Jeans copertina

Tutti voi ne avete almeno un paio nell’armadio. C’è chi non può vivere senza i suoi amatissimi jeans. Ma sapete che proprio oggi questo capo d’abbigliamento compie ben 146 anni?

La storia

Nella storia dei pantaloni più amati in assoluto c’è l’incontro tra la tradizione tessile italiana e il senso d’avventura dei pionieri del West. Siamo nella seconda metà del 1800 e l’immigrazione dalla vecchia Europa verso gli Stati Uniti d’America si fa intensa, soprattutto per l’inizio di quel fenomeno conosciuto come “Corsa all’oro“.

La famiglia Strauss, ebrei di origine bavarese, gestiva una merceria a New York insieme ai due figli maggiori. Il terzogenito Loeb, dopo aver cambiato il suo nome nel più familiare Levi, preferì andare a lavorare nel ranch di uno zio in Kentucky, dove cominciò a farsi un’idea dei limiti dell’abbigliamento utilizzato nei lavori manuali.

Decise di seguire il richiamo delle miniere d’oro della California, ma, più che al metallo prezioso, s’interessò alle esigenze dei minatori, in termini di indumenti adatti al loro specifico lavoro. Fu così che nel 1866 fondò la Levi Strauss & Co. e aprì, in Battery Street, una rivendita di stoffe, abiti e stivali da lavoro (oggi è la sede legale della compagnia, N.d.A.). A questa rivendita, affiancò l’attività di ambulante presso le miniere, dove vendeva, tra gli altri, un particolare indumento, noto più tardi con il nome di “salopette“.

Per le salopettes e gli altri pantaloni da lavoro utilizzava la stoffa de Nîmes, o “denim”. Un tessuto simile veniva prodotto in Italia e adoperato per confezionare i pantaloni dei marinai genovesi, chiamati “Jeans“. Strauss iniziò, nel 1870, una produzione in serie di pantaloni da lavoro, affidandosi a una rete di cucitrici. Presto si rese conto dell’estrema fragilità dei suoi capi, che cedevano soprattutto all’altezza delle tasche.

Uno di questi modelli finì per caso tra le mani di Jacob Davis, un sarto di origini lettoni, che si trovò a doverli riparare per un cliente di considerevole stazza. Gli venne l’intuizione di rinforzarli con piccoli rivetti (giunti di metallo), aggiunti all’attaccatura delle tasche e in altri punti critici, constatando che in questo modo il pantalone diventava più resistente. Informò quindi Strauss della sua modifica, esortandolo a proteggere l’invenzione con una richiesta di brevetto e promettendogli la metà dei diritti.

rivetti jeans in dettaglio
I rivetti in dettaglio

L’altro accettò e il 20 maggio del 1873 Levi e Jacob si videro riconosciuto il brevetto n° 139.121, assegnato al modello jeans “XX”, che presentava la doppia cucitura sulle tasche (detta “The Arcuate”) e l’etichetta di cuoio sul retro, a destra. Il logo Levi’s cominciò ad apparire dal 1886, quando si passò alla produzione su scala industriale, con l’apertura delle prime due fabbriche in California. Quattro anni dopo debuttò lo storico modello 501, dove la cifra indicava il numero della partita dei nuovi pantaloni.

levis logo 501

Nel 1890 il brevetto scadde, spianando la strada ad altri produttori di capi in tessuto denim, che contribuirono ad accrescere la popolarità dell’indumento. I principali, e più conosciuti, furono Harry David Lee e C.C. Hudson, oggi noti rispettivamente con le marche Lee e Wrangler. Nello stesso anno fu aggiunto il taschino per l’orologio e le monetine.

Fino alla Seconda Guerra Mondiale il jeans rimase però un abito da lavoro, usato dai ricercatori d’oro e dai minatori, dai cowboy, dagli operai e dai contadini, dai meccanici e dai muratori, per poi diventare, nel dopoguerra, un indumento da tempo libero. Nei decenni a seguire, la sua comparsa sul grande schermo, e in seguito nella pubblicità televisiva, lo rese un simbolo delle generazioni moderne e della moda made in USA ispirata ai cowboy del West, fino a diventare un capo evergreen.

Denim o jeans?

Ci si confonde spesso, ma la verità è che si tratta di due elementi diversi.

Il Denim è il tipo di tessuto: una pesante stoffa di colore blu che prende nome da una città di tessitori della Provenza, Nîmes appunto. Veniva identificata come “tela de Nîmes”, ossia “proveniente da”, e da qui successivamente ribattezzata “de-nim”. Secondo alcune versioni originariamente era in color indaco, il che è molto probabile in quanto prima dell’introduzione dei coloranti chimici, il colore blu veniva ricavato dalla pianta Isathis tinctoria o dalla pianta Indigofera tinctoria, che dava l’indaco.

Il Jeans è il modello: designa propriamente i pantaloni con i caratteristici rivetti di rame o di metallo, con il bottone centrale di metallo, taglio a 5 tasche, di cui le posteriori cucite sopra la stoffa del corpo dei pantaloni, con l’etichetta (detta salpa) inserita nella parte posteriore in alto a destra. Il termine jean corrisponderebbe a una storpiatura derivata dall’antico termine Jeane o Jannes utilizzato in francese per nominare la città di Genova e dalla conseguente pronuncia inglesizzata, poiché indossati per la prima volta dai marinai e dagli scaricatori del porto genovese. Essendo realizzati con tela di Nîmes, dal particolare colore blu, presero il nome di “blue jeans”, o “blu di Genova”.

