La scienza degli spaghetti

La scienza si è occupata spesso degli spaghetti. Appurato che la pasta non fa ingrassare, la questione forse meglio conosciuta è quella relativa a come si spezza uno spaghetto crudo, piegato mentre è tenuto fermo per le estremità. Non si spezza in due, come è facile verificare, ma in tre, quattro o, a volte, anche più pezzi.
La questione intrigò anche il fisico Richard Feynman, Premio Nobel per la fisica nel 1965, che però non riuscì a scoprire le ragioni scientifiche del fenomeno. Si è dovuto attendere il dicembre del 2004, infatti, per mettere nero su bianco la teoria fisica che lo governa. La scoperta ha consegnato l’IgNobel per la Fisica nel 2006 a Basile Audoly e Sebastien Neukirch dell’Università Pierre e Marie Curie di Parigi.
Partendo da qui, vediamo altri risultati della Scienza degli Spaghetti.


Perché uno spaghetto piegato si spezza in più di due pezzi

Per osservare nei dettagli il fenomeno, si è dovuto attendere la disponibilità di fotocamere avanzatissime, capaci di migliaia (e poi milioni) di fotogrammi al secondo. Con un’osservazione diretta in mano, è stato quindi possibile ipotizzare una teoria sensata.

Nel 2006 Audoly e Neukirch si guadagnarono l’IgNobel per la Fisica proprio con un lavoro basato sull’osservazione diretta del fenomeno.

La rottura di uno spaghetto curvato parte, come spiegano Audoly e Neukirch, con una frattura in un punto intermedio, che lo divide in due parti, ciascuna con un estremo bloccato e l’altro libero. Cosa accade a ciascuna delle due parti?

Un esperimento preliminare

Un’immagine estratta dal lavoro citato aiuta a capire. Si esamini un caso più semplice: uno spaghetto è tenuto bloccato da un estremo, mentre l’altro estremo viene curvato. Giunti sulla soglia del punto di rottura, l’estremo viene rilasciato.
Lo spaghetto tende a raddrizzarsi a partire dall’estremo lasciato libero. L’energia elastica si propaga rapidamente, fin dove lo spaghetto è ancora curvato in prossimità del punto di rottura, e questo dovrebbe far sì che lo spaghetto si rompa.

Ho provato a riprodurre l’esperimento in casa, con la rimanenza di un pacchetto di spaghetti che non hanno entusiasmato per tenuta della cottura. Niente da fare, o spezzo lo spaghetto (in 3 o 4 pezzi) prima di lasciare libera un’estremità oppure l’estremità lasciata libera vibra ma non si spezza. È però difficile dosare la curvatura per fermarsi esattamente un pelo prima che lo spaghetto si spezzi. Quindi devo andare di fiducia.

Scienza degli spaghetti: perché si rompe

E ora l’esperimento completo

Nel caso di uno spaghetto tenuto per le due estremità e curvato, la prima frattura ci riporta nel caso appena esaminato, con entrambi gli spezzoni. Almeno uno dei due (quello più lungo) si spezza in due, e così ci ritroviamo con 3 o 4 spezzoni.

Un video su Youtube di Smarter Every Day aiuta a capire la meccanica del fenomeno.

La Scienza degli Spaghetti spiega anche cosa avviene a uno spaghetto mentre cuoce

Altro risultato fondamentale per l’Umanità: mentre cuoce, uno spaghetto non si ammolla semplicemente, ma si curva in modo anelastico. Vale a dire che, se tirato fuori prima che sia cotto, rimane piegato in due.
Scienza degli spaghetti: la cottura
Effetto della gravità? Se osservate lo spaghetto nelle prime fasi di cottura, quando ancora sporge dal pelo dell’acqua in ebollizione, in effetti lo vedete accasciarsi verso il basso, fino a che è ben piegato e può muoversi nello specchio d’acqua.

Ma il motivo primo della piegatura è un altro, spiega una ricerca di Nathaniel Goldberg and Oliver O’Reilly, del dipartimento di ingegneria meccanica della U.C. Berkeley’s.

La cottura dello spaghetto parte dallo strato esterno, che comincia ad assorbire acqua. Questo fa sì che lo spaghetto aumenti di volume dall’esterno, mentre la parte interna non ha ancora assorbito acqua. La tensione tra i due strati, unita alla forza di gravità, fa sì che lo spaghetto si pieghi, e rimanga piegato se lo si estrae dall’acqua in questa fase.

L’effetto è ben visibile se si lasciano gli spaghetti interi, mentre è meno marcato se, invece, si ha l’orrenda abitudine di spezzarli prima di immergerli nell’acqua.

Ecco, adesso avrò qualcosa da osservare, dopo aver lanciato la cottura con un «Alexa, timer da 10 minuti!».

Perché gli spaghetti vanno lessati senza spezzarli

Conosco diversi individui che per praticità, prima di lessarli, spezzano in due gli spaghetti, evitando così la fatica di spingerli a piegarsi per una cottura uniforme. È bene che si sappia, questa manovra non va fatta, snatura il godimento del piatto.

Il principio fisico alla base di questa affermazione sta nel modo in cui gli spaghetti si arrotolano intorno alla forchetta. Se li si lascia lunghi, è più semplice ottenere un rotolo ben condito di sugo e compatto, che rimane tale mentre lo si porta alla bocca. Se, invece, si spezzano in due, allora il rotolo è meno stabile e rischia di srotolarsi nella manovra, con rischio di perdere sugo in ogni direzione. Oltretutto l’operazione, a volte, diventa anche rumorosa, nella necessità di risucchiare gli spaghetti parzialmente srotolati.

L’importante osservazione si deve a Carolina Garofani, che bene ha descritto il problema in un divertente e istruttivo articolo su Medium.

Prima di confondere il lettore è d’obbligo una precisazione: chi spezza gli spaghetti in due lo fa prendendo un gruppo di spaghetti nelle due mani, forzandone la frattura. L’effetto non è lo stesso dell’esperimento descritto all’inizio, dove lo spaghetto è tenuto fermo per le estremità e piegato oltre il punto di rottura.

Bocconi rumorosi? Ci pensa la scienza degli spaghetti

Se, nonostante tutto, non si riesce ad arrotolare per ben gli spaghetti, e quindi si è costretti a risucchiarli in bocca, è bene sapere che una soluzione c’è.
Il problema è stato indirizzato da Nissin, azienda giapponese di produzione, tra l’altro, degli spaghetti di origine cinese, i noodle, gustati nel ramen, zuppa aromatica molto diffusa in Oriente. L’assenza di forchette costringe a gustarsi i noodle risucchiandoli in bocca. Il rumore prodotto, tradizionalmente considerato un segno di gradimento della pietanza, può però risultare fastidioso (immaginiamo un ristorante affollato all’ora di pranzo).

La Nissin non è solo produttrice Noodle e cuffie iper-tecnologichedi cibo, è anche un’azienda con grandi capacità creative in casa. Basti pensare alle meravigliose cuffie che ha prodotto in collaborazione con un’azienda di sviluppo di prodotti tecnologici, la HyperX.

Due sono gli accorgimenti escogitati per queste cuffie, battezzate “HyperX Cup MIX-In”: l’utilizzo di una forchetta al posto degli hashi, le classiche bacchette giapponesi, e una tecnologia avanzata di cancellazione del rumore.

Partiamo dalla forchetta: ingloba il microfono della cuffia e può essere staccata e utilizzata per annodare i noodle. Appropriato quindi il nome con cui è stata battezzata: Microphork™.

Per quanto riguarda la seconda innovazione, viene utilizzata una tecnologia che, rilevato il rumore, lo cancella generando un apposito rumore opposto che viene inviato alle cuffie. Così, se tutti i frequentatori del ristorante utilizzano le HyperX Cup MIX-In, nel locale si produrrà un concerto di risucchi, ma ognuno ascolterà indisturbato le sua musica preferita.

E se, invece, nessuno vuole indossare cuffie? Nissin ha una risposta anche per questo caso, una forchetta cancella-rumore, battezzata Hotohiko.

Qui la soluzione utilizzata non consiste solo nella cancellazione del rumore, ma si ispira a una tecnica già introdotta, sempre in Giappone, per i rumori molesti nelle toilette: cancellazione del rumore fastidioso e sovrapposizione con il rumore di uno sciacquone in azione.


Ecco allora il trionfo della Scienza degli Spaghetti: niente più risucchi nel ristorante, ma un concerto di sciacquoni. Mah.


Foto di apertura del post di Hans Braxmeier da Pixabay.

Scritto da:

Pasquale

Mi chiamo Pasquale Petrosino, radici campane, da alcuni anni sulle rive del lago di Lecco, dopo aver lungamente vissuto a Ivrea.
Ho attraversato 40 anni di tecnologia informatica, da quando progettavo hardware maneggiando i primi microprocessori, la memoria si misurava in kByte, e Ethernet era una novità fresca fresca, fino alla comparsa ed esplosione di Internet.
Tre passioni: la Tecnologia, la Matematica per diletto e le mie tre donne: la piccola Luna, Orsella e Valentina.
Potete contattarmi scrivendo a: p.petrosino@inchiostrovirtuale.it