Jannik Sinner

Sinner ha gli occhi dell’Italia (e del mondo) puntati addosso. Vediamo cosa è lecito aspettarsi dal giovane altoatesino

Il tennis italiano vive ormai da decenni nella spasmodica attesa di un fuoriclasse assoluto, di un giocatore in grado di vincere un titolo Slam. Spesso questa disperata ricerca ha portato a etichettare come futuri campioni giocatori che o non avevano la testa o semplicemente non erano sufficientemente dotati per emergere ai massimi livelli. Negli ultimi anni le cose sono migliorate, essendosi affermati giocatori capaci di raggiungere risultati straordinari (Cecchinato, Fognini e Berrettini su tutti) che in Italia non vedevamo da troppo tempo; tuttavia il pubblico (occasionale e non) brama Il Campione, quello capace dell’acuto negli Slam. Chi vince “solo” un Master 1000 o raggiunge “solo” la semifinale in uno Slam non è abbastanza, non più.

Se da un lato è giusto desiderare un giocatore capace di polarizzare ulteriormente l’attenzione su uno sport che è già il secondo più praticato in Italia, dall’altro si sottovaluta il valore assoluto dei giocatori precedentemente e di cosa voglia dire essere fra i primi venti giocatori del mondo; in realtà bisognerebbe fare un discorso ancora più ampio, perché purtroppo non ci si rende conto che anche giocatori etichettati come molto scarsi (parlo dei primi 200-300 del mondo) abbiano una reputazione e una considerazione economica assolutamente non corrispondente a quello che realmente sanno fare con una racchetta (cioè moltissimo), ma non è questo il momento di parlarne.

Questa lunga premessa serve semplicemente per dire che l’Italia sembra aver trovato quel giocatore capace di stare nell’élite mondiale con costanza e ambire concretamente a titoli Slam (senza che questo voglia dire automaticamente vincerli, occhio), vale a dire Jannik Sinner.

Jannik Sinner
Jannik Sinner potrebbe essere il fuoriclasse che il tennis italiano brama da tempo.

L’ascesa di Jannik Sinner

Probabilmente, ormai, anche chi non segue il tennis inizia ad avere familiarità con questo nome, apparso sia sul TG1 che a “Che tempo che fa” dopo la vittoria del torneo ATP di Sofia; saranno state lette molte cose al riguardo, perciò cercherò di dare un punto di vista un po’ più personale sull’ascesa di questo ragazzino di San Candido (la cui annessione all’Italia nel 1918 potrebbe essere stata la più importante conquista militare del nostro Paese di tutto il Novecento), raccontando il primo “incontro” con il giovane altoatesino, per poi capire quante e quali aspettative sia legittimo avere sul ragazzo (aspettative che ormai hanno anche molti appassionati all’estero).

Anzitutto è bene cominciare dicendo che gran parte dei giovani tennisti più promettenti vengono segnalati su siti specializzati. Sembrerebbe una banalità se non fosse che spesso i (presunti) talenti più giovani vengono segnalati non tanto dai redattori di questi portali quanto dagli utenti. C’è un sottobosco di commentatori di tennis, che formano grandi community estremamente attive, che riescono a fornire informazione su qualunque torneo esistente al mondo, compresi quelli di bambini e ragazzini. Perciò, spesso, le prime informazioni su giovanissimi emergenti vengono da fonti “non ufficiali”, con tutti i rischi che ciò comporta: i tifosi si lasciano andare a facili entusiasmi o preannunciano stroncature di carriere a ragazzini di sedici anni (malcostume che andrebbe approfondito in separata sede) molto più di quanto non faccia un addetto ai lavori.

Inutile dire che il nome di Sinner era facile da trovare per queste “vie traverse”, più che in articoli di settore; era possibile trovare in giro il suo nome fra un commento e l’altro già tre anni fa (almeno). Personalmente in questi casi ho più curiosità che aspettative; negli anni il numero di nomi intorno ai quali si è fatta inutile propaganda mi ha indotto alla cautela quando non alla disillusione. Mi ripromisi, a tempo perso, di rivedere questo Sinner di cui tanti parlavano. L’occasione si presenta negli ultimi mesi del 2018, quando Jannik prende parte al Challenger di Andria contro l’ucraino Marčenko e riesco a recuperare degli highlights della partita.

La partita in questione, il mio primo approccio con Sinner

Il Challenger di Andria

Il ragazzino altoatesino era piuttosto buffo: capelli rossi arruffati che sporgevano dal berretto, che sembrava faticasse a contenerli; maglia quasi interamente gialla con solo la parte bassa dello stesso grigio molto scuro dei pantaloncini, che a causa della mediocre qualità delle immagini sembrava essere parte del pantaloncino stesso, con l’effetto di far sembrare o il suo elastico a una latitudine fantozziana o le gambe di Sinner incredibilmente lunghe (impressione aumentata dalla sua esile corporatura).

