Matria. Storia della Sardegna, episodio 9
L’ultima volta ci siamo lasciati con una Sardegna pienamente inserita nella rete di commerci mediterranea e nel mezzo della rinascita dei centri urbani, come Oristano, Bosa, Alghero, Castelgenovese, Sassari, Civita, Iglesias e Santa Igia. Eppure delle nubi si stavano addensavano all’orizzonte, gravide di conseguenze: la fine dei Giudicati e l’arrivo degli Aragonesi.
La scomparsa dei Giudicati di Cagliari, Torres e Gallura
“Item ordinamus: qui sos juradus qui at comandare pro tenne su furoni et nò tenne su furone paghint assu Rennu sodhus XX pro juradu et issu dannu quilat aviri factu, et issos juradus paghint sa maquicia cominalimene cun sa villa.“ “Ordiniamo: se il curatore comanda ai giurati di catturare un ladro ma questi non lo catturano, pagheranno all’erario regio venti soldi ciascuno: inoltre, sia il danno che quello ha procurato, sia la multa, li pagheranno i giurati insieme al villaggio.“ [Carta de Logu] |
Le vicende politiche dei Giudicati dopo l’anno 1000 s’intrecciarono al braccio di ferro tra i comuni di Pisa e Genova, entrambi motivati a espandere influenza e opportunità di profitto in Sardegna.
I giudici avevano fatto la loro politica anche sfruttando questa situazione, alleandosi con l’una o con l’altra parte; d’altronde questo voleva anche dire dover sopportare una pressione notevole da parte delle famiglie continentali, i Donoratico, i Visconti, i Doria per citarne alcune.
I Giudicati erano pur sempre piccoli regni e quando il gioco si è fatto troppo grosso sono entrati in crisi, fino alla dissoluzione e alla spartizione tra nobili entro pochi decenni. Il primo Giudicato a scomparire fu quello di Cagliari, seguito da quello di Torres e infine dalla Gallura; ma è arrivato il momento di raccontare le cause di questa fine, perciò seguimi.
Benedetta di Cagliari, una giudice tra incudine e martello
Prima di spiegare cosa ha portato il Giudicato di Cagliari al disastro bisogna fare un passo indietro, precisamente a quando ti ho parlato di Guglielmo I di Massa, un grande protagonista del Medioevo sardo.
L’erede di Guglielmo era la sua primogenita, Benedetta di Massa. Senza entrare nel merito del diritto sardo medievale, poteva succedere che una donna diventasse giudice e governasse.
Forse ricorderai che nello scorso episodio ho citato Elena de Lacon, giudice di Gallura. Ecco, Elena era sposata con un membro di una importante famiglia pisana, Lamberto Visconti.
Poco dopo l’inizio del suo regno, Benedetta si ritrovò subito a dover fare i conti con le ambizioni di conquista di Lamberto e di suo fratello Ubaldo I Visconti, in un momento nel quale era stato appena eletto un nuovo papa (Onorio III, ndr) che non era in grado di garantirle protezione.
Nel 1216 sconfinarono nel territorio cagliaritano e, di fatto, costrinsero la giudice a cedere il colle che sovrastava il porto. Là i pisani costruirono un insediamento fortificato, il Castrum Kalaris, che domina tuttora il golfo e costituisce uno dei quartieri storici della città. Inoltre, il Giudicato di Cagliari diventò vassallo della città di Pisa.
La situazione per il piccolo regno del sud Sardegna continuò a deteriorarsi anche dopo la morte di Benedetta di Massa. Nel 1258 i pisani presero l’antica capitale Santa Igia e la rasero al suolo. Castel di Castro passò sotto il controllo del Comune pisano, i restanti territori del Giudicato vennero divisi tra esponenti dei Donoratico, dei Da Capraia e dei Visconti. L’ultimo iudike di Cagliari fu Guglielmo III.
Adelasia di Torres e l’ultimo respiro del Giudicato
Adelasia di Lacon de Thori era figlia del giudice Mariano II e di Agnese di Massa, per cui era nipote della giudice Benedetta.
Finì sposa di Ubaldo II, figlio di Elena di Gallura e Lamberto Visconti, come parte di un accordo siglato per scongiurare un invasione del Giudicato da parte dello stesso Lamberto e della fazione filopisana.
