Pistoccu di Villagrande De.Co.

Non chiamatelo carasau!

Un disco croccante, ruvido e poroso, giallo paglierino o dorato: così si presenta il pistoccu, un pane tipico dell’Ogliastra che i meno esperti potrebbero confondere col carasau, a differenza del quale è più spesso (3-4 mm contro 1 mm), può essere squadrato o semicircolare e avere altri ingredienti oltre ad acqua, semola, lievito e sale.

Perché si chiama pistoccu?

Le origini del nome sono ancora incerte, ma potrebbe derivare dal latino bis coctum, cioè pane cotto due volte, ed è proprio grazie alla biscottatura che ha una lunga conservazione (dura un paio di mesi in ambienti asciutti); non a caso era considerato il pane dei pastori, che lo portavano con sé durante la transumanza. Un’altra ipotesi, riportata dai professori Gianni Pes e Michel Poulain in Longevità e identità in Sardegna, suggerisce la derivazione da pistores: le antiche corporazioni dei fornai.

La ricetta del pistoccu

La ricetta subisce delle variazioni a seconda della località: per fare un esempio, a Villagrande Strisaili l’impasto prevede anche le patate. Qui vi lascio la versione di mamma (che prepara il pistoccu da quando era bambina, grazie agli insegnamenti di nonna) con il lievito di birra al posto del lievito madre per fare più in fretta.

Ingredienti:
  • 15 kg di semola;
  • 12,5 litri d’acqua;
  • 3 kg di patate;
  • 130 g di lievito di birra (se c’è caldo si può usarne di meno);
  • 75 g di sale (meglio poco che troppo, per essere certi che l’impasto lieviti a dovere);
  • farina 00 q.b. per stendere le forme.
Procedimento

La preparazione del pistoccu richiede molto tempo e numerosi passaggi, ecco i più importanti:

  1. in su scivu (un contenitore di legno lungo e profondo) s’impasta la semola insieme alle patate bollite e schiacciate, il lievito di birra e l’acqua tiepida;
  2. l’impasto così ottenuto si fa riposare al coperto per cinque minuti e poi si lavora fino a ottenere una sorta di grosso serpente;
  3. dopo aver suddiviso l’impasto, si stendono i singoli pezzi (prima con le mani, poi col mattarello) in forme da 30-40 cm di diametro;
  4. segue la lievitazione delle forme in su palini (un grande cesto di paglia) coperte dai panni;
  5. a questo punto si procede con la cottura nel forno a legna, che dura pochi minuti, il tempo richiesto alle forme per gonfiarsi;
  6. il pistoccu appena sfornato si apre in due con un coltello (“si sperra”) e si lascia raffreddare;
  7. si ripetono i punti 4 e 5 fino a cuocere tutte le forme, che poi verranno infornate una seconda volta per farle abbrustolire;
  8. il pistoccu ormai pronto viene coperto con panni puliti e riposto in luogo asciutto.
Alcune curiosità:
  • le forme crude si possono usare come basi per pizze e focacce;
  • quando la sperratura non riesce, si ottiene il pistoccu morbido: le forme ancore calde si possono mangiare sul momento con l’affettato o lasciarle raffreddare, per poi congelarle e riscaldarle all’occorrenza.

Gli abbinamenti del pistoccu

Il pistoccu ha un sapore delicato, che sta bene con tutto, ragion per cui si può mangiare:

  • a colazione, spezzettato nel caffellate;
  • a merenda insieme al miele, confetture o creme spalmabili, dopo averlo ammorbidito con l’acqua;
  • per antipasto, come base per il tagliere di formaggi e salumi sardi;
  • come primo, vedasi su pani frattau;
  • insieme alle zuppe o altri piatti succulenti per fare la scarpetta.
Consigli di lettura

Se l’articolo vi è piaciuto, leggete anche quello dedicato a su coccoi cun s’ou: il pane della Pasqua sarda.

Riferimenti bibliografici

1VV. A., Pes G., Poulain M. (2014). Longevità e identità in Sardegna: L’identificazione della “Zona Blu” dei centenari in Ogliastra. Italia: Franco Angeli Edizioni.


I crediti della foto di apertura sono del panificio Demurtas di Villagrande.

Scritto da:

Jessica Zanza

Giornalista pubblicista, ex collaboratrice de L'Unione Sarda.
Sono cofondatrice e caporedattrice di Inchiostro Virtuale.
Per contattarmi, inviate una mail a: j.zanza@inchiostrovirtuale.it