Marco Cecchinato

Marco Cecchinato, tennista palermitano classe ’92, contro ogni pronostico è arrivato in semifinale al Roland Garros, diventando protagonista di una storia che più umana non si può

Probabilmente Marco Cecchinato ci ha tolto l’imbarazzo della scelta dell’impresa sportiva dell’estate con largo anticipo, quantomeno per ciò che riguarda lo sport italiano, dal momento che non possiamo sperare in alcun trionfo della nostra Nazionale agli imminenti Mondiali di calcio. Non si può ignorare la circostanza che un tennista italiano mancasse in semifinale di uno Slam da quarant’anni esatti, quando nel 1978 Corrado Barazzutti fu demolito da Björn Borg col punteggio di 6-0 6-1 6-0 proprio al Roland Garros, il torneo che ha visto l’affermazione di “Ceck”. Non abbiamo visto sollevare nessuna coppa ad un nostro concittadino, nessun italiano sarà ribattezzato “Re della terra battuta” (titolo da tempo occupato) eppure non si può non cogliere la portata di questo traguardo per il tennis italiano maschile (quello femminile, purtroppo in netto declino, ha avuto ben altro splendore negli ultimi 15 anni), con la prospettiva di aver forse trovato un giocatore competitivo a determinato livelli praticamente dal nulla.

Nella inevitabile retorica (per una volta in parte giustificata) mi sono meravigliato che solamente un articolo abbia paragonato la scalata di Cecchinato a quella del Rocky cinematografico. Quest’ultimo ci viene presentato come un pugile di basso livello, nel quale neanche il suo allenatore crede più, apparentemente privo di qualunque talento, salvo poi mostrare il proprio valore quando la fortuna gli presenta la grande possibilità contro Apollo Creed, rischiando addirittura di sconfiggerlo (cosa che avverrà nel primo di numerosi sequel). La storia di Cecchinato sino ad oggi è estremamente simile a quella del più noto personaggio interpretato da Sylvester Stallone.

Chiamatelo “Rocky”

Il palermitano non ha mai avuto le stimmate del predestinato. Non era un bambino prodigio, anzi: da ragazzino era solamente il terzo-quarto giocatore migliore della sola Sicilia, per stessa ammissione del suo storico zio-allenatore, completamente fuori dai radar degli scout in cerca di giovani promesse fra i ragazzi della sua età (classe 1992). Nessun colpo che salti all’occhio, se non in negativo: il rovescio (ad una mano) di Marco, infatti, è un fondamentale tragicomico, con la palla che fatica anche solo a superare la linea del servizio e che spesso viene scentrata. Eppure, anno dopo anno, Cecchinato ha migliorato in maniera graduale il suo tennis: il dritto, il suo colpo più naturale, diventa piuttosto incisivo, il servizio inizia a portare punti e già nel circuito minore si nota la predilezione del giocatore siculo per la palla corta, un’arma che il grande pubblico ha imparato ad apprezzare in queste ultime due settimane parigine.

Cecchinato parte dai tornei Futures, quelli che danno meno punti ma dai quali bisogna iniziare l’impervia scalata che sembrava preclusa al giovane Marco. Impiega un po’ di tempo prima di passare al livello successivo, quello dei tornei Challenger, categoria che precede il c.d. circuito maggiore, quello che inizia a dare un certo risalto mediatico e, soprattutto, permette ai giocatori di vivere economicamente in maniera serena, senza gli affanni del circuito minore. I Challenger sono un purgatorio interminabile: Cecchinato riesce ad assestarsi a questo livello, ma sembra non riuscire ad andare oltre, nonostante alcuni successi importanti a questo livello; su tutti quello del 2013 a San Marino contro Filippo Volandri, miglior italiano della generazione precedente, un apparente passaggio di consegne.

L’entrata nei primi cento tennisti del mondo

Solamente nel 2015 sembra in grado di uscire da questo pantano, riuscendo ad entrare nei primi cento giocatori del mondo grazie alla semifinale al torneo di San Benedetto del Tronto, circostanza questa che ho ben presente avendovi assistito in prima persona per scriverne. Ricordo molto bene la semifinale che estromise Cecchinato dal torneo, dal momento che il palermitano era uno dei motivi di maggiore interesse del torneo. Il tabellone lo contrappose allo spagnolo Ramos-Viñolas, poi vincitore del torneo e di lì a poco autore di un bel salto avanti in classifica. L’iberico è un giocatore mancino, perciò sarebbe stata l’occasione perfetta per vedere come avrebbe reagito il rovescio di Cecchinato a questa circostanza. La risposta, come temevo, fu negativa: lo spagnolo non faceva che tirare sul debole lato sinistro del palermitano, che quando non buttava la palla in rete, giocava corto e permetteva all’avversario di attaccarlo, perdendo sistematicamente il punto.

Dopo quella partita posso tranquillamente affermare, con grande onestà, che i limiti sul rovescio sembravano invalicabili o comunque troppo grandi per potergli permettere di arrivare al livello che abbiamo recentemente ammirato. Mai valutazione sbagliata fu più benaccetta, nonostante i mesi successivi di Cecchinato, alle prese con i primi tornei nel circuito maggiore, sembravano darmi ragione, dal momento che Marco non sembrava in grado di tenere quel livello e perdeva regolarmente.