Questo non impedì comunque al piccolo regno di essere divorato dalle lotte intestine e, dopo un altro matrimonio fallito con Enzo di Hohenstaufen – figlio di Federico II -, Adelasia si ritirò nel castello del Goceano e morì nel 1259 senza lasciare eredi.
Dopo la sua morte, i territori del Giudicato vennero spartiti tra i nobili Doria, Malaspina e Spinola; infatti, diversamente dagli altri territori sardi che stavano sotto Pisa, Torres rimase sotto l’influenza genovese.
La vittoria di Genova nella battaglia navale della Meloria, nel 1284, ebbe un grosso ruolo nello stabilizzare questo assetto politico. La città di Sassari divenne invece un Comune parzialmente autonomo.
I Visconti e la caduta della Gallura
Il Giudicato di Gallura aveva beneficiato del crollo dei regni di Cagliari e Torres, annettendo una parte dei suoi territori. Ma si trattò di un canto del cigno: dopo la morte dell’ultimo giudice, Nino Visconti – imparentato con Ubaldo di Gallura -, il Rennu diventò parte dei domini pisani nel 1296.
Il tiro mancino di Bonifacio VIII
“Ordinamus qui calunca persona de calunca conditione siat cat blastimare a Deu over a Sancta Maria et lat essere provadu siat condennadu in liras I, sos cales deppiat pagare infra dies XV, poscha cat esser condennadu: et si nò pagat infra su dictu tpres mittat silli uno annu in sa limba et siat illi tagiada pro mò quilla perdat.“ “Ordiniamo che se una persona, qualunque sia la sua condizione, bestemmia Dio o santa Maria, e ne è dimostrata colpevole, sarà condannata a 50 lire di multa da pagare entro 15 giorni dalla condanna. Se non paga entro il termine fissato, le sarà conficcato un uncino nella lingua e questa le sarà tagliata in modo che la perda.“ [Carta de Logu] |
Sembrava tutto finito, quindi: Pisa aveva ottenuto finalmente ciò che voleva, il controllo di gran parte dei territori della Sardegna. Persino Arborea era legata ai pisani tramite la famiglia dei Da Capraia. Quello che la repubblica toscana non sapeva, però, era che c’erano altre sorprese in serbo per lei, e stavolta non arrivavano da Genova.
In quegli ultimi anni del XIII secolo era scoppiato al di là del mare un aspro conflitto che vedeva contrapposti gli Angiò e gli Aragona per il possesso del Regno di Sicilia. E a questo punto compare nella nostra storia un altro personaggio, futuro ospite dell’inferno dantesco: Bonifacio VIII.
Credo che non stupisca nessuno sapere che i papi facevano attivamente politica. Abbiamo visto negli scorsi episodi che s’intromettevano spesso nelle questioni interne della Sardegna per avvicinare i Giudicati alla sfera d’influenza della Chiesa latina, intervenendo ad esempio sulla questione dei matrimoni tra nobili.
Bonifacio VIII decise che aveva trovato un ottimo sistema per pacificare gli Angiò e gli Aragona. Così si inventò di sana pianta un Regnum Sardiniae et Corsicae e, nel 1297, lo infeudò al re Giacomo II d’Aragona, per indurlo a rinunciare alle sue pretese vero la Sicilia.
Arrivano gli Aragonesi in Sardegna
“La major força de renda que del regne de Serdenya pot exir es per portolanìa. E daço, senyor, so yo enformat per pisans e altres gens enformats.”
[Vidal de Villanova]
Giacomo II accettò la proposta di Bonifacio, e ci sono almeno due ragioni che spiegano la sua decisione:
- la prima era la posizione strategica della Sardegna. Con i suoi porti e i suoi empori era una tappa intermedia che permetteva di ridurre i tempi e costi dei viaggi verso l’Oriente;
- in secondo luogo, agli occhi degli Aragonesi l’isola prometteva grandi ricchezze e quindi i nobili catalani erano motivati ad aiutare il proprio re con finanziamenti.
Tra l’infeudazione e la conquista effettiva della Sardegna passarono però 25 anni. Era infatti il 1 giugno 1323 quando l’infante Alfonso – erede di Giacomo II – arrivò nel Golfo di Palmas, nella costa sud-occidentale, con una flotta di 300 navi e le idee molto chiare.
