Storia di una festa nuziale rovinata
Di recente una mia amica ha riscosso molti consensi sui social dichiarando che, se fosse stata eletta, avrebbe impedito matrimoni, battesimi e comunioni nei mesi estivi. In realtà certi eventi, soprattutto i matrimoni, portano scompiglio in qualsiasi mese dell’anno. Chi di voi è già convolato a nozze ha sicuramente avuto qualche problema con questo o quell’invitato.
Chi non ha dovuto infatti discutere per decidere se invitare o meno parenti praticamente sconosciuti o chi non è incappato in qualche inconveniente? A me per esempio accadde che, abbondando in famiglia le zie a nome Maria, mi ritrovai una vetusta parente senza posto a sedere, perché il conto delle zie era sfuggito di mano nel posizionamento ai tavoli.
È certo però che nessun matrimonio ha provocato tanti danni quanto quello di cui sto per raccontarvi.
Il mito del pomo della discordia
Cantami, o Diva, del pelide Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco
generose travolse alme d’eroi (…)
Questo incipit precede fiumi di rosso e quel che scorre non è il succo sprigionato dai pomodori usati per la Tomatina di Buñol, di cui ci ha parlato Annalisa, ma il sangue degli eroi e dei guerrieri più arditi e coraggiosi cantati dal più famoso aedo di sempre – Omero – nella sua opera principale: l’Iliade.
Siete però consapevoli che la guerra più lunga, sanguinosa e mitica della storia è scoppiata per colpa di un pomo d’oro? E non di un pomodoro vegetale, ma di una mela dorata, che a parer mio addusse più lutti dell’ira di Achille.
Il matrimonio di Peleo e Teti
Peleo in gioventù, assieme al fratello Talamone, aveva ucciso Foco, loro fratellastro, per motivi puramente dinastici. La dinamica dei fatti non è chiara: alcuni storici antichi, come ad esempio Diodoro Siculo, parlano di un colpo accidentale durante una gara di pentathlon, altri di dolo. Non è chiaro neanche chi tra i due provocò effettivamente la morte del fratello; in ogni caso, per questo evento, Peleo fu cacciato da Egina e si rifugiò a Ftia, dove sposò Antigone, figlia del re Attore.
Sempre assieme al fratello Talamone fece parte degli Argonauti e, durante questa avventura, conobbe Teti, trovandosi al posto giusto nel momento giusto, ossia quello programmato per lui dagli dèi.
Teti, figlia di Nereo e Doride, era la più bella delle nereidi, ninfe marine discendenti da Oceano. Era così bella che di lei s’innamorarono Zeus e Poseidone, ma Temi, una titana, le predisse che avrebbe partorito un figlio che avrebbe surclassato la fama del padre; così, temendo di fare la fine di Crono e Urano, i due fratelli decisero che nessuno dei due avrebbe impalmato la ninfa, che sarebbe dunque andata in sposa a un umano. Giustamente scelto da loro.
Teti, infuriata, cercò di fuggire da quello sposo un poco imposto, sfruttando il proprio potere di metamorfosi: si trasformò in acqua, in fuoco, in vento, tigre, leone e persino in una seppia; ma quando Peleo, aiutato da Chirone, la raggiunse e riuscì a trattenerla, si arrese e acconsentì al matrimonio.
Vengo anch’io, no tu no!
Veniamo alla festa. Le cronache dell’epoca raccontano che il matrimonio di Peleo (re di Ftia) e della bella ninfa Teti venne celebrato con grande sfarzo sul monte Pelio. Per festeggiare l’evento o, come mormorano i maligni, per assicurarsi che l’unione avesse luogo, alla cerimonia e al banchetto seguente parteciparono tutti gli dèi dell’Olimpo.
L’atmosfera era quella delle grandi occasioni: gli ospiti si presentavano alla coppia portando splendidi doni, tra cui la lancia (che poi sarà di Achille, loro figlio) e i cavalli immortali Balio e Xanto. Le nove muse intrattenevano gli ospiti cantando e danzando, l’ambrosia scorreva a fiumi e le dee si beavano di tanta magnificenza. Non si era mai vista festa più bella!
Ma, come dicevamo, la lista degli invitati crea sempre qualche problema e quella dei nostri augusti sposi non fece eccezione. Nella, benché lunga, lista degli ospiti invitati mancava Eris, la temibile dea della discordia.
Diciamo la verità, gestire un tipo come Eris non era affatto semplice, avendo lei un’indole litigiosa: amava i conflitti e sguazzava nelle guerre, non per niente Omero le diede come epiteto “Signora del dolore”. In un certo senso, si può capire perché i due sposi avessero deciso di non invitarla al matrimonio.
Eris da principio la prese bene e pensò solo di scatenare i Titani durante il banchetto, in modo da affrontare tutti gli Olimpi e detronizzare Zeus, poi però si scoprì profondamente risentita da questo affronto e decise di dare sfogo a tutto il suo acume femminile.
Te Kalliste
Fu così che Eris prese una mela d’oro dal giardino delle Esperidi, dove le ninfe coltivavano l’albero delle mele d’oro, dono di Gea per il matrimonio di Era con Zeus. Vi incise la dedica “Alla più bella” e la fece rotolare sul tavolo dove si svolgeva il banchetto.
Nel momento stesso in cui le dee videro il pomo, e decifrarono l’incisione, scoppiò il putiferio.
Le tre dee più importanti del Pantheon – Atena, dea della sapienza, delle arti e della guerra, Era, signora degli dèi e sposa di Zeus, e ovviamente Afrodite, dea della bellezza – iniziarono a litigare furiosamente. Ognuna di loro era fermamente convinta di essere la destinataria della dedica e di aver dunque diritto a possedere il pomo dorato.
Eris, nel frattempo, gongolava per lo scompiglio arrecato…
Zeus cercò di mettere pace tra le tre pretendenti, ma si accorse ben presto d’essersi cacciato in un bel guaio, quando le dee gli intimarono di decidere chi delle tre fosse la più bella.
Possiamo ben comprendere il panico che colse il padre degli dèi, consapevole che qualsiasi scelta lo avrebbe sottoposto alle ripicche delle due escluse. Così, in un lampo di genio, decise che per scegliere chi delle tre fosse la più bella, ci voleva senza ombra di dubbio una persona competente. E chi lo sarebbe stato più del giovane indicato come il più bello tra i mortali?
Chiamò Hermes e gli ordinò di scortare le tre dee fin sul monte Ileo, dove si trovava il giovane pastore Paride, assieme al suo gregge.
Quel tonto di Paride
Scusate, forse sarò di parte, ma vorrei sapere quanti di voi, studiando l’Iliade, non hanno pensato che Paride fosse non dico idiota, ma almeno poco sveglio?
Tralasciando le traversie infantili – il giovane principe figlio di Priamo, re di Ilio, ed Ecuba venne infatti abbandonato alla sua nascita perché era stato predetto che avrebbe portato alla distruzione di Troia – quando s’incontra Paride nell’Iliade per la prima volta, lo si vede a subire i rimproveri di suo fratello Ettore, il primogenito, che lo sprona a scendere in battaglia, anziché restare nascosto e protetto dentro le mura della città dopo aver creato il problema.
Ma come ci si è arrivati a quel punto?
Torniamo un attimo al momento in cui Hermes si presentò al giovane pastore Paride, accompagnato da tre splendide signore. Il messaggero alato gli consegnò il pomo d’oro e lo informò dell’arduo compito affidatogli dallo stesso Zeus, padre degli dèi, ossia la scelta di quale tra le tre bellezze avesse diritto di ottenere il pomo, incoronando così finalmente “la più bella” tra le dee.
(Ora Paride, parliamo un momento tu e io senza testimoni: se nemmeno Zeus, padre di tutti gli dèi, ha voluto prendere posizione sull’argomento, come hai potuto pensare che questa tua scelta sarebbe stata senza conseguenze?)
Il giovane Paride si ritrovò quindi a prendere una difficile decisione. Alcuni mitologi sostengono che il giovane principe non fosse consapevole di essere al cospetto delle dee e che ai suoi occhi esse apparissero come semplici contadine. Considerando ciò che avvenne dopo, personalmente questa spiegazione non mi convince.
Le opzioni di Paride
Per quanto ognuna delle tre dee fosse certa della propria bellezza, e di conseguenza della propria vittoria sulle altre, tutte decisero di dare al giovane un piccolo incentivo affinché fosse ulteriormente invogliato ad effettuare la scelta giusta: Atena gli offrì conoscenza e saggezza ineguagliabili, neppure dal signore dell’Olimpo, oltre alla fama e alla gloria in battaglia; Era gli offrì il dominio politico su tutta l’Asia; mentre Afrodite gli offrì l’unica cosa che a un giovane principe potesse veramente interessare: l’amore della fanciulla più bella.
Indovinate a quale dea il giovane principe consegnò il pomo d’oro? No?
La scelta e tutte le sue conseguenze
Mentre il giovane Paride consegnava l’ambito pomo ad Afrodite, a mio avviso peraltro vincitrice di diritto, le altre due dee s’infuriarono, prendendo in odio il giovane principe, la città di Troia e tutti i troiani.
Le disavventure erano appena all’inizio. La donna più bella del mondo, colei che avrebbe dovuto donare il suo amore al giovane troiano, era Elena, la giovane regina di Sparta che aveva, come unico difetto, quello d’essere già moglie di Menelao, re di Sparta nonché fratello di Agamennone, uno dei più influenti e importanti basileus della regione.
Questo ovviamente era un particolare del tutto trascurabile per le divinità olimpiche, e si rivelò marginale anche per Elena e Paride, che, una volta conosciutisi, decisero di convolare a nozze. Elena lasciò marito e figlia e nottetempo si trasferì a Troia con il bel Paride, che così facendo diede inizio agli eventi che portarono alla caduta di Troia e al compimento della profezia.
A Elena, identificata ancora oggi come l’eterno femmineo, cioè l’archetipo della bellezza europea, non sono quasi mai attribuite colpe per le lotte sorte per possederla, anche se di lei e dei pasticci conseguenti al suo rapimento ancora si parla, e si scrive, dopo più di tremila anni. Ma di questo parleremo in un’altra occasione.
Mi chiamo Cristina, sono nata di giovedì e sono un sagittario!
Mi piace chiacchierare, conoscere persone e sono a mio agio anche a una festa in cui non conosco nessuno. Cerco sempre il lato positivo delle cose e il mio motto è “c’è sempre una soluzione”!
Maniaca della programmazione, non posso vivere senza la mia agenda.
Ho studiato linguaggi dei media e da quasi 20 anni mi occupo di comunicazione per una grande azienda di telefonia.
Nel tempo libero mi piaceva leggere, viaggiare, guardare i film, andare a teatro. Ora invece ho due gemelle di 7 anni che, se da una parte assorbono quasi tutte le mie energie, dall’altra mi hanno donato un nuovo e divertente punto di vista.
Per tutti questi motivi vi parlerò di storie e leggende.