Cinque vini nati per caso da riscoprire

Talvolta le creazioni geniali sono frutto della casualità. Dall’Amarone della Valpolicella DOC allo Champagne AOC, conosciamo cinque vini nati per caso da riscoprire!

Cinque vini nati per caso da riscoprire

La storia ci insegna che gli eventi fortuiti possono portare a invenzioni grandiose. Ciò accade anche nel mondo del vino ed ecco perché, nelle prossime righe, vi racconteremo le storie di cinque vini nati per caso rivelatisi vincenti nel tempo.

1) Amarone della Valpolicella DOC

Apriamo la carrellata dei vini nati per caso con un’eccellenza nostrana: l’Amarone della Valpolicella DOC. La storia di questo vino rosso dal sapore pieno, caldo e vellutato, ma soprattutto amaro, è intimamente legata a quella del Recioto della Valpolicella DOC, il rinomato passito che si produce nelle colline veronesi fin dall’antichità.

Cassiodoro e l’Acinatico

Una prima testimonianza scritta ci arriva da Cassiodoro (storico nonché ministro di Teodorico, re dei Goti) e viene riportata dall’enologo Lanfranco Paronetto e dal dottor Franco Dellaglio, ricercatore presso il Dipartimento di biotecnologie dell’Università di Verona, nella pubblicazione “Amarone: a modern wine coming from an ancient technology“. 

Si tratta di un’attestazione risalente al VI secolo d.C. in cui si descrivono le caratteristiche del Recioto, a quel tempo chiamato Acinatico (“un vino dolce rosso, viola o bianco come gigli, fragrante, nobile e denso”), insieme all’antica tecnica di produzione.

A tal proposito, Cassiodoro scriveva:

In autunno le uve vengono scelte e appese sotto ai pergolati, poi conservate nei vasi e nei depositi comuni. Nel tempo s’induriscono, non si liquefanno, gli umori inutili essudano e l’uva diventa dolce. Si va avanti fino a dicembre, quando inizia l’inverno, e il vino diventa nuovo quando in tutta la cantina è già vecchio“.

Allora come oggi la vinificazione avveniva d’inverno, ma non sempre andava nel verso giusto: infatti poteva capitare, soprattutto quando la stagione era mite, che gli zuccheri del mosto venissero convertiti totalmente in alcol, dando origine a un vino secco, con disappunto dei produttori che se ne aspettavano uno zuccherino (particolarmente gradito in un’epoca dove, di dolci, c’erano solo la frutta e il miele).

Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore
Cassiodoro Senatore

Dunque, quel che possiamo considerare l’antesignano dell’Amarone è nato per puro caso, da un’anomalia nella produzione del Recioto, che l’uomo è riuscito a controllare solo dagli Anni ’30.

Il nome “Amarone” fu coniato proprio in quegli anni, più precisamente nel 1936, quando Adelino Lucchese della Cantina Valpolicella Negrar, dopo aver assaggiato il vino di una botte di Recioto sfuggita ai controlli, esclamò: 

Questo non è un amaro, è un amarone!

Nasce la DOC “Amarone della Valpolicella”

Tra la fine della Seconda guerra mondiale e gli Anni ’60, l’interesse per questo vino crebbe a tal punto che diverse importanti firme decisero di produrlo regolarmente, da Bolla a Tedeschi.

A distanza di quarantadue anni dall’approvazione del primo disciplinare, che considerava l’Amarone una semplice variante del Recioto, nel 2010 si è giunti finalmente alla revisione definitiva del d.d.p. che istituisce la DOC “Amarone della Valpolicella”.

Oggi l’Amarone è uno dei simboli di Verona in Italia e nel mondo, alla pari di Romeo e Giulietta, e ha superato in popolarità persino il Recioto. Grazie alla buona struttura è l’ideale come vino da meditazione, ma è ottimo anche con i formaggi stagionati e i secondi di carne.

Vini nati per caso: Bolla Amarone, etichetta storica
Bolla Amarone, etichetta storica

2) Un marchigiano tra i vini nati per caso: il San Carro

Proseguiamo con un altro vino italiano nato per caso a Offida, il San Carro, la cui storia è narrata dal produttore Natalino Bartolomei nel libro “Ciù Ciù – Una storia di vino nelle Marche“. 

Correva l’anno 1982, quando ad Acquaviva Picena la vendemmia diede uve più dolci del solito, talmente zuccherine che il vino raggiunse i 14°-15°; inoltre faceva caldo e perciò la famiglia Bartolomei, temendo che la fermentazione riprendesse in bottiglia, decise di tenere per sé il vino.