Con l’approdo dei Catalano-Aragonesi iniziava una fase convulsa della storia sarda. In pochi mesi assediarono ed espugnarono Villa di Chiesa (Iglesias) e un anno dopo sconfissero i pisani appropriandosi di Castel di Castro; Pisa venne costretta a cedere i territori del Cagliaritano e della Gallura ai vincitori.
Naturalmente, una delle prime cose che fecero gli Aragonesi dopo aver completato la conquista, nel 1326, fu di sbattere fuori da Castello i pisani e assegnare le loro case a sudditi catalani1.
Gli Aragonesi non conquistarono la Sardegna da soli. Avevano stretto alleanze con i Doria, i Malaspina, il Comune di Sassari e Arborea. In quel momento era giudice di Arborea Ugone II de Serra Bas.
Anche Ugone aveva le idee chiare su ciò che voleva, l’alleanza con i nuovi regnanti gli aveva garantito un’espansione territoriale e faceva parte di una strategia più ampia per portare gli Arborea a governare sull’intera isola in vece dei catalani.
Per questo fu fedele alla corona aragonese e dispose che i suoi figli Mariano e Giovanni ricevessero un’educazione catalana.
Giudicato di Arborea: dalla fedeltà alla guerra aperta agli Aragonesi
È giunta l’ora di puntare i riflettori sulle terre di Arborea, che avevo tenuto in ombra nella prima parte dell’episodio.
Il Giudicato di Arborea era l’unico degli antichi quattro a essere rimasto in piedi: era riuscito a risollevarsi dopo il disastro provocato da Barisone, Re di Sardegna per un anno, e l’annessione al Giudicato di Cagliari forzata da Guglielmo di Lacon-Massa.
Il primogenito di Ugone, il giudice Pietro III, morì nel 1347, anno scolpito nella Storia dallo scoppio della pandemia di peste nera. Ma Ugone aveva avuto tanti figli e tra questi c’erano Mariano IV, nuovo giudice, e il fratello minore Giovanni, signore di Bosa e Monteacuto.
Una lotta fratricida
I due fratelli avevano entrambi vasti territori extra-giudicali sotto il loro controllo, tuttavia avevano idee molto diverse sul rapporto tra Arborea e Aragona.
Giovanni era un vassallo fedele e godeva della fiducia del re aragonese Pietro IV, anche se quest’ultimo lo considerava forse un po’ troppo intraprendente.
Mariano, pur conservando territori e privilegi ottenuti, si ribellò presto dalla sua condizione di vassallaggio; voleva essere sovrano, come lo erano stati tanti giudici prima di lui.
Fra i due si accese un conflitto che terminò nel novembre 1349 con la cattura di Giovanni. Quest’ultimo venne imprigionato fino alla sua morte, e i suoi ricchi possedimenti vennero confiscati da Mariano IV. Tra questi la città di Bosa, con la sua rocca dal grande valore strategico.
Il giudice Mariano IV, un avversario ostico per gli Aragonesi
Fu così che il nostro cominciò una guerra contro il regno catalano e, approfittando anche del conflitto tra Aragona e Castiglia, riuscì a estendere il suo controllo su quasi tutta la Sardegna. Tra l’altro, Mariano IV è anche ricordato per aver abolito la servitù nei territori giudicali, nel 1353. Un’astuta mossa politica che gli permise di avere un gran numero di uomini liberi da usare nella guerra contro gli Aragonesi.
Le ambizioni di Mariano IV vennero stroncate dalla sua morte nel 1375, molto probabilmente per peste.
Il giudice Mariano fu un personaggio di spicco della sua epoca, ma non è famoso quanto sua figlia, che invece ha raggiunto uno status quasi leggendario e conquistato un posto eterno nella memoria dei sardi.
Sto parlando ovviamente di Eleonora d’Arborea.
Ormai il periodo dei Giudicati sardi è agli sgoccioli. Restano da definire le fasi finali del conflitto tra il Giudicato di Arborea e il Regno di Aragona.
Ma te ne parlerò nell’episodio 10: “Sardegna medievale: la dominazione aragonese e la fine del Medioevo“.
1Per dovere di cronaca, ad essere cacciati da Castello furono ricchi e benestanti. Le popolazione locale, gente comune, abitava fuori, nei sobborghi di Villanova e Stampace.
FontiStoria della Sardegna, dalla preistoria ad oggi – A cura di Manlio Brigaglia ImmaginiCastello dei Malaspina – Sardegna turismo |
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