Sartiglia di Oristano: la Corsa alla Stella / Sartiglia of Oristano: the Star Joust

Lo spettacolo equestre del Carnevale sardo

L’11 e il 13 febbraio 2024 si rinnova l’appuntamento con la Sartiglia, il tradizionale spettacolo equestre che si svolge a Oristano durante il Carnevale. Nelle prossime righe scopriremo la storia, i rituali e i protagonisti, di un evento irrinunciabile per molti residenti e turisti.

Storia della Sartiglia di Oristano

La domenica di Carnevale e il martedì grasso, la tradizione vuole che a Oristano si svolga la manifestazione equestre che dura da più tempo in Europa, nonché una delle ultime superstiti della corsa all’anello nel Mediterraneo: la Sartiglia. Retaggio della lunga dominazione spagnola, giacché il nome ha origini castigliano-catalane (Sortija/Sortilla), probabilmente la Sartiglia affonda le radici nel Medioevo, quando le giostre e i tornei cavallereschi si diffusero a macchia d’olio nel vecchio continente.1

Sicuramente esisteva nel XVI secolo, come dimostra un registro di consiglieria del 1547-1548, rinvenuto nell’archivio storico del Comune di Oristano2 dall’archivista paleografa Ilaria Urgu, che per la sua scoperta ha ricevuto il Premio Mantenedor 2016.3 Nello specifico, il documento si riferisce all’acquisto di un drappo di tessuto nero al costo di 1 lira e 4 soldi, liquidati a favore di tale Nicolao Pinna, per la Sortilla organizzata nel 1546 in onore del re di Spagna (e quindi di Sardegna) Carlo V d’Asburgo, che in quegli anni si distinse per le sue gesta contro i Turchi e i Protestanti.

Dunque, almeno in una prima fase, la Sartiglia era organizzata dalle autorità civiche per festeggiare gli eventi straordinari riguardanti i sovrani e gli eredi al trono, quali nascite, matrimoni, visite e imprese belliche; ma nel corso dei secoli subì dei cambiamenti che portarono a quella che conosciamo oggi: dapprima l’organizzazione passò in mano ai Gremi (le antiche corporazioni di arti e mestieri nate sotto gli Aragonesi) e la stella sostituì l’anello, come testimoniano le cronache del 1722; in seguito si aggiunse la spettacolare corsa delle pariglie e il torneo si spostò definitivamente a Carnevale.

Nasce la Sartiglia di Carnevale

Benché non si sappia di preciso quando accadde, un registro dell’Archivio storico diocesano arborense riporta che Monsignor Bua, durante la visita del 1832 a San Giovanni dei fiori, cappella del Gremio dei contadini, chiese di “limitare le spese relative alla Sartiglia del Carnevale” sulla scia di Monsignor Sisternes de Oblites, in visita nel 1807; spese che, secondo la tradizione orale, il Gremio poteva sostenere grazie a un fondo rustico (su cungiau de sa Sartiglia, lascito del canonico Giovanni Dessì) le cui rendite avrebbero assicurato lo svolgimento permanente delle corse, in caso contrario la corporazione avrebbe perso i diritti sul terreno.1

Purtroppo, allo stato attuale delle conoscenze, non è possibile stabilire un nesso tra lo spostamento della manifestazione nelle giornate carnevalesche e il lascito summenzionato, dal momento che di quest’ultimo non c’è traccia nei documenti scritti. Sicuramente nel 1807 la Sartiglia di Carnevale era già un’istituzione e, da allora, dire Sartiglia o dire Carnevale è praticamente la stessa cosa a Oristano.

Rituali e maschere della Sartiglia

Come accennato poc’anzi, l’organizzazione della Sartiglia è demandata ai Gremi protetti dai rispettivi patroni (infatti, gremio significa “in grembo”, “sotto la protezione di un santo”): san Giovanni per il Gremio dei contadini, responsabile dello spettacolo della domenica, e san Giuseppe per il Gremio dei falegnami, che si occupa del martedì grasso. A essi spetta il compito di curare la manifestazione in ogni sua fase, a iniziare dalla Candelora.

