Seconda parte di Medicina nell’Occidente medievale – rubrica interna di Storia della Medicina del Vecchio Mondo – dove si parla del culto dei santi, di miracoli e punizioni divine. Buona lettura!
IndiceCulto dei santi, miracoli e punizioni divine |
“[…] La gente allora è presa dal desiderio di mettersi in pellegrinaggio e d’andare per contrade forestiere alla ricerca di lontani santuari variamente noti, e fin dalle più remote parti d’ogni contea d’Inghilterra molti si recano specialmente a Canterbury, a visitare quel Santo Martire benedetto che li ha soccorsi quand’erano malati.” [Racconti di Canterbury]
Credo che non sia esagerato affermare che il Medioevo fu l’epoca d’oro della religione Cattolica. C’era un sentimento religioso diffuso e profondo, che coinvolgeva anche gli aspetti profani della vita quotidiana. Racconta un nobile francese, nella sua biografia del re Luigi IX, che un giorno si dimenticò che era venerdì, e lui stava mangiando carne; per tale motivo decise di fare penitenza.
Il re Luigi IX aveva qualcosa di speciale rispetto agli altri, tanto che fu poi santificato. San Luigi, dunque; la religione Cattolica ammette così tanti santi e sante che qualcuno, in passato, non ha esitato a definirla una religione politeista.
La Chiesa assegnò il nome di un santo a buona parte delle malattie. Ma fu un’altra iniziativa che prese ad avere dei riscontri assai più tangibili: decise di promuovere le reliquie dei santi come cura di alcune malattie.
La nascita del culto dei santi
Nacque così il culto dei santi, che venivano chiamati ausiliari o adiuvanti: San Biagio che proteggeva la gola, Sant’Agazio invocato contro l’emicrania, Sant’Anna protettrice del parto, Sant’Apollonia che curava i denti, San Vito chiamato in causa contro la còrea, l’epilessia… e via dicendo.
I più importanti erano forse i patroni dei medici, i santi Cosma e Damiano (anche Cosma era un uomo, ndr). Essi erano noti come santi anargiri, perché pare che in vita non accettassero un compenso per le loro cure. Sono noti per un miracolo: circa 300 anni dopo il martirio – furono decapitati sotto Diocleziano – apparvero in sogno a un uomo, il quale pativa per una cancrena alla gamba. Si dice che si risvegliò guarito e con una gamba nera, poiché i santi avevano sostituito la gamba malata con quella di un Etiope.
Il culto dei santi spingeva i fedeli e gli ammalati in pellegrinaggio, dando un’ulteriore spinta a quella che era già un’abitudine radicata. E a proposito di ciò, racconteremo dei prodigi di Sant’Antonio.
I prodigi di Sant’Antonio
In epoca Medievale era ben nota una malattia chiamata fuoco di Sant’Antonio, o fuoco sacro, a causa della quale gli arti “si annerivano come il carbone”: in poche parole era una gangrena accompagnata da una sensazione di bruciore incoercibile. Così erano tanti i pellegrini che andavano al santuario per invocare la grazia di Sant’Antonio; e la permanenza al santuario alleviava la sofferenza.
Ancora un miracolo? In realtà abbiamo una spiegazione razionale per il fenomeno.
Queste epidemie di fuoco di Sant’Antonio erano l’esito di un avvelenamento da ergot, cioè il fungo Claviceps purpurea. Questo fungo ha l’abitudine di parassitare la segale, con cui si preparano le farine che stanno alla base dell’alimentazione della gente povera. Da qui la cancrena, ma potevano manifestarsi altri effetti nocivi, per esempio era frequente l’effetto abortivo e taluni avevano allucinazioni.
I malati che andavano in pellegrinaggio al santuario mangiavano, probabilmente, pane non contaminato, e l’attenuazione o la scomparsa dei sintomi dell’intossicazione venivano visti come un miracolo del santo.
Miracoli e taumaturghi
L’immaginario medievale era impregnato di miracoli, ne succedevano assai spesso, e la ragione è semplice: loro ci credevano profondamente e, quando succedeva un fatto fuori dall’ordinario, loro sentivano che si trattava di un miracolo. Ognuno spiega ciò che vede con gli strumenti di cui dispone.
Chi sapeva compiere prodigi e miracoli veniva riverito come taumaturgo. Ad avere il titolo di taumaturghi furono alcuni re, nello specifico i re di Francia e Inghilterra: la tradizione voleva che potessero guarire la scrofola – una adenite tubercolare provocata dal Mycobacterium tuberculosis – tramite l’imposizione delle mani. Per esempio, sappiamo che un certo Lanfranchino, del castello di Montarrenti, nell’aprile 1258 partì alla volta della Francia per farsi guarire dal nostro Luigi IX il Santo. Un documento dell’epoca riporta:
“Infermitate in gula […] que nuncupatur ghiandorle.”
La religione ha influito anche su come venivano percepite certe malattie e certe categorie di malati. Per concludere questo articolo ci concentreremo su una malattia particolare, il morbo di Hansen, che i nostri antenati chiamavano lebbra.
Punizioni divine: la lebbra
“Apparve una figura bianca. Si fermò un momento, e sembrò guardarsi intorno; poi, lentamente e quasi piegata in due, prese ad avanzare nella radura. Ad ogni passo la campanella suonava. Non aveva volto; un cappuccio bianco, senza neppure aperture per gli occhi, velava tutta la testa; e come la figura avanzava, sembrava che cercasse il cammino tastando il suolo con un bastone. La paura s’impadronì dei ragazzi, fredda come la morte. Un lebbroso!”
[La freccia nera]
La lebbra è causata dal Mycobacterium leprae, che privilegia sedi “fredde” dell’organismo per replicarsi – la pelle, i nervi periferici, le orecchie, etc. – e lo fa lentamente. È necessario un contatto prolungato perché si abbia il contagio e la maggior parte delle persone non manifesta i sintomi.
È una malattia altamente sfigurante, e può dare cecità, che ha abbondantemente imperversato durante l’Antichità e il Medioevo. La sua natura deformante e inguaribile scatenava il terrore, e si faceva di tutto per tenere lontani i lebbrosi.
“Dio ha separato il lebbroso da tutta la parentela umana.”
La società medievale e i lebbrosi
Nel periodo Medievale l’atteggiamento nei confronti di questi malati è stato ambivalente. Da una parte la pietà, dall’altra un odio feroce che più di una volta è culminato in forme di linciaggio. La lebbra veniva considerata da quelle genti una punizione divina e i lebbrosi erano ritenuti persone immorali, al pari di prostitute, eretici ed ebrