attività quotidiane e sulle relazioni (H).
Le cause del disturbo depressivo persistente
Secondo l’ipotesi più accreditata, diversi fattori contribuiscono all’insorgenza del disturbod epressivo persistente.
1) Fattori genetici
Il disturbo possiede una componente ereditaria, tant’è che il tasso di depressione nelle famiglie dei pazienti è del 50% per le forme precoci. Tuttavia, gli studi sui gemelli sono troppo pochi per chiarire quanto di genetico ci sia in questa familiarità.
2) Fattori psicosociali
Lo stress associato a eventi traumatici (quali lutti e separazioni, conflitti interiori o esteriori, problemi di natura economica o giudiziaria) può favorirne la comparsa.
3) Fattori biologici
Anche la riduzione di serotonina, noradrenalina e dopamina (neurotrasmettitori che controllano l’umore), le anomalie dei loro recettori e il rimpicciolimento di strutture nervose che controllano le emozioni e le funzioni cognitive (quali ippocampo, amigdala e corteccia prefrontale), sembrano giocare un ruolo determinante.
Trattamento del disturbo depressivo persistente
La combinazione tra psicoterapia e farmaci è considerata la strategia più efficace contro il disturbo depressivo persistente; infatti, mentre la prima agisce sulle cause, aiutando il paziente a superare traumi e conflitti, i secondi ne alleviano i sintomi, portando al miglioramento della qualità della vita.3
1) Psicoterapia
La terapia cognitivo-comportamentale corregge i comportamenti che generano e mantengono il disturbo, ad esempio la ruminazione mentale (pensare continuamente alle cause e alle conseguenze dei problemi), il negativismo, l’autoisolamento e l’autovalutazione negativa.
2) Farmaci antidepressivi
Gli SSRI come la fluoxetina, la sertralina e l’escitalopram, sono i farmaci di prima scelta perché (a parità d’efficacia) sono più sicuri e meglio tollerati rispetto agli altri antidepressivi.4
Questi farmaci aumentano selettivamente i livelli di serotonina nelle sinapsi, prolungandone così gli effetti, e ciò comporta un miglioramento dell’umore e degli altri sintomi.
Consigli di lettura
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Riferimenti bibliografici:
- Impact of the DSM-IV to DSM-5 Changes on the National Survey on Drug Use and Health. Rockville (MD): Substance Abuse and Mental Health Services Administration (US); 2016 Jun;
- Raj K. Patel; Sunny P. Aslam; Gregory M. Rose. Persistent depressive disorder. StatPearls, ultimo aggiornamento: agosto 2024;
- Levkovitz Y, Tedeschini E, Papakostas GI. Efficacy of antidepressants for dysthymia: a meta-analysis of placebo-controlled randomized trials. J Clin Psychiatry. 2011 Apr;72(4):509-14. DOI: 10.4088/JCP.09m05949blu. PMID: 21527126;
- Meister R, von Wolff A, Mohr H, Härter M, Nestoriuc Y, et al. (2016) Comparative Safety of Pharmacologic Treatments for Persistent Depressive Disorder: A Systematic Review and Network Meta-Analysis. PLOS ONE 11(5): e0153380. DOI: 10.1371/journal.pone.0153380.
Crediti fotografici
In apertura, foto di Hieu Van da Pixabay.
L’articolo ha uno scopo puramente illustrativo e non sostituisce il rapporto medico-paziente.
Giornalista pubblicista, ex collaboratrice de L’Unione Sarda.
Sono cofondatrice e caporedattrice di Inchiostro Virtuale.
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