Appurato che faceva molta simpatia, era giunto il momento di farsi un’idea un po’ più tecnica sul ragazzo. Come nel calcio, farsi un’idea su un giocatore da una semplice sintesi di una partita è impossibile e sbagliato; tuttavia nel tennis è molto più facile analizzare la meccanica dei colpi del giocatore, che in un video di cinque minuti scarsi vedi ripetuti decine di volte; un esercizio comunque molto utile per iniziare a studiare un giocatore. I colpi di Sinner erano puliti e anche molto penetranti, il tempo sulla palla veramente ottimo. C’era qualche errore grossolano ma a 17 anni è una cosa normalissima.

La cosa che mi lasciò un po’ perplesso era il fatto che la palla del ragazzino fosse molto piatta (con poca rotazione, per i meno esperti) e quindi, in teoria, più semplice da gestire per l’avversario. “Cavolo, se gioca così dovrebbe stare sempre in spinta, difficile”, mi ritrovai a pensare di fronte a quella palla così pulita. Quello di Sinner mi sembrava essere un tennis molto più adatto al gioco di vent’anni fa che non a quello di oggi; giocare in quel modo con costanza è piuttosto complicato, oggi più di ieri. Di nuovo, mi ripromisi di rivederlo in una partita intera nella stagione che verrà, sapendo che quanto visto non basta e che comunque non sarebbe bastato neanche vederlo in un paio di tornei per capirne meglio pregi e difetti.

Il Challenger di Bergamo

Il mio secondo incontro con Sinner, quello che fu folgorante per molti, fu al Challenger di Bergamo, giocato nei primissimi mesi dell’anno nuovo (febbraio-marzo, mentre dal prossimo anno si terrà in autunno). Questa volta, complici orari compatibili con i miei, riesco a vedere quasi interamente tutte le sue partite nel torneo. Quello che mi trovo davanti è un giocatore che fino a pochissimi mesi prima mi sembrava impossibile da vedere: Sinner era sempre in spinta, sempre al comando degli scambi, contro giocatori molto più strutturati e quotati. “Cavolo, se gioca così dovrebbe stare sempre in spinta, difficile”, avevo pensato. Difficile ma non per Sinner, almeno non così tanto.

La cosa veramente incredibile era come fosse evidente che quei risultati non fossero frutto del caso o della settimana della vita. Jannik giocava con margine, ripeteva gli stessi incredibili colpi più e più volte, a dimostrazione di come non fossero estemporanei. Aveva lo stesso completo buffo che indossava ad Andria, ma stavolta l’effetto simpatia era decisamente secondario rispetto allo stupore nel vederlo giocare. Il torneo di Bergamo non poté che chiudersi con la vittoria dell’altoatesino, unico esito possibile di una settimana in cui era stato dominatore assoluto.

Da qui inizia una serie di vittorie nei tornei minori che un giocatore italiano così giovane non aveva mai ottenuto. La retorica dei giovani italiani mammoni non fu spazzata via solo perché, per rimanere in tema di imbarazzanti luoghi comuni, Sinner era “troppo crucco per non uscire così quadrato”, lui, che da pochi anni aveva imparato a padroneggiare meglio l’italiano, da quando Riccardo Piatti, folgorato dal talento del giovanissimo Jannik, lo adottò tennisticamente e lo portò ad allenarsi lontano dalle Alpi.

Il Master 1000 di Roma e altre manifestazioni

Dopo poco diventò quasi noioso vedere le partite di Sinner perché gli avversari di tornei Challenger e Future erano troppo poco per metterlo alla prova e l’esito delle sue partite era spesso scontato. Si attendeva di vederlo in tornei più importanti e l’occasione perfetta fu il Master 1000 di Roma, ai quali partecipò grazie ad una wildcard. Da qui, la storia di Sinner è più o meno nota: la vittoria a Roma contro Johnson, il trionfo alle Next-Generation Finals 2019, i recenti quarti di finali al Roland Garros (fermato solo da Rafael Nadal) e, da ultima, la vittoria all’ATP 250 di Sofia a chiudere un anno che non vede Sinner nei primi venti giocatori del mondo solo perché quest’anno, a causa della pandemia, il sistema del ranking è su base biennale e non annuale (per lo stesso motivo Musetti non è già nei primi cento giocatori del mondo).

