Diaspora cinese - Chinatown
In questo articolo andremo alla scoperta della diaspora cinese, analizzandone l’origine e le caratteristiche.

La diaspora cinese è il principale fenomeno migratorio del Paese asiatico. Di questo, però, se ne sa poco o nulla, nonostante sia possibile osservarne gli effetti anche nelle nostre città. Basti pensare, ad esempio, alle numerose attività commerciali gestite da persone di nazionalità cinese. Per non parlare delle tante Chinatown sparse per il mondo.

Ingresso della Chinatown di Newcastle
Ingresso della Chinatown di Newcastle

Ma quando e perché i cinesi hanno deciso di lasciare in massa il proprio Paese? E come vivono la vita all’estero?


Diaspora cinese o emigrazione cinese?

Quella cinese può essere definita “diaspora” o è una semplice migrazione? In questo caso il problema è solo di terminologia.

Il termine “diaspora” nacque con riferimento all’esilio forzato degli Ebrei dalla loro terra di origine, condizionato, soprattutto nel Vecchio Continente, da forti persecuzioni. Si tratta di una storia di circa 2.000 anni, certamente irripetibile in qualsiasi altro contesto. Ciò fa capire per quale motivo, per molti anni, gli studiosi non abbiano mai esteso la definizione di diaspora ad altre popolazioni.

Fu solo nel 1991, infatti, che William Safran elaborò il primo concetto specifico di diaspora, definendola attraverso sei criteri. Tra questi: la dispersione verso una o più “regioni” periferiche, la conservazione di una memoria collettiva nei confronti della patria di origine e una parziale alienazione nei confronti della società ospitante. Il suo modello faceva rientrare nella condizione di diaspora quella di altre popolazioni, tra cui quelle armena e cinese.

Tra gli studi successivi, molto importante è il contributo di Robin Cohen, che suddivide la diaspora in più tipologie. Con riferimento alla storia cinese, riconosce le diaspore del lavoro e del commercio.

Da questa breve premessa, quindi, risulta evidente che il termine diaspora non ha solo una valenza negativa di crudeltà e violenze. Nel senso esteso del termine permette di riconoscere meglio la condizione di popoli che, per vari motivi, hanno lasciato in massa la propria terra d’origine, pur rimanendone legati.


La diaspora cinese

La diaspora cinese ebbe inizio intorno alla metà del XIX secolo. In quel periodo la Cina viveva un momento di grande difficoltà a causa della povertà, dovuta da sconfitte in guerra, carestie e inondazioni.

La prima migrazione importante verso gli Stati Uniti, nella costa occidentale, risale al 1848, anno della scoperta dell’oro in California. Nel 1860 la popolazione cinese contava già 34.000 unità, di cui solo una parte erano mercanti. La maggior parte erano invece contadini, impiegati per il lavoro in miniera e nella costruzione di strade ferrate.

Terminata la corsa all’oro, i cinesi d’oltremare non rimasero con le mani in mano e si dedicarono ad altre attività. Aprirono infatti ristoranti, lavanderie, e si impegnarono nel settore terziario. Ciò modificò anche la figura dei migranti: studiosi e artigiani alla ricerca di opportunità lavorative. Tuttavia i rapporti con gli americani non furono sempre dei migliori.

Come spesso accade, la crescente disoccupazione, dovuta da un rallentamento dell’economia, fece crescere l’avversione nei confronti degli stranieri. Il sentimento sinofobo, accompagnato da slogan quali “pericolo giallo” o “terrore giallo”, si tramutò in violenze contro i cinesi e le loro attività.

"Pericolo giallo" nella diaspora cinese
Vignetta satirica del 1899 raffigurante il “terrore giallo”

Nacquero così le prime aree in cui si raccolsero i cinesi, le attuali Chinatown. In quel periodo si formarono quelle di Los Angeles e San Francisco e, con lo spostamento dei migranti verso la costa orientale, di Boston e New York.

La motivazione che portò numerosi cinesi nel nostro continente fu la stessa: il lavoro. I primi immigrati provenivano in particolare da Hong Kong e dalle province del Guangdong e dello Zhejiang.


La diaspora nel secondo dopoguerra

La dinastia Qing considerava l’emigrazione come una risorsa per la modernizzazione del Paese, motivo per cui la favorì attraverso varie iniziative.

Tuttavia, in quegli anni, la Cina fu protagonista di cambiamenti epocali per quanto riguarda la propria organizzazione del potere. Nel 1912, infatti, in seguito alla Rivoluzione Xinhai, venne destituito l’ultimo imperatore e nacque la prima Repubblica.


Per maggiori informazioni consultate l’articolo sulla Rivoluzione Xinhai!


La diaspora cinese, però, assunse connotati diversi dopo la seconda guerra mondiale. L’ascesa al potere di Mao Zedong e la nascita della Repubblica Popolare, infatti, mutarono profondamente la struttura politica del Paese.


Volete saperne di più? Vi rimando all’articolo sulla Rivoluzione cinese!


Inizialmente anche Mao considerò l’importanza positiva della diaspora. Istituì la “Commissione per gli affari cinesi all’estero” e creò depositi speciali al dettaglio per rifornire di beni scarsi i cinesi d’oltremare.