La candelora

Il 2 febbraio, festa della presentazione di Gesù al tempio, segna l’inizio ufficiale della Sartiglia con la nomina dei capicorsa (is componidoris): uno per la domenica, l’altro per il martedì. Dopo aver benedetto i ceri, i contadini a San Giovanni dei fiori e i falegnami al Duomo, i rappresentanti dei Gremi le consegnano a casa dei rispettivi capicorsa.

Nell’edizione 2024, Giovanni Utzeri è su componidori dei contadini, affiancato dagli aiutanti Andrea Zucca e Paolo Faedda; invece Fabrizio Manca è su componidori dei falegnami, accompagnato da Corrado Massidda e Ignazio Lombardi.4

Il rituale della vestizione

La domenica e il martedì a mezzogiorno, dalla casa del Presidente del Gremio, un corteo scorta il prescelto (o la prescelta) alla sala della vestizione, alla quale hanno accesso in pochi.

Dunque, il cavaliere con indosso una maglia bianca, pantaloni aderenti e stivali in pelle, sale sul tavolo (sa mesitta) che porta il vessillo del Gremio e da questo momento in poi, fino alla fine della giornata, non potrà più toccare terra affinché mantenga la purezza consona al suo ruolo.

Da cavaliere a componidori

Accomodatosi sullo scranno, alcune ragazze in abito tradizionale (is massaieddas) coordinate dalla moglie del Presidente (sa massaia manna) gli fanno indossare una camicia candida con gli sbuffi, fermati da lacci rossi nel costume contadino o rosa e celesti nel costume falegname, e una giacca smanicata lunga (su cojettu) che termina con un gonnellino sulle cosce, chiusa sul davanti da lacci o borchie d’argento cuoriformi, rispettivamente nel costume della domenica e in quello del martedì; il capocorsa dei falegnami indossa anche dei pantaloni corti, in pelle, sopra agli altri.

Poi è il turno della maschera, androgina e inespressiva, ocra nel costume della domenica, crema in quello del martedì, fissata sul volto con delle bende; un lungo velo bianco, un cilindro nero e una camelia appuntata sul petto (rossa nel contadino, rosa nel falegname) completano la trasformazione in componidori, il “sacerdote della fecondità“, una figura tra l’umano e il divino che porta fortuna e scaccia gli spiriti maligni.

Componidoris, a sinistra della domenica, a destra del martedì
Is componidoris de sa Sartiglia, a sinistra della domenica, a destra del martedì (dal sito ufficiale).

A questo punto su componidori, ancora sul tavolo, monta in groppa al cavallo e gli viene consegnata sa pippia de maju, “la bambina di maggio“: uno scettro, che in passato aveva la forma di pupattola,5 fatto di pervinche e viole mammole a simboleggiare l’arrivo della primavera e dunque la fertilità, la cui impugnatura è ricoperta da una fettuccia di tessuto verde, con il quale benedice i presenti. Dopodiché esce dalla sala scortato dagli aiutanti (su secundu e su terzu cumponis), dagli altri cavalieri e dal resto del corteo, e si dirige al sagrato del Duomo da cui avrà inizio la corsa alla stella.

A sinistra la vestizione, a destra su componidori del martedì con sa pippia de maju (da shmag).

La corsa alla stella

La corsa alla stella si svolge in un tracciato ricoperto di terra e paglia, sito all’interno delle mura giudicali poiché inizialmente potevano prendervi parte solo i nobili. Una stella forata a sei od otto punte, sospesa al centro della strada mediante un nastro verde, sostituisce l’anello dal XVIII secolo, tant’é che era presente nella Sartiglia del 1722 per le nozze di Carlo Emanuele III di Savoia con Anna Cristina del Palatinato-Sulzbach.1

L’obiettivo è centrare quante più stelle possibili con la spada e poi con lo stocco, una lancia di legno che solo su componidori e is cumponis possono impugnare. Secondo le credenze popolari, più stelle s’infilzano e più l’annata sarà fortunata e ricca.

