
In questi giorni stiamo assistendo ad un’infuocata campagna preelettorale. Ogni singolo voto è prezioso e nessun terreno è immune dalla battaglia. Nemmeno il corpo delle donne e la loro libertà di scelta.
Perché parlare di assorbenti? I fatti
Ora, senza addentrarsi in discorsi che risulterebbero troppo complessi e che richiederebbero un approfondimento storico e socio-culturale di tutt’altro tipo, è innegabile che noi donne abbiamo sempre dovuto ribadire la nostra autonomia e la nostra legittima libertà di scelta. Per questo mal sopportiamo chi pretende di darci consigli in un ambito così intimo e personale come la gestione del nostro ciclo mestruale.
Ovviamente il nodo era prettamente economico, visto che verteva sul fatto che gli assorbenti sono tassati come un bene di lusso, ma lo scambio di battute tra il politico e la conduttrice ha portato quest’ultima a sbottare:
No, vabbè, ma ci fate tornare ai pannolini lavabili? Grazie, lasci perdere.
Quel “tornare” ha fatto scattare in me la voglia di affrontare con voi un viaggio storico alquanto inusuale, alla scoperta di come le donne nei secoli hanno affrontato la situazione.
Le fonti
Poiché le società sono prevalentemente patriarcali, un problema totalmente femminile come le mestruazioni e la loro gestione, trova poco spazio in trattati e scritti quindi le fonti sono incredibilmente scarse.
Quel che certo è che le donne dell’antichità avevano meno cicli da affrontare. La malnutrizione, che rendeva altamente irregolare il ciclo, le continue gravidanze e l’aspettativa di vita decisamente più bassa, portavano le nostre antenate a doversi gestire circa 160 cicli mestruali contro i 450/500 della donna moderna.
Come erano fatti gli assorbenti?
Nonostante lo scorrere del tempo, non ci sono stati grossi cambiamenti nella gestione pratica del ciclo femminile. Già in antichità esistevano sia assorbenti interni (i tamponi) sia assorbenti esterni, anche se tutto risultava decisamente più complicato, perché ogni rimedio per contenere le perdite era fatto in casa con il materiale che si aveva a disposizione.
Gli assorbenti nella valle del Nilo
Nell’Antico Egitto le donne usavano un tampone ricavato da un papiro ammorbidito.

Di questo siamo certi grazie ai papiri medici egizi, antichi testi risalenti al 1800 a.C. circa, che permettono di conoscere alcune antiche pratiche mediche e, nello specifico, il Papiro ginecologico di Kahun (il più antico testo medico conosciuto).
Rinvenuto a El-Lahun da Flinders Petrie nel 1889, fu tradotto la prima volta nel 1893 e contiene 35 diversi paragrafi sulla salute femminile a tutto tondo: dalle malattie ginecologiche alla fertilità, alla maternità e perfino sulla contraccezione.
Apprendiamo poi dell’esistenza di tamponi di lino da una fonte indiretta: nel testo, infatti, si menziona tra i lavori più umili quello della lavandaia addetta al lavaggio dei perizomi delle donne mestruate.
Gli assorbenti delle donne greche e romane
A Roma, così come nell’ antica Grecia, le donne usavano lana e stoffa o come tampone, arrotolandoli su un bastoncino di legno, o fissati sotto le gonne con delle cinture. Ricordo che non esisteva la biancheria intima.
È in epoca romana che cominciano a circolare le dicerie -o vogliamo chiamarle proprio bufale- legate alla donna mestruata, alcune delle quali sono vive ancora oggi.
Il nostro amico Plinio scrive nella Naturalis Historia VII, 63-67:
All’arrivo di una donna mestruata il mosto inacidisce, toccate da lei le messi isteriliscono, muoiono gli innesti, bruciano le piante dei giardini; dove lei si siede i frutti cadono dagli alberi, al solo suo sguardo si appanna la lucentezza degli specchi, si ottunde il ferro, si oscura la luce dell’avorio, muoiono le api degli alveari, arrugginiscono istantaneamente il bronzo e il ferro e il bronzo emana un odore terribile.
Parallelismi arditi
Non so voi, ma a me ricorda molto la scena in cui i mitici Ghostbusters espongono al sindaco di New York le conseguenze della venuta di Gozer il Gozeriano (chi vuole vedere la mitica scena clicchi qui).
Scherzi a parte, il problema resta. Il tabù e le superstizioni legate al ciclo mestruale non sono scemate nei secoli (ricordo che Plinio è un autore vissuto tra il 23 e il 79 d.C.) ma anzi, sullo stigmatizzare le pratiche più assurde e le credenze più infondate, purtroppo ancora oggi diffuse, alcuni blogger sono persino riusciti a costruire il proprio successo mediatico.
Personalmente trovo sfizioso combattere i classici con i classici, quindi, per tutte queste fesserie antiche e moderne, mutuo la risposta di Ipazia matematica Alessandrina (vissuta tra il 370 e il 415 d.C.) che si liberò di Idomeneo, un suo indesiderato ed insistente corteggiatore, gettandogli un panno intriso del suo sangue mestruale.
Gli assorbenti nel Medioevo
Ma torniamo seri e spostiamoci avanti di alcune centinaia d’anni atterrando in pieno Medioevo.
In quest’epoca per certi versi oscurantista, parlare di mestruazioni era pericoloso, ma non mancava l’inventiva. Il rimedio che andava per la maggiore era lo Sphagnum, un muschio con alto potere assorbente con cui si creavano tamponi o strisce di stoffa, che venivano inserite in una sorta di pantaloncino creato per l’occasione.
Soluzione creativa: il colore più in voga in questo periodo storico era il rosso. Le dame si facevano confezionare gonne e vestiti di questo colore, perché ideali per mascherare le macchie di sangue.

Queste erano le soluzioni per le donne di rango, ma è molto probabile che le popolane non usassero assolutamente nulla.
Mutatis mutandis: cambiate le cose (mutatis) che bisogna siano cambiate (mutandis)
Inizialmente le mutande erano un indumento prettamente maschile.
Solo nel 1500 Isabella d’Este le introdusse in Italia. Molto diverse dalle loro pronipoti moderne, le braghesse larghe e lunghe, diventarono subito l’indumento preferito dalle prostitute.
Quando vennero introdotte come abbigliamento femminile tre secoli più tardi nell’Ottocento, erano chiamate tubi della decenza ed erano usate solo dalle signore. Per arrivare ad un uso popolare bisogna aspettare i primi del Novecento.
Gli assorbenti tra il 1600 e il 1700
In piena epoca del Re Sole nacque l’insana idea che lavarsi aumentasse il ciclo mestruale e che cambiare la biancheria provocasse malattie. Fu, quindi, un tripudio d’unguenti e profumi per coprire la puzza (che doveva essere nauseante!).
Tempi moderni
In età vittoriana le mestruazioni dovevano arrivare all’età prestabilita dai dottori; se non la si rispettava conveniva non farne parola. Si pensava, infatti, che il ciclo precoce portasse alla morte e che fosse causato da un eccesso di stimoli come l’andare a teatro, avere cotte infantili, ascoltare musica.
Secondo i dottori dell’epoca la regolarità del ciclo era correlata alla salute mentale: il corpo controllava la mente; credevano, inoltre, che durante il ciclo ogni sforzo sia intellettuale che emotivo potesse essere fatale.
Di gran moda tra le ragazze bene era la “cintura mestruale”: si legava intorno alla vita e teneva fermo un cuscinetto di stoffa. L’idea, sebbene buona, era molto scomoda: i cuscinetti irritavano la pelle, rendevano difficoltosa la minzione e provocavano diverse abrasioni.

Solo alla fine del 1800 la Johnson & Johnson inventò i primi assorbenti usa e getta che paradossalmente furono un flop. Le signore erano troppo imbarazzate per richiederli al commesso, quindi continuarono ad usare quelli prodotti in casa.
XX secolo: tempo d’innovazione
La prima svolta si ebbe durante la prima guerra mondiale, quando le infermiere cominciarono ad usare le garze dei bendaggi dei soldati, molto più assorbenti del cotone.
Un paio di anni dopo, un tampone prodotto da quelle garze in cellulosa di cotone, fu distribuito dalla Kimberly-Clark in negozi in modalità self-service, per evitare imbarazzi coi commessi.

Il tampax venne inventato qualche anno dopo arrotolando uno di questi assorbenti esterni. L’inventore è incerto: alcuni sostengono che sia stato John Williamson, dipendente della Kimberly-Clark, altri un medico per la moglie ballerina.
Chiunque sia stato, il prodotto fu registrato come Tampax® e lanciato sul mercato solo nel 1936 da Gertrude Tenderich, che acquistò il brevetto per 32.000 dollari.
La diffusione di questi prodoti fu facilitata dallo scoppio della guerra. Poiché gli uomini erano al fronte, le donne dovevano supplire nei lavori pesanti e l’avvento degli assorbenti usa e getta facilitò le cose almeno su quel fronte.
In Italia gli assorbenti approdarono molto tardi: i primi erano senza adesivo (dovevano essere fermati con delle spille) ed erano di cotone avvolto in una reticella, molto ingombranti.
La coppetta mestruale
Ma ora veniamo a colei che ha scatenato tutte le discussioni che impazzano sui social in questi giorni: la coppetta!
A differenza di quanto si potrebbe pensare, la coppetta mestruale ha più di cent’anni. Le prime risalgono a fine ‘800, mentre la versione in gomma fu inventata dall’attrice Leona Chalmers che, per esigenze di scena, non poteva indossare ingombranti assorbenti con cintura.
Ho trovato il modo per risolvere un problema vecchio quanto Eva.
Diceva la pubblicità di una coppetta negli anni ’60.
E quindi?
Chi mi conosce bene sa che, per me, un articolo su questo argomento ha un che di catartico.
Fin dal primo ciclo mi sono lamentata con mia madre che questa cosa fosse una vera ingiustizia e che volevo essere come i miei amici maschi, che invece non avevano alcun problema o defaillance fisica.
La mia mamma mi rispondeva che però loro sarebbero stati solo dei papà.
È questo che trasmetterò alle mie figlie, assieme al fatto che – grazie al cielo! – siamo nate in un periodo in cui tra latex, assorbenti con le ali, senz’ali, interni, esterni o coppette, avranno la possibilità di scegliere come gestire al meglio una funzione fisiologica che ti accompagna per la maggior parte della vita.
La scelta, però, dev’essere esclusivamente loro e lo stare bene con se stesse e con gli altri non è certamente un lusso!

Mi chiamo Cristina, sono nata di giovedì e sono un sagittario!
Mi piace chiacchierare, conoscere persone e sono a mio agio anche a una festa in cui non conosco nessuno. Cerco sempre il lato positivo delle cose e il mio motto è “c’è sempre una soluzione”!
Maniaca della programmazione, non posso vivere senza la mia agenda.
Ho studiato linguaggi dei media e da quasi 20 anni mi occupo di comunicazione per una grande azienda di telefonia.
Nel tempo libero mi piaceva leggere, viaggiare, guardare i film, andare a teatro. Ora invece ho due gemelle di 7 anni che, se da una parte assorbono quasi tutte le mie energie, dall’altra mi hanno donato un nuovo e divertente punto di vista.
Per tutti questi motivi vi parlerò di storie e leggende.
Ciao Marisa!
Sono molto contenta che ti piacciano i miei articoli. Penso sempre che dietro ogni cosa, dietro ogni evento ci sia una storia strana, affascinante e a volte misteriosa, che meriti di essere raccontata.
Visto che ci doni del tempo prezioso leggendo Inchiostro Virtuale, farò del mio meglio per essere interessante e (dove si può) anche divertente.
Continua a seguirci!
A prestissimo
Cristina
Brava Cristina. Leggo sempre con piacere i tuoi articoli, sia per gli argomenti, ma soprattutto per come sono scritti.
Talentosa