Cecchinato e l’ombra della condanna

A questo punto però, nell’Anno Domini 2016, la carriera di Cecchinato sembra essere compromessa da un episodio che, nonostante l’orgoglio per quanto fatto dal nostro connazionale, non può essere ignorato (ma che almeno ha diminuito un po’ la retorica di cui sopra): il palermitano viene indagato e condannato a 18 mesi di squalifica e 40000 euro, per farla molto breve, per aver truccato un match (contro il polacco Kamil Majchrzak) e aver fornito informazioni su altre partite di tennis a fini di gioco (più precisamente, le scommesse erano effettuate dal suo amico Riccardo Accardi). La bravura del suo avvocato, tuttavia, gli ha impedito di scontare la squalifica di diciotto mesi per un vizio procedurale; senza questo fine conoscitore di diritto probabilmente non ci sarebbe stata nessuna impresa sportiva estiva da raccontare.

È importante non liquidare la faccenda troppo velocemente come molti altri hanno fatto, è un passaggio cruciale della storia di Cecchinato, per quanto sia antipatico parlarne, perché dal momento della condanna qualcosa deve necessariamente essere scattato nella testa del ragazzo, che ha continuato a respingere l’accusa peggiore (quella di aver truccato il match contro Majchrzak), mentre nelle conferenze stampa non risponde alle domande sul caso. L’impressione – ma sempre di impressione si tratta – è che abbia sinceramente capito il suo errore e abbia voltato decisamente pagina.

L’incontro fortunato con Vagnozzi

Proprio nel periodo più buio Cecchinato decide di affidarsi a Simone Vagnozzi, ex discreto giocatore alla prima esperienza come allenatore. Un azzardo, sicuramente, ma ben ripagato per entrambi, dal momento che con la semifinale al Roland Garros anche Vagnozzi avrà accresciuto la sua reputazione di allenatore. Cecchinato cambia alimentazione, migliora i suoi punti di forza e, finalmente, riesce a trasformare il rovescio in un colpo non atrofico, col quale variare il gioco, tenere lo scambio e, se serve, affondare. Il tutto, ovviamente, non dall’oggi al domani, ma con impegno continuo negli allenamenti. Probabilmente lavora per far sì che non venga ricordato come “quello delle scommesse”, ma come un giocatore di tutto rispetto. La reazione a questa situazione denota una grande forza mentale, quella che tante volte è mancata a molti giocatori italiani.

Poi, si sa, serve anche un pizzico di fortuna per fare il salto di qualità, fortuna che bussa alla porta del palermitano durante il torneo di Budapest di un paio di mesi fa. Cecchinato arriva all’appuntamento senza la classifica idonea per entrare direttamente nel tabellone principale, perciò deve giocare le qualificazioni, ma viene eliminato all’ultimo turno. La Dea Bendata, però, fa sì che ci sia un forfait all’ultimo momento e venga ripescato proprio lui. Cecchinato decide di ringraziare di questa opportunità nel miglior modo possibile: vincendo il torneo e diventando il nono giocatore della storia a vincere un torneo da “lucky loser” (ripescato).

L’impresa di Cecchinato al Roland Garros

Da qui in avanti è un crescendo di fiducia e forma, fino ad arrivare al Roland Garros di quest’anno, con il risultato che tutti conosciamo. Le cose straordinarie dello Slam di Cecchinato sono due fondamentalmente: anzitutto il livello di gioco, assolutamente degno dei primi della classe, sfoggiando colpi potenti e soprattutto una varietà che in pochi hanno, essendo schiavi di un gioco sì potente ed efficace ma assolutamente monocorde. La seconda invece è la qualità degli avversari sconfitti, perché quando batti in serie Pablo Carreño Busta (n.11 del mondo), David Goffin (n.9) e addirittura Novak Djokovic (in ripresa dopo due anni sciagurati) significa che non sei andato avanti per caso. È servita la potenza di Thiem, attualmente il secondo miglior giocatore su terra battuta e l’unico giocatore a sconfiggere Nadal su questa superficie negli ultimi due anni (a proposito: nella finale di oggi l’austriaco ha qualche possibilità di vittoria), per estrometterlo dal torneo, non senza difficoltà fra l’altro.

A questo punto per Cecchinato inizia una nuova carriera. Essendo diventato n.27 al mondo, avrà la possibilità di accedere a tutti i tornei più prestigiosi e dovrà dimostrare di non essere un “one-season wonder”, una meteora. Dovrà dimostrare di potersela giocare anche su superfici diverse dalla terra battuta e che quanto mostrato a Parigi sia il suo vero livello di gioco e non un caso estemporaneo. Probabilmente, come non voleva essere ricordato come “quello delle scommesse”, adesso non vorrà essere etichettato come “quello della semifinale al Roland Garros” e basta.

*Postilla: alcune riflessioni sul match-fixing

Sul match-fixing bisogna aprire una parentesi: nei tornei di seconda-terza fascia la pratica, purtroppo, è diffusa. Nonostante vada assolutamente condannata, essendo una presa in giro nei confronti del pubblico ed una mortificazione di sé, per alcuni giocatori l’unico modo per non andare economicamente in perdita è proprio quello di scommettere sulle proprie partite.

Garantire la possibilità quantomeno di vivere decorosamente anche ai giocatori fuori dai primi cento del mondo (che, badate bene, sono giocatori comunque di assoluto valore) sarebbe sicuramente un grosso disincentivo contro il match-fixing. Proprio per garantire a più professionisti possibili un tenore di vita migliore, l’anno prossimo verrà istituito l’ITF Transition Tour, per favorire l’ingresso di giovani nel professionismo e garantire maggiori ricavi ai giocatori di seconda fascia. Qui una spiegazione più dettagliata.

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Scritto da:

Lorenzo Picardi

Avvocato e pubblicista, non giudicatemi male. Per deformazione professionale seguo qualunque fatto d'attualità. Non sono malato di sport, mi limito a scandire i periodi dell'anno in base agli eventi sportivi. Ogni tanto provo a fare il nerd, con risultati alterni.
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