Le fasi della corsa alla stella

La corsa ha inizio con il triplice incrocio di spada tra su componidori e su secundu cumponi al di sotto della stella, in segno di buon auspicio, dopodiché si può procedere con le discese al galoppo lungo la via Duomo: il primo tentativo di centrare la stella con la spada spetta al capocorsa, seguito dal secondo e dal terzo aiutante e poi dagli altri centodiciassette cavalieri. Coloro che prendono il bersaglio in questa fase riceveranno in premio una stella d’argento.

Su componidori de sa Sartiglia, corsa alla stella
Su componidori della domenica infilza la stella.

A su componidori e is cumponis spetta il diritto di tentare nuovamente la fortuna con lo stocco: colui che farà nuovamente centro, riceverà una stella d’oro; lo stesso premio andrà ai cavalieri che infilzano due stelle nelle due giornate della Sartiglia, mentre chi dovesse prenderne tre avrà diritto alla stella di platino (finora c’è riuscito solo Angelo Bresciani nel 1988, dopo anni di tentativi6).

La corsa si conclude con su componidori che ripercorre via Duomo, benedicendo la folla con sa pippia de maju, riverso sul cavallo al galoppo (sa remada).

Sa remada - Sartiglia
Sa remada.

La corsa delle pariglie

Quella che forse è la parte più spettacolare della Sartiglia si svolge all’esterno delle mura giudicali e origina da su brocciu, il breve tunnel che sbocca in via Mazzini. Da qui, i cavalieri riuniti a file di tre (le pariglie, appunto) s’immettono nella via, dove compiono mirabolanti acrobazie sui cavalli al galoppo.

Inizia la pariglia di testa, con il capocorsa che appoggia le mani sulle spalle dei suoi aiutanti, uno per fianco: è il massimo che gli è consentito per non rischiare di cadere a terra e toccarla con i piedi. Seguono le altre pariglie, che possono cimentarsi in acrobazie spericolate come la piramide, valutate da una giuria che deciderà quali potranno esibirsi l’anno successivo.

Alla pariglia di testa è concesso l’ultimo passaggio prima che su componidori chiuda definitivamente la corsa con sa remada.

Pariglie della Sartiglia
La piramide.

La svestizione

La sera, terminata la corsa delle pariglie, è il momento della svestizione. Smessi i panni de su componidori, il cavaliere torna ad essere un uomo qualunque e può unirsi agli altri per festeggiare l’impresa con zippulas e vernaccia.

Consigli di lettura

Se le manifestazioni del Carnevale sardo v’incuriosiscono, leggete anche l’articolo su Norfieddu: simbolo del Carnevale iglesiente.

Riferimenti bibliografici:
  1. La ricerca scientifica in una manifestazione tradizionale a cavallo: il caso-studio della Sartiglia di Oristano, tesi di dottorato di Giuseppe Sedda;
  2. La Sartiglia si correva già nel 1546, scoperto il documento più antico sulla giostra equestre (Comune di Oristano);
  3. Sartiglia, a Ilaria Urgu il premio Mantenedor (Oristano News);
  4. sito ufficiale della manifestazione;
  5. Maschere, miti e feste della Sardegna, libro di Dolores Turchi;
  6. Tre stelle in due giorni la nostalgia e i ricordi dell’uomo dei primati (La Nuova Sardegna);
  7. i crediti della foto di copertina sono di ASpexi.

Scritto da:

Jessica Zanza

Giornalista pubblicista, ex collaboratrice de L'Unione Sarda.
Sono cofondatrice e caporedattrice di Inchiostro Virtuale.
Per contattarmi, inviate una mail a: j.zanza@inchiostrovirtuale.it