Un jeans per tutti

Fedeli compagni di viaggio nella vita, i jeans non conoscono distinzioni di età e di circostanze. Classici o scambiati, strappati o bucherellati, stretti o a zampa d’elefante, con i bottoni o con la zip, non tramontano mai, resistendo a tutte le mode.
Non tutti possono indossare lo stesso modello di jeans ma, per fortuna, esiste un modello adatto a tutti.

Ad esempio, le ragazze basse di statura dovrebbero scegliere tagli stretti, così da creare l’illusione di una figura più alta e slanciata. Sì anche ai modelli di jeans con piega frontale, soluzione del resto consigliata anche nel caso di pantaloni classici e non solo quelli in denim. Da evitare jeans con risvoltino in bella vista e quelli che si piegano sulla caviglia; sì invece a modelli lunghi, che appoggiano sul piede delicatamente, meglio se abbinati a scarpe con il tacco alto o con zeppe.

Indossatori illustri

Forse non lo sapete, ma il primo “vip” a portare un paio di “Genovesi”, chiamati anche così in modo più sbrigativo, fu Giuseppe Garibaldi durante lo sbarco a Marsala. Questo paio di pantaloni storici, che il condottiero indossò in quell’occasione, è conservato al Museo del Risorgimento a Roma. Se volete conoscere l’intera storia, potete leggere questo articolo.

Con l’avvento del cinema americano degli anni cinquanta i jeans conquistano il mondo dei giovani ed entrano nelle loro case insieme ai primi idoli del cinema e del rock and roll: blu scuro con giacca a vento rossa per James Dean, Levi’s 501 button fly neri con giubbino di pelle per Marlon Brando, e poi ancora Elvis Presley e Bob Dylan.

Forse non vi dice nulla il nome “Rosie the Riveter” (Rosy la Rivettatrice). Divenne il simbolo, autentica icona nazionale dei sei milioni di donne americane che avevano sostituito nelle fabbriche di aerei, carri e cannoni, gli uomini andati in guerra. Il ritratto più famoso lo fece il pittore, illustratore, Norman Rockell, che ritrasse la modella Mary Doyle Keefe, raffigurandola come una poderosa Rosie, in jeans con i bordi arrotolati e maglietta blu mentre si riposa, mangiando un panino e tenendo un compressore sulle ginocchia, come se fosse un mitra.

rosy the riveter

Ripped and disaster!

Negli ultimi anni è nata una nuova moda: prendere jeans e, per dar loro un’aria più vissuta e “consumata”, praticare dei tagli in punti di maggior usura, ad esempio all’altezza delle ginocchia oppure sui bordi.

Se, in alcuni casi, l’effetto è davvero originale, in altri sfocia nel ridicolo, come potete vedere nelle foto seguenti:

ripped jeans distressed jeans

Dicono dei jeans

E per finire…un po’ di opinioni raccolte tra i miei colleghi inchiostrati.

Cristina: “Nel weekend li indosso quasi sempre, sono comodi e non importa se ti sporchi.
Posso dirti però che il target giovane (le mie figlie e diversi loro compagni sia maschi che femmine) non li amano perchè li trovano duri e scomodi quindi i maschi virano sui pantaloni della tuta e le femmine sulle versioni leggins che sono più morbidi.

Jessica: “Fino a qualche anno fa li usavo parecchio, ora li trovo molto scomodi!”

Roberto: “Io per lavoro ho a che fare con un’azienda di moda che ha nei jeans il suo core business e mi spiegavano che i veri cultori e intenditori non li lavano MAI. Nonostante non sia particolarmente attento alle griffe, i jeans tendo a comprarli solo da brand specializzati (Levi’s, Lee, Wrangler, Rifle…). Perché quando ho provato a prenderli in negozio fast fashion mi sono ritrovato pantaloni di pessima fattura che hanno perso la struttura in pochissimo tempo. Gli altri invece mi sono sempre durati una vita…”

Gabriella: “Io li adoro. Li indosso quasi ogni giorno e li trovo comodissimi. Non riuscirei a stare senza e solo d’estate li abbandono.”

Da parte mia posso confessare che sto riscoprendo i jeans da quando ho trovato dei modelli in denim più morbido, mentre diversi anni fa li evitavo proprio perché troppo “rigidi”, preferendo pantaloni classici.

E voi? Cosa ne pensate? Quanti ne avete nel guardaroba? Fateci sapere!

Io, come sempre, vi aspetto al prossimo “viaggio”.
Annalisa A.

Scritto da:

Annalisa Ardesi

Giunta qui sicuramente da un mondo parallelo e da un universo temporale alternativo, in questa vita sono una grammar nazi con la sindrome della maestrina, probabilmente nella precedente ero una signorina Rottermeier. Lettrice compulsiva, mi piace mangiare bene, sono appassionata di manga, anime e serie TV e colleziono Lego.
In rete mi identifico col nick Lunedì, perché so essere pesante come il lunedì mattina, ma anche ottimista come il “primo giorno di luce”.
In Inchiostro Virtuale vi porto a spasso, scrivendo, nel mio modo un po’ irriverente, di viaggi, reali o virtuali.
Sono inoltre co-fondatrice, insieme a Jessica e Virginia, nonché responsabile della parte tecnica e grafica del blog.
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