Austrian open a rischio

Gli incendi stanno mettendo in difficoltà anche gli Australian Open, vediamo come si è evoluta la situazione

Nell’articolo di ieri, abbiamo parlato delle devastanti conseguenze degli incendi in Australia. Come anticipato, questi hanno creato non pochi problemi (per quanto assolutamente secondari rispetto a quelli descritti ieri) anche agli Australian Open, il primo Slam dell’anno. La qualità dell’aria, infatti, ha rischiato di compromettere quantomeno il torneo di qualificazione, che si è comunque svolto fra numerose polemiche.

Le difficoltà di fronte alle quali si è trovato l’Australian Open non sono state inaspettate ed impreviste. Già da diversi giorni in molti avevano lanciato l’allarme circa la possibilità di riuscire a giocare regolarmente il torneo. Uno dei primi giocatori a lanciare l’allarme è stato il tennista americano Denis Kudla, che, dopo essersi allenato a Melbourne nei primissimi giorni dell’anno, aveva affermato di non riuscire a respirare senza tossire, dicendo che, a suo parere, in quelle condizioni sarebbe stato difficile giocare per almeno due-tre settimane.

Un monito era già stato lanciato da Novak Djokovic che, a precisa domanda sulle conseguenze degli incendi sullo svolgimento del torneo, aveva dichiarato:

“Mi è stato assicurato che la situazione è sotto costante monitoraggio nella speranza che si vada verso un miglioramento. Credo che le cose dovrebbero migliorare, ma se non dovesse succedere e la qualità dell’aria dovesse essere compromessa a Melbourne o Sydney, credo che Tennis Australia dovrà creare delle regole specifiche in proposito”.

Nel frattempo, attraverso un tweet dell’account ufficiale degli Australian Open, gli organizzatori cercavano di calmare le acque, ricordando che, anche nell’improbabile (a loro dire) caso di livelli critici di inquinamento dell’aria, il Melbourne Park può contare su ben tre campi dotati di un tetto retrattile, permettendo dunque di giocare indoor senza rischi per la salute di nessuno. Peccato che le qualificazioni del torneo non si giochino su quei campi.

La situazione attuale

Si è dunque arrivati alla settimana che si sta concludendo, quella delle qualificazioni dell’Australian Open, con il timore di dover alterare il programma di gioco. Gli organizzatori del torneo sono riusciti ad evitare di stravolgere la tabella di marcia ma, come detto, hanno preso decisioni che non sono state assolutamente condivise da giocatori, addetti ai lavori e pubblico.

La giornata critica è stata quella del 14 gennaio, durante la quale c’è stata un’evidente discrepanza fra le raccomandazioni generali fornite dalla città di Melbourne e quella degli organizzatori. Sull’account Twitter ufficiale City of Melbourne, infatti, veniva segnalato a più riprese come la qualità dell’aria fosse pessima e già dal giorno precedente veniva consigliato di non uscire di casa.

Secondo molte misurazioni, infatti, il livello di inquinamento sulla scala AQI (Air Quality Index) superava il valore di 200 che (come potete vedere dalla tabella contenuta qui, da consultare se volete farvi un’idea più precisa della scala AQI) corrisponde ad una qualità dell’aria piuttosto nociva per la salute.

A rischio la salute dei giocatori

Nonostante queste condizioni proibitive, gli organizzatori degli Australian Open hanno deciso di far giocare lo stesso le qualificazioni del torneo, con conseguenze piuttosto infelici. Molti sono stati, infatti, i giocatori che hanno accusato difficoltà respiratorie nel corso della giornata. Fra questi episodi, il più grave è sicuramente quello accorso alla tennista Dalila Jakupovic che, avanti di un set, ha accusato un forte malore che l’ha costretta ad abbandonare anzitempo gli Australian Open.

Le condizioni nelle quali si è giocato sono state ben descritte dal giovanissimo Lorenzo Musetti (che purtroppo ha solo sfiorato l’accesso al tabellone principale, uscendo al turno decisivo delle qualificazioni), che fortunatamente non ha giocato incontri ufficiali nei giorni peggiori, ma che ha avuto modo di sperimentare le stesse difficoltà dei colleghi in allenamento. Dopo la sua vittoria al primo turno, ha dichiarato:

“Per quanto riguarda le condizioni, oggi erano completamente diverse rispetto ai giorni passati perché non c’era fumo e si respirava bene. Non c’era neanche il caldo opprimente di ieri. […] Non è stato facile allenarsi qui nei giorni scorsi, in certi orari non era nemmeno possibile farlo perché non te lo permettevano. L’aria era molto diversa e pesante, anche gli occhi sentivo che bruciavano a volte. Non so proprio come abbiano fatto gli altri ragazzi a giocare, veramente. Io l’ho scampata, meno male!”.

