In maniera inspiegabilmente intermittente i media si occupano della tragedia che si sta consumando ai confini dell’Europa, dove i migranti della cd rotta balcanica sono bloccati in una specie di limbo, privati di qualsiasi diritto.
Migranti invisibili
Temperature sotto lo zero, niente elettricità o acqua corrente, niente servizi igienici. A quasi due mesi dall’incendio che ha devastato il campo profughi di Lipa, queste sono le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i migranti nella zona a Nord-Ovest della Bosnia-Erzegovina, a pochi chilometri dalla frontiera con la Croazia.
L’incendio ha distrutto il campo di Lipa nello stesso giorno in cui l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ne aveva annunciato la chiusura in quanto inadeguato, perché privo di acqua, fognature ed elettricità. Ciononostante i migranti non sono stati trasferiti in altre strutture. Anzi, chi ha provato ad allontanarsi è stato fermato dalla polizia e rimandato indietro.
Campi chiusi
Nonostante il Paese sia da anni un importante snodo lungo la rotta balcanica, le autorità locali hanno chiuso alcuni campi, invece di aprirne altri o utilizzare quelli esistenti.
A venti chilometri da Lipa, infatti, sorge il campo di Bira, finanziato con 3,5 milioni di euro dall’Unione Europea, capace di ospitare più di mille persone, inutilizzato perché le comunità locali non vogliono che i migranti vengano ospitati nel centro.
Come spiegato da Nicola Bay, presidente del Danish refugee council:
C’era una proposta di aprire un centro di accoglienza a Tuzla, ma è stato bloccato sempre da parte delle autorità bosniache. I centri di Sarajevo sono sovraffollati, uno di questi è andato a fuoco l’8 gennaio. Anche se non sono mancati i finanziamenti dell’Unione Europea, si va di crisi in crisi quando arriva l’inverno, non c’è mai una volontà di risolvere la situazione.
È una questione di dignità e diritti umani – Dijana Muzička, responsabile umanitaria della Caritas Bosnia ed Erzegovina.
I migranti, provenienti per lo più da Pakistan e Afghanistan, ricevono un unico pasto al giorno, distribuito dalla Croce Rossa locale, ma non hanno vestiti adeguati alla neve e alle temperature del gelido inverno. L’unica fonte di acqua del campo è una condotta che spunta dal terreno, dalla quale sgorga acqua non potabile – come indicato anche in un cartello – che viene utilizzata dai migranti sia per l’igiene personale che per dissetarsi.
Molti soffrono di Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), ansia e insonnia, oltre a ipotermia, scabbia e infezioni causate dalle condizioni igieniche inadeguate, aggravate dalla totale assenza di assistenza medica.
Denunce ignorate
Nonostante le numerose denunce di profughi, Ong e funzionari delle Nazioni Unite, tutti continuano a ignorare le violenze sistematiche perpetrate dalla polizia contro i migranti, provate anche da numerosi report giornalistici.
Una violenza perpetrata non solo all’interno del campo, ma anche alla frontiera. Infatti, i migranti che riescono ad arrivare al confine con la Croazia vengono fermati, derubati del poco che hanno, picchiati, denudati e, infine, rimandati indietro. Una pratica che viola i diritti fondamentali dell’Unione Europea e della CEDU.
Lo scorso 6 gennaio, il portavoce dell’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha affermato che le autorità bosniache:
Devono assumersi le proprie responsabilità. Negli ultimi due anni abbiamo fornito oltre 90 milioni di euro per centri, attrezzature, assistenza medica e sociale.
Il 29 gennaio, alcuni eurodeputati del PD, Brando Benifei, Pietro Bartolo, Alessandra Moretti, Pierfrancesco Majorin, si sono recati al confine con la Croazia per visitare i campi profughi. Tuttavia, per molte ore sono rimasti bloccati dalla polizia.
La situazione si è poi sbloccata grazie all’intervento delle nostre ambasciate a Zagabria e Sarajevo. Quanto accaduto resta comunque gravissimo e porta a chiedersi: se questo è stato l’atteggiamento nei confronti di quattro europarlamentari, con tanto di giornalisti al seguito, cosa succede realmente ai migranti lontano dalle telecamere?
Che cosa sta facendo l’Unione Europea?
L’Unione Europea se, da un lato, ha inviato circa 90 milioni di euro da investire nei centri di accoglienza, dall’altro, però, pretende che i migranti arrivati in territorio bosniaco restino in Bosnia, pur sapendo che quella non è la mèta finale di chi intraprende la rotta balcanica.
I migranti, infatti, cercano di arrivare in un Paese comunitario, ma la polizia di frontiera glielo impedisce in un gioco al massacro finalizzato unicamente a segregare questi disperati al di là della frontiera così da evitare che possano esercitare il diritto di asilo.
Non possiamo chiedere a quel Paese di gestire tutto il flusso migratorio di cui noi non vogliamo occuparci sul nostro territorio – Maria Arena, presidente della sottocommissione per i Diritti umani.
Le responsabilità dell’Unione Europea sono chiare. L’attuale crisi umanitaria è una conseguenza della politica di rafforzare i propri confini bloccando migliaia di persone nell’estrema periferia del territorio europeo o nei Paesi confinanti – Eve Geddie, direttrice dell’ufficio di rappresentanza di Amnesty nelle istituzioni europee.
Lo scorso novembre, dopo il rapporto di Amnesty International, l’ufficio del difensore civico europeo ha annunciato l’apertura di un’inchiesta – tuttora in corso – volta a indagare le responsabilità della Commissione europea per gli abusi e le violazioni dei diritti umani perpetrati al confine con la Croazia.
Avvocato e redattrice, nonché co-fondatrice di Inchiostro Virtuale.
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