Tutti questi risultati sono stati ottenuti rimanendo fedele al piano di gioco che aveva già a Bergamo e ad Andria (ma, come detto anche da Piatti, è un piano che adottava prima ancora che finisse sotto la sua guida): spingere, comandare, attaccare, avere lo scambio in mano. Proprio questo spunto ci permette di spostarci da un piano più narrativo a uno maggiormente tecnico-tattico. D’altronde se, come detto in apertura, è necessario capire quante e quali aspettative sia legittimo riporre nel ragazzo, non si può prescindere da un’analisi di questo tipo.

Analisi tecnico-tattica di Sinner

Questi due piani in realtà sono estremamente collegati. Questo racconto dell’ascesa di Sinner è servito soprattutto per sottolineare come il ragazzo sia rimasto fedele a se stesso nella sua scalata, tentando sempre di devastare da fondocampo l’avversario, a prescindere da chi ci fosse dall’altra parte della rete. Se questo è indubbiamente un pregio, al tempo stesso è la base su cui si fonda una delle principali critiche tecnico-tattiche mosse al ragazzo: ad oggi Sinner non ha un piano B (o se ce l’ha è segreto, come insegna Antonio Conte). Quando incontra un avversario che varia il gioco, può capitare che Jannik vada in confusione.

Un esempio lampante è la sua sconfitta di quest’anno a Roma contro Dimitrov, una partita che sembrava avere in mano e che gli è sfuggita palla tagliata dopo palla tagliata proposta dal bulgaro. L’altoatesino non ha trovato alternative tattiche e ha mantenuto invariato il suo piano tattico, provando a spingere anche su palle non propriamente comode e anche quando era chiaro che aveva perso le misure dei colpi. Ciò detto, non bisogna considerare questo difetto ineliminabile e, inoltre, ci sono diversi motivi che inducono all’ottimismo. Posto ovviamente che Sinner è talmente giovane che sarebbe criminale ritenere qualunque difetto non superabile, ci sono due doti del ragazzo che probabilmente incideranno in positivo su tutta la sua carriera: l’intelligenza e l’abnegazione.

Il ragazzo vive per il tennis, vede tennis e studia tennis. Analizza i propri errori e non prende sonno se non ha capito cosa ha sbagliato dopo ogni partita, che sia una vittoria o una sconfitta; dopo la vittoria a Sofia in finale contro Pospisil, ha dovuto capire perché aveva perso un set, visto che sentiva la partita in controllo. Inoltre sa ascoltare i consigli di Piatti (il miglior maestro possibile) ed è consapevole che deve migliorare su tante cose. Non possiamo dire che questo sia una garanzia di successo, ma sicuramente lascia ben sperare. D’altronde dei segnali ci sono già: seppur non con costanza, Sinner prova delle discese a rete, delle smorzate e dei rovesci in back, con alterne fortune (talvolta vediamo colpi pregevoli, altre volte càpitano esecuzioni artigianali) ma non è oggi che i colpi devono riuscire sempre.

Riflessioni finali

Bisogna fare un’ulteriore precisazione: queste aggiunte non saranno mai il “core business” del gioco di Sinner né dovranno esserlo. Sono armi che serviranno a Sinner solo in determinati momenti di determinate partite, anche perché – nonostante un piano B faccia comodo – per ora il piano A funziona maledettamente bene anche ad alto livello. Illuminante a tal proposito è (come accade più spesso di quanto non si pensi) una sconfitta, ossia quella già menzionata contro Nadal.

Nel corso di tutto il Roland Garros Sinner è stato l’unico in grado di tener testa al campione del torneo, mentre gli altri giocatori – Djokovic in testa – hanno rimediato figure barbine. L’altoatesino ha dominato gli scambi per lunghi tratti di un incontro su terra battuta, superficie a lui meno congeniale, nel torneo che è il giardino di casa del suo avversario (due sole partite perse in carriera al Roland Garros per Nadal, una cosa francamente inaudita).

Sinner potrebbe essere veramente uno di quei giocatori che non devono adattarsi al proprio avversario ma che invece costringono gli altri tennisti a farlo, rendendo il perfezionamento del piano B meno essenziale e soprattutto meno urgente, potendolo sviluppare con più calma. Se a diciannove anni te la giochi alla pari con Nadal nelle condizioni appena descritte, vuol dire che gli appassionati possono fare un investimento emotivo su di te. Come per tutti gli investimenti, la resa non è mai sicura, ma di certo alcuni titoli sono meglio di altri. Quelli di Sinner sono sicuramente ottimi.

Consigli di lettura

Se l’articolo vi è piaciuto, leggete anche quello dedicato a Berrettini, il n.1 d’Italia dimenticato.

Scritto da:

Lorenzo Picardi

Avvocato e pubblicista, non giudicatemi male. Per deformazione professionale seguo qualunque fatto d'attualità. Non sono malato di sport, mi limito a scandire i periodi dell'anno in base agli eventi sportivi. Ogni tanto provo a fare il nerd, con risultati alterni.
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