Anche il tennista canadese Brayden Schnur (di cui parleremo di nuovo) ha illustrato bene la situazione, sottolineando il trattamento che ricevono i giocatori di seconda fascia:

“Senti la gola molto secca. Non è una cosa normale, chi soffre d’asma è troppo penalizzato rispetto agli altri. Ci fanno giocare solo perché siamo i tennisti della fase di qualificazione. I giocatori dovrebbe unirsi e prendere una decisione perché non è salutare competere in queste condizioni”.

La situazione, dunque, era palesemente critica e si è deciso di giocare comunque, nonostante il successivo miglioramento delle condizioni fosse atteso (anche grazie alla pioggia che ha fermato le qualificazioni mercoledì) e nonostante lo slittamento di un paio di giorni di gioco non avrebbe compromesso in alcun modo il regolare svolgimento del torneo.

Le reazioni non si sono fatte attendere

Le reazioni di molti giocatori sono state forti, come quella del giovane canadese Shapovalov, il quale ha detto che, in caso di situazioni critiche, non si farà problemi a rifiutarsi di scendere in campo, avendo davanti a sé ancora molti Australian Open e preferendo non mettere a rischio la propria salute.

Shapovalov, inoltre, ha fatto giustamente notare che, giocando al meglio dei cinque set (e non al meglio dei tre come nelle qualificazioni), il rischio di un malore o di danni alla salute è inevitabilmente più alto. Il suo connazionale Brayden Schnur, citato poco prima, è stato ancora più duro, accusando Federer e Nadal di essere egoisti e di pensare solo alle proprie carriere.

In realtà Federer e Nadal si sono dimostrati piuttosto preoccupati per la situazione, non solo organizzando una manifestazione di beneficenza per aiutare le zone colpite dagli incendi e contribuendo, a loro volta, alle donazioni. In particolare, Federer ha dichiarato:

“Ero nell’ufficio del direttore del torneo martedì, leggevo che la città di Melbourne invitava tutti a stare a casa, a non fare uscire gli animali, chiudere le finestre e nella players lounge i giocatori venivano chiamati in campo: chiaramente qualcosa non andava. Per me la comunicazione è la chiave di tutto: devono farci sapere in base a quali criteri vengono prese le decisioni, in modo da essere tranquilli che esiste un processo rigoroso per stabilire se si gioca o no. Ora ci è stata data questa informazione”.

Dopo la disastrosa giornata di martedì, infatti, è stata diramata una Air quality policy degli Australian Open, che divide in diverse fasce la qualità dell’aria e le rispettive conseguenze sul programma di gioco. Se con valori compresi fra i 97 ed i 200 si discuterà comunque circa l’opportunità di giocare o meno, mentre con valori superiori a 200 le partite saranno sospese.

Riflessioni finali

A questo punto non resta che vedere se questo programma verrà rispettato, dal momento che non si può escludere che il livello della qualità dell’aria torni su livelli critici (già oggi, giornata nella quale non sono previsti incontri, potrebbero esserci dei peggioramenti).

L’Australian Open ha già fatto una pessima figura mettendo a rischio la salute dei giocatori, che non può essere barattato in alcun modo e per nessun motivo. Ripetere l’errore fatto durante le qualificazioni, soprattutto ora che c’è una “Air quality policy”, sarebbe imperdonabile e macchierebbe la reputazione dello Slam la cui organizzazione viene ritenuta la migliore da giocatori e addetti ai lavori.

Non a caso, infatti, l’Australian Open è l’unico torneo dello Slam che può contare su ben tre campi coperti (come detto in precedenza). Questa circostanza potrebbe essere decisiva per il regolare svolgimento del torneo a partire dalla seconda settimana di gioco, quando gli incontri saranno di meno e potrebbero essere facilmente programmati sui campi indoor.

Quanto alla settimana che sta per iniziare, invece, la possibilità che solo alcuni tennisti possano giocare su campi coperti rischia di alimentare ulteriori polemiche fra giocatori di prima fascia e giocatori di seconda fascia. In caso di livelli di qualità dell’aria critici, infatti, i tennisti “figli di un dio minore” o giocheranno in condizioni pericolose per la propria salute o, se fermati, vedranno stravolta la programmazione dei loro match, dando adito a discussioni di diversa natura.

La speranza è quella che la situazione rientri (e, come detto in apertura, gli Australian Open sono proprio l’ultimo dei problemi causati dagli incendi di cui preoccuparsi), evitando di dover leggere un nuovo capitolo di questa vicenda che, in alcuni suoi tratti, si è rivelata grottesca.

Consigli di lettura

Se l’articolo vi è piaciuto, leggete anche quello dedicato agli Australian Open 2021: un torneo molto particolare.

Scritto da:

Lorenzo Picardi

Avvocato e pubblicista, non giudicatemi male. Per deformazione professionale seguo qualunque fatto d'attualità. Non sono malato di sport, mi limito a scandire i periodi dell'anno in base agli eventi sportivi. Ogni tanto provo a fare il nerd, con risultati alterni.
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