Binge Eating Disorder -BED - Disturbo da Alimentazione Incontrollata.

Il Binge Eating Disorder è un disturbo caratterizzato da abbuffate ricorrenti non seguite da comportamenti compensatori, con ripercussioni negative sulla salute psicofisica. Approfondiamone i sintomi, le possibili cause e i trattamenti.

Il BED – Binge Eating Disorder, cioè il disturbo da alimentazione incontrollata, fu descritto per la prima volta dal Dr. Albert Stunkard nel 1959, quando si rese conto che alcuni suoi pazienti obesi, dopo le abbuffate, non cercavano di eliminare quello che avevano ingerito. l’assenza di comportamenti compensatori, come il vomito, fece pensare a Stunkard a un disturbo diverso dalla bulimia, ribattezzandolo” night eating syndrome”, sindrome da alimentazione notturna, dalla quale fu poi separato perché nel binge eating disorder le abbuffate sono anche diurne.

Parecchi anni dopo, nel 2013, il Binge Eating Disorder fu riconosciuto come disturbo a se stante – analogamente ad anoressia e bulimia – e ha ottenuto una sezione apposita nel DSM-5, la quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.1

Cause e sintomi del disturbo da alimentazione incontrollata

2-3 persone su 100 manifestano i sintomi del disturbo almeno una volta nella vita, ma a dispetto della sua diffusione il motivo non è ancora chiaro; secondo l’ipotesi più accreditata, si sviluppa a causa di uno squilibrio nelle aree del cervello che regolano il comportamento, il quale spinge i pazienti a essere impulsivi, compulsivi e a non sapersi accontentare, oltre che a essere attratti dal cibo più del normale.2

I criteri diagnostici secondo il DSM-5

I pazienti attribuiscono un’importanza eccessiva al cibo, mangiano troppo, provando vergogna e angoscia. Questo comportamento favorisce lo sviluppo di disturbi psichiatrici come l’ansia e la depressione, obesità e malattie associate perché non eliminano il cibo ingerito.

Il disturbo è caratterizzato da abbuffate ricorrenti che si manifestano con (criterio A):

  • ingestione di porzioni enormi rispetto a quelle consumate dalle persone sane nello stesso arco di tempo (≤ 2 ore) e in simili circostanze;
  • perdita di controllo, cioè non riuscire a fermarsi o regolare la quantità di cibo ingerita.

Ai sintomi principali succitati, se ne aggiungono 3 o più accessori (criterio B):

  • mangiare più velocemente del normale;
  • alimentarsi fino a star male;
  • mangiare moltissimo benché non si abbia fame;
  • abbuffarsi in solitudine a causa della vergogna;
  • provare disgusto verso se stessi, sensi di colpa o depressione.

Inoltre:

  • il paziente prova angoscia a causa delle abbuffate incontrollabili (criterio C);
  • l’episodio si manifesta almeno 1 volta alla settimana per 3 mesi o più (criterio D);
  • gli episodi non sono seguiti da comportamenti compensatori (criterio E), quali vomito autoindotto, digiuno, esercizio fisico estenuante o uso di diuretici e lassativi.

Ai fini della diagnosi, il medico dovrebbe tenere conto anche di eventuali indicatori fisici, psichici e sociali.

Indicatori fisici:

  • obesità, il 43% dei pazienti affetti è anche obeso a causa delle abbuffate. Il sospetto aumenta se il paziente è riluttante a parlare delle abitudini alimentari o se, nell’anno precedente la diagnosi, il suo peso è aumentato del 5% o più;
  • sindrome metabolica, uno o più sintomi tra ipertensione, iperglicemia, girovita largo, HDL basse o trigliceridi alti, sono presenti.

Indicatori psichici:

  • disturbi quali ansia, depressione, disturbo bipolare, gioco d’azzardo e uso di sostanze;
  • disturbi di personalità come quelli borderline e ossessivo-compulsivo;
  • ideazione e tentato suicidio;
  • disturbi del sonno prima, durante la gravidanza e fino a 18 mesi dal parto;
  • esposizione a eventi stressanti (fine di una relazione, abusi sessuali, lutti, incidenti).

Indicatori familiari:

  • obesità infantile e disturbi alimentari in famiglia;
  • storia familiare indipendente dall’obesità;
  • genitori con disturbi psichici o dipendenze;
  • rapporto conflittuale coi genitori;
  • paura d’ingrassare in gravidanza.

Terapia del Binge Eating Disorder

Ad oggi esiste un solo farmaco approvato per il trattamento del disturbo da alimentazione incontrollata: la lisdexamfetamina dimesilato, che nell’organismo viene convertita in D-amfetamina, che regola il comportamento alimentare stimolando il segnale della dopamina.3

Nel 2015, la Food and Drug Administration (FDA) l’ha approvata nel trattamento delle forme moderate e severe alla dose di 50-70 mg al dì, giacché nei test clinici si è rivelata efficace nel ridurre le abbuffate settimanali, il peso corporeo e le ricadute. Tuttavia, l’assunzione è associata a reazioni avverse provocate dall’aumento di dopamina, adrenalina e serotonina, anche al di fuori del cervello.4

Effetti avversi della lisdexamfetamina

I più comuni effetti indesiderati riscontrati negli studi clinici4 includono:

  • secchezza delle fauci nel 36% dei casi;
  • insonnia nel 20%;
  • riduzione dell’appetito nell’8%;
  • aumento della frequenza cardiaca nel 7%;
  • agitazione e costipazione nel 6%;
  • ansia nel 5%;
  • diarrea e iperidrosi nel 4%;
  • vomito nel 2%.

Il rischio è maggiore nei seguenti casi:

  • pazienti schizofrenici, perché può accentuarne i sintomi;
  • persone con malattie cardiovascolari, a causa degli effetti su cuore e vasi sanguigni;
  • pazienti che assumono farmaci per il Parkinson o la depressione, per possibili interazioni;
  • minorenni, per la mancanza di studi sulla sicurezza nel BED;
  • donne incinte, perché mancano studi relativi alla sicurezza;
  • donne che allattano, in quanto il farmaco potrebbe ritrovarsi nel latte materno.

Farmaci off-label

Nonostante la lisdexamfetamina sia efficace, è bene precisare che al momento è approvata solo negli USA: infatti nell’UE gli attuali protocolli prevedono l’associazione tra psicoterapia, programmi nutrizionali e farmaci off-label (cioè farmaci approvati con indicazioni diverse) quali:

  • antidepressivi (SSRI);
  • antiepilettici;
  • antiobesità;
  • anticraving (farmaci contro le dipendenze).5
Consigli di lettura

Se l’articolo vi è piaciuto, leggete anche quello dedicato all’alimentazione 2.0: quando i social la fanno da padrone.

Riferimenti bibliografici:
  1. Robert M. Kessler, Peter H. Hutson, Barry K. Herman, Marc N. Potenza. The neurobiological basis of binge-eating disorder. Neuroscience & Biobehavioral Reviews, volume 63, 2016, pages 223-238, ISSN 0149-7634. DOI: 10.1016/j.neubiorev.2016.01.013;
  2. Kornstein SG, Kunovac JL, Herman BK, Culpepper L. Recognizing Binge-Eating Disorder in the Clinical Setting: A Review of the Literature. Prim Care Companion CNS Disord. 2016 May 26;18(3):10.4088/PCC.15r01905. DOI: 10.4088/PCC.15r01905. PMID: 27733955; PMCID: PMC5035811;
  3. Fornaro M, Solmi M, Perna G, De Berardis D, Veronese N, Orsolini L, Ganança L, Stubbs B. Lisdexamfetamine in the treatment of moderate-to-severe binge eating disorder in adults: systematic review and exploratory meta-analysis of publicly available placebo-controlled, randomized clinical trials. Neuropsychiatr Dis Treat. 2016 Jul 25;12:1827-36. DOI: 10.2147/NDT.S109637. PMID: 27524900; PMCID: PMC4966690;
  4. scheda della Food and drug administration (FDA);
  5. Crow S. Treatment of Binge Eating Disorder. Curr Treat Options Psychiatry. 2014 Dec;1(4):307-314. DOI: 10.1007/s40501-014-0023-4. PMID: 26251823; PMCID: PMC4523274
Crediti fotografici

Foto di apertura generata da Google Gemini.

L’articolo ha uno scopo puramente illustrativo e non sostituisce il rapporto medico-paziente.

Scritto da:

Jessica Zanza

Pubblicista, ex collaboratrice de L'Unione Sarda.
Sono cofondatrice e caporedattrice di Inchiostro Virtuale.
Potete contattarmi scrivendo a j.zanza@inchiostrovirtuale.it