Australia in fiamme: vigili del fuoco che cercano di domare le fiamme

Da mesi, ormai, l’Australia si trova ad affrontare incendi di portata devastante che, anche a causa delle condizioni climatiche, stanno determinando una vera e propria catastrofe ambientale. Visto il diffondersi di molte informazioni scorrette e parecchie fake news, cerchiamo di fare chiarezza su ciò che, ad oggi, sappiamo.

Australia in fiamme: analisi del fenomeno

Il 2019 in Australia è stato l’anno più caldo e più secco mai registrato dal 1900.

La siccità si protrae da ben due anni e nel 2019 le temperature hanno toccato picchi record di 42°, con punte anche di 49°. I dati evidenziano che le temperature medie sono state di 1,5 gradi più alte rispetto alla media, con massime superiori di oltre 2°C e, cosa ancor più rilevante, si è registrata la diminuzione di oltre un terzo delle precipitazioni.

Se l’insorgere di incendi boschivi durante la stagione estiva è un fenomeno normale, l’aumento della temperatura e la prolungata siccità inevitabilmente hanno determinato l’intensificazione e la frequenza del fenomeno.

Come previsto dagli scienziati, quest’anno la stagione degli incendi è iniziata in anticipo, a luglio – vale a dire a metà della primavera australiana – anziché ottobre.

Rendering incendi Australia
Il grafico austrialiano Anthony Hearsey, specializzato nella post-produzione di foto e nella realizzazione di rendering, ha ricostruito graficamente la vastità dei roghi che hanno interessato l’Australia tra il 5 dicembre 2019 e il 5 gennaio 2020, con l’ausilio dei dati satellitari pubblici della NASA relativi al progetto Firms, ossia il sistema di gestione globale delle informazioni sugli incendi.

Si stima che gli incendi in Australia abbiano devastato circa 8 milioni di ettari di territorio tra New South Wales, Victoria, Sud Australia e Queensland, praticamente una superficie doppia rispetto a quella bruciata in Siberia e in Amazzonia combinate.

Perché l’Australia va a fuoco?

Metà degli incendi che stanno interessando il territorio australiano sono causati da fulmini: secondo Ross Bradstock, dell’Università di Wollongong, un singolo incendio causato da un fulmine – il Gospers Mountain Fire – ha già percorso da ottobre a oggi oltre 500.000 ettari di bush e potrebbe essere il più grande incendio mai registrato nel mondo.

L’altra metà degli incendi, invece, è imputabile dall’uomo, per cause sia colpose che dolose.

Tuttavia, la forte attenzione rivolta dalla stampa all’arresto dei presunti piromani, si è rivelata solamente una funzionale campagna di disinformazione per indebolire il legame tra riscaldamento globale e incendi.

La storia dei 183 arrestati per incendio doloso è stata, infatti, riportata inizialmente da News Corp, del gruppo Murdoch, e poi diffusa da siti americani e noti esponenti dell’estrema destra. Secondo molti analisti, la diffusione di hashtag come #arsonemergency è tutt’altro che causuale: la notizia e il relativo hashtag sono stati condivisi da un numero anomalo di bot, come accade generalmente con le fake news.

Il Primo Ministro australiano Morrison, negazionista convinto dei cambiamenti climatici, che il New York Times ha accusato di difendere gli interessi delle lobby dei combustibili fossili anziché la sicurezza nazionale, ha maldestramente tentato di minimizzare la portata catastrofica degli incendi. In particolare, nel discorso di Capodanno ha affermato che:

Nonostante la siccità, gli incendi e le inondazioni, l’Australia resta un Paese meraviglioso dove far crescere i bambini.

Cambiamenti climatici e incendi: un binomio letale

In che modo i cambiamenti climatici hanno influito su questa anomala situazione degli incendi?

Lo ha spiegato, molto efficacemente, Giorgio Vacchiano, ricercatore dell’Università degli studi di Milano, con un post su Facebook nel quale ha evidenziato una rara combinazione di fattori.

Secondo Vacchiano, i fattori scatenanti di quella che potremmo definire una catastrofe perfetta sarebbero tre:

  • il Dipolo dell’Oceano Indiano (IOD), un fenomeno climatico che porta aria umida sulle coste africane e aria secca su quelle australiane;
  • il riscaldamento improvviso della stratosfera (oltre 40 gradi di aumento) nella zona antartica, che ha portato ulteriore aria calda e secca sull’Australia;
  • lo spostamento verso nord dei venti occidentali (o anti-alisei), determinato sia dai cambiamenti climatici che dal buco dell’ozono, che hanno portato ulteriore aria secca e calda sull’Australia.
Da non sottovalutare sono anche i dati relativi alla CO2.

Gli incendi, infatti, riducono la capacità di assorbimento del carbonio delle foreste e, allo stesso tempo, provocano naturalmente emissioni di CO2 nell’atmosfera. È stato stimato che in soli tre mesi, a causa dei devastanti incendi, sono state rilasciate nell’atmosfera circa 350 milioni di tonnellate di CO2, pari a due terzi delle emissioni del Paese nel 2018. Inoltre, secondo l’Australian Seasonal Bushfire Outlook, il rischio incendi nel 2020 sarà “al di sopra del normale” in tutto il territorio.

Gli effetti deleteri sulla fauna

Una delle questioni che ha attirato l’attenzione globale è sicuramente l’effetto degli incendi sulla fauna australiana, una delle più ricche e uniche al mondo, che ha determinato una vera e propria corsa alle raccolte fondi, soprattutto da parte dei personaggi famosi sui loro profili social.

Il docente di ecologia all’Università di Sydney, Christopher Dickman, in un articolo pubblicato sul sito della facoltà, ha stimato che siano morti un miliardo di animali.

Tuttavia, Corey Bradshaw, docente di ecologia dell’Università di Adelaide, in relazione ai numeri sconcertanti divulgati dalla stampa, ha dichiarato che sarebbe più prudente fare stime basate su prove concrete e ha precisato che:

Non dico che il numero sia sbagliato, ma che è impossibile da stimare. I media e il pubblico sono affamati di numeri, che hanno molta risonanza, ma la realtà è che non lo sa nessuno.

Uno dei dati più allarmanti circolati riguarda i koala, uno degli animali-simbolo dell’Australia.

Sam Mitchell, che gestisce il Kangaroo Island Wildlife Park, in una intervista rilasciata al The Guardian, ha stimato che potrebbero essere morti 25mila koala, ovvero la metà degli esemplari presenti sull’Isola.

Dal momento che non si conosce il numero esatto dei koala presenti su tutto il territorio australiano, non è realmente quantificabile il numero degli esemplari rimasti vittima degli incendi. Ciò che possiamo affermare con certezza, però, è che i koala non sono “funzionalmente estinti”, come reso noto da molte testate giornalistiche nelle scorse settimane.

Fiamme, pioggia di cenere e aria irrespirabile

Ulteriore conseguenza degli incendi fuori controllo è la registrazione di livelli di qualità dell’aria più bassi al mondo, con un inquinamento atmosferico pari a 1.739 della scala AQI, addirittura peggiori di quelli rilevati a Nuova Delhi e Beijing, secondo i dati riportati dalla ABC. Le autorità hanno affermato che:

Il fumo che si respira nelle città da oltre un mese non ha precedenti e rappresenta un rischio per la salute delle persone.

I venti hanno, infatti, trasportato il fumo verso le maggiori città australiane, rendendo l’aria irrespirabile, tanto che le autorità sanitarie hanno invitato le persone a rimanere al chiuso. Per di più, il fumo degli incendi boschivi australiani ha viaggiato per migliaia di miglia fino a raggiungere la Nuova Zelanda, colorando il cielo di un allarmante arancione scuro.

Neppure le spiagge sono state risparmiate!

A rischio anche gli Australian Open di tennis

Australian open a rischio

Il torneo di Melbourne apre tradizionalmente la serie annuale degli Slam, ma l’emergenza creata dalla cappa di smog e fumo denso che avvolge la città, che ha anche fatto rilevare una qualità dell’aria “pericolosa“, potrebbe seriamente determinarne la sospensione.

Ne parlerà domani Lorenzo Picardi, non perdetevi l’articolo!

Scritto da:

Virginia Taddei

Avvocato e redattrice, nonché co-fondatrice di Inchiostro Virtuale.
Potete contattarmi inviando una mail a v.taddei@inchiostrovirtuale.it