museo 2.0

Da luogo buio e polveroso a nuova forma d’intrattenimento

È di questi giorni la polemica esplosa sul web a proposito dei contenuti pubblicati sui propri social da Chiara Ferragni, in visita alla Galleria degli Uffizi. La polemica è stata rilanciata dal marito della Ferragni, Fedez, che sul suo profilo Twitter ha scritto:

Già, perché gli Uffizi non sono stati l’unico museo ad aprire le proprie porte a una celebrità: sempre in questi giorni è uscito il videoclip di Dorado, l’ultimo lavoro dell’artista italiano Mahmood (con Sfera Ebbasta e Feid), diretto da Attilio Cusani.

La domanda sorge quindi spontanea: è questo il futuro dei musei?

Siamo di fronte a un Museo 2.0?

Indipendentemente da quale sia la risposta, la domanda non deve scandalizzare.
Infatti, al netto di questo clima di indignazione un tanto al chilo che è esploso sui social dopo che Chiara Ferragni ha pubblicato le proprie foto mentre era in visita a Firenze e agli Uffizi, sono i musei stessi che, in più occasioni, hanno virato la propria comunicazione.

È proprio il caso della Galleria degli Uffizi: Chiara Ferragni non è la prima influencer ad aver visitato questo museo. Qualche settimana fa, Martina Socrate, giovanissima e popolarissima creator che su TikTok vanta quasi un milione di follower, ha fatto visita al museo fiorentino.

A pubblicare il video della sua visita è stata la Galleria degli Uffizi, che su TikTok ha un canale ufficiale. Un canale il cui taglio è decisamente quello dell’intrattenimento, con statue e dipinti impegnati a rispondere alle challenge del momento.

@uffizigalleries I don’t #play, I #slay. 💅👠 #dolls #dance #pose #slay ♬ original sound – Queen

Museo 2.0, non solo Firenze

E spostiamoci poi al Museo Egizio di Torino, all’interno del quale sono state girate alcune scene del videoclip del nuovo singolo di Mahmood, Dorado. Christian Greco, direttore del Museo, ha così dichiarato:

«Sono davvero lieto che un luogo dedicato a una cultura millenaria, qual è il Museo Egizio, possa rappresentare una fonte d’ispirazione per le forme espressive contemporanee, divenendo uno spazio capace di stimolare la creatività di giovani artisti. L’accostamento fra la nostra collezione e la musica di Mahmood esprime appieno il senso di universalità che caratterizza i vari linguaggi della cultura, portatori di messaggi in grado di raggiungere e arricchire chiunque.»

Facciamo poi un passo indietro, quando il lockdown era una faccenda globale e i musei si erano visti costretti a chiudere i battenti. Non solo visite virtuali: in quel periodo esplosero le challenge. Come quella del Getty Museum di Los Angeles, che invitava gli utenti a imitare celebri opere d’arte. Ricorderete tutti l’hashtag #BetweenArtAndQuarantine.

I musei come creator

Dunque, sembrerebbe proprio che siano i musei stessi i primi a volere togliersi di dosso la nomea di luoghi bui, noiosi e polverosi, ergendosi, anzi, a creatori di contenuti, di intrattenimento, di occasioni sociali. Alla pruriginosa domanda con cui si è aperto questo articolo vogliamo quindi rispondere sì: siamo di fronte a una forma di Museo 2.0. Con buona pace degli hater.

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Scritto da:

Roberto Gessi

Classe 1992, vivo in provincia di Novara e mi occupo di social network, scrittura testi e produzione contenuti per il web.
Ho delle passioni molto semplici: mi piace leggere, scrivere e fotografare. Nel 2020, per La Torre dei Venti, ho pubblicato "La Ragazza Gazzella", il mio romanzo d'esordio.