Tuttavia la situazione mutò in breve tempo. Mao, infatti, si rese conto di come gli incentivi speciali ai cinesi nel resto del mondo fossero in contrasto con i principi di eguaglianza del socialismo. Negli anni della Rivoluzione culturale, quindi, abolì ogni forma di aiuto e perseguitò la popolazione cinese con legami all’estero.

Con la fine della Rivoluzione culturale ci fu un nuovo cambiamento grazie a Deng Xiaoping. Nel 1977, per favorire gli investimenti della diaspora, istituì un convegno per i cinesi all’estero. Dall’anno seguente, invece, venne creato un “Ufficio per gli affari cinesi all’estero” in ogni provincia, regione autonoma e municipalità della Cina.

Tra il 1978 e il 1990 vennero approvate, tra leggi e regolamenti, cinquanta norme per “il pari trattamento senza discriminazioni” dei cinesi d’oltremare.


I cinesi nel mondo

Da dove arrivano i cinesi d’oltremare? Può sembrare una risposta scontata o banale, ma in realtà non è così. Non bisogna dimenticare, infatti, che la Cina è più grande dell’Italia di circa 30 volte, e ha quasi un miliardo e mezzo di abitanti. Al suo interno, quindi, convivono molte realtà diverse, sia in termini di cultura che di lingua parlata.

Frank Pieke, in base alla provenienza, ha suddiviso l’immigrazione cinese in cinque categorie:

  • dal Zhejiang: iniziata in seguito al primo conflitto mondiale, e proseguita sporadicamente negli anni seguenti. Si è sviluppata soprattutto dalla metà degli anni settanta del secolo scorso;
  • dal delta del fiume delle Perle: i cantonesi arrivarono in Europa nei primi anni del Novecento come marinai. Dopo la seconda guerra mondiale, migranti di Hong Kong si diressero in Inghilterra e altri Paesi europei;
  • dall’Indocina: la fine della guerra in Vietnam portò molti cinesi in Francia. Qui, dal 1954, erano già presenti delle comunità. Dopo gli anni sessanta, invece, dagli Stati di Singapore, Malesia e Indonesia ci si spostò verso Inghilterra, Olanda, Belgio e Germania;
  • dal Fujian: sviluppata soprattutto negli anni Ottanta verso gli Stati Uniti e, in parte, verso l’Europa;
  • dal nord-est della Cina: diretta verso i Paesi dell’Europa orientale e dell’ex URSS. Si tratta di un’emigrazione individuale correlata con l’espansione commerciale del Paese.

La presenza dei cinesi nel mondo, quindi, è piuttosto eterogenea. Nonostante ciò è possibile riconoscere un’unica matrice culturale che la identifica. Si distinguono, infatti, per la grande capacità imprenditoriale, estesa in più settori.


I pregiudizi sui cinesi

Come vengono visti i cinesi d’oltremare nelle nuove società? Non siamo più negli anni del “terrore giallo”, ma i pregiudizi e gli stereotipi sono ancora vivi.

La critica maggiore che viene posta è quella relativa all’integrazione, in quanto si pensa che manchi la volontà di raggiungerla. Con questo ci si riferisce sia alla conoscenza della lingua che alle interazioni sociali con i nativi.

Confutare la prima critica è abbastanza semplice. In questo sito, una volta al mese, vi propongo un articolo in cui, facendo del mio meglio, parlo della lingua cinese.


Se non li avete ancora visti, leggete gli articoli di lingua cinese!


È sufficiente conoscerne le basi per capire che si tratta di una lingua completamente diversa dall’italiano. Noi scriviamo con le lettere? Loro non hanno nessun tipo di alfabeto. Noi leggiamo le parole come sono scritte? Loro non hanno alcuna corrispondenza tra suono e scrittura. Per non parlare di quest’ultima, formata da numerosi tratti. Se per noi italiani il cinese è una lingua “incomprensibile”, per quale motivo per i cinesi dovrebbe essere semplice imparare l’italiano?

Non bisogna inoltre trascurare l’aspetto culturale. Questo, ad esempio, si manifesta nella diversa concezione dello Stato e della legge da parte dei cinesi. A ciò si aggiunga l’importante ruolo della famiglia. Diversamente da quelle di altre popolazioni, infatti, le migrazioni cinesi coinvolgono interi nuclei familiari. Questi, legati da un fitto sistema di relazioni sociali e dalla solidarietà tra compaesani, influenzano la vita nella diaspora.

I cinesi, in realtà, vogliono integrarsi nei nuovi Paesi. Per fare questo, però, non vogliono rinunciare ai propri valori e alle proprie origini.


La diaspora cinese, quindi, non è un fenomeno omogeneo, anche se presenta dei tratti comuni. Questi sono la grande capacità lavorativa e il forte legame con il Paese d’origine. In ogni caso sarebbe bello che non ci fossero più pregiudizi nei confronti dei cinesi e degli stranieri in generale. Alla prossima!

Scritto da:

Mauro Bruno

Classe 1986. All'università ho scoperto la lingua cinese ed è stato amore a prima vista, tanto che da allora ho continuato a studiarla da autodidatta.
Nel blog, oltre a parlarvi della cultura cinese, cercherò di rendervi più familiare una delle lingue più incomprensibili per antonomasia.
Potete contattarmi scrivendo a: m.bruno@inchiostrovirtuale.it