Ma il caso volle diversamente: infatti, a causa di una svista, il fratello del signor Bartolomei scambiò le botti “incriminate” con quelle buone destinate alla vendita; se ne accorsero a cose fatte, quando i clienti iniziarono a lamentarsi di quel vino “troppo forte, troppo dolce e ricco di tannini“, salvo poi ricredersi (“dopo averlo provato e riprovato, non gli era affatto dispiaciuto“) e richiedere quello stesso vino nelle forniture successive.

Ancora oggi il San Carro si produce nei Tenimenti Bartolomei da uve Sangiovese, Merlot e Barbera. È un vino rosso e corposo, dai sentori di ciliegie e frutti di bosco, che si sposa bene con le carni.

3) White Zinfandel, il Primitivo americano

Il White Zinfandel è un vino bianco che si produce negli USA da uve a bacca nera Primitivo, alias Zinfandel, giunte sul suolo americano agli inizi del Novecento. Benché la paternità di questo vino sia da attribuire a David Bruce, come riportato da Charles L. Sullivan in “Zinfandel – A history of a grape and its wine“, a renderlo popolare fu Bob Trinchero della cantina californiana Sutter Home. Anche stavolta c’entra il caso.

Trinchero iniziò a produrre il White Zinfandel nel 1972, separando una parte del mosto dalle vinacce e facendolo fermentare fino a secchezza. Usò lo stesso metodo per produrre anche le annate successive ma in quella del ’74 la fermentazione si arrestò, lasciando il vino di colore rosa pallido e con un residuo di zuccheri del 2%. 

Inaspettatamente i clienti gradirono molto questa versione “sbagliata” e presto il White Zinfandel divenne il primo vino di Sutter Home ad andare in esaurimento scorte ogni anno.

4) Pineau des Charentes, un esperimento involontario

Pur non essendo propriamente un vino bensì una mistella, giacché si ottiene miscelando il mosto d’uva fresco con un distillato (il Cognac), anche il Pineau des Charentes merita una menzione tra i vini nati per caso, grazie alla storia piuttosto curiosa raccontata da Dale DeGroff nel libro “The Craft of the Cocktail“.

Secondo la leggenda, un produttore della Charente versò accidentalmente del mosto d’uva fresco in una botte di Cognac. Resosi conto dell’errore, l’uomo pensò di aver rovinato il distillato e perciò mise da parte la botte, fino a quando un paio d’anni dopo, spinto da curiosità, decise di assaggiarne il contenuto: il risultato di quell’esperimento involontario fu sorprendente.

Così nacque il Pineau des Charentes, ancora oggi considerato un eccellente vino da aperitivo o antipasto, che si sposa bene col salmone affumicato, il foie gras e i formaggi erborinati.

5) Anche lo Champagne tra i vini nati per caso

Non possiamo concludere questa rassegna di vini nati per caso senza parlare dello Champagne AOC, esponente di spicco dei vini spumanti. 

Secondo la tradizione fu il monaco benedettino Dom Pierre Pérignon (1638–1715) a “inventare” il rinomato vino francese nell’Abbazia di Hautvillers, in un’epoca in cui non si vedeva di buon occhio la spuma perché considerata indicatrice di errori nella produzione. “Presto, sto assaporando le stelle!” è ciò che avrebbe esclamato assaggiando il primo spumante della storia.

Dom Pérignon è considerato il padre dello Champagna, tra i vini nati per caso
Dom Pérignon è considerato il padre delle bollicine

La leggenda sulla nascita dello Champagne

Una versione della leggenda (riportata da Il Post) narra che Dom Pérignon aggiungesse apposta zucchero e fiori durante l’imbottigliamento, affinché il vino diventasse frizzante.

In realtà, per quanto le conoscenze enoiche del monaco fossero profonde (è suo il merito di aver selezionato i vigneti per la produzione dello Champagne), lo spumante non sarebbe esistito senza l’intervento di fattori ambientali allora incontrollabili: basse temperature in inverno, che bloccano la fermentazione del mosto, e alte temperature in primavera, che attivano la fermentazione in bottiglia responsabile dell’effervescenza.

Dom Pérignon, una reputazione “gonfiata”?

Nelle pagine del libro “A short history of wine” di Rod Phillips, si legge che a gonfiare la reputazione di Dom Pérignon per aumentare l’importanza di Hautvillers fu Dom Grossard, anch’egli monaco dell’Abbazia francese. Nella seconda metà del Novecento, la sua versione finì per essere accettata e tuttora Dom Pérignon è considerato il padre delle bollicine.


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Scritto da:

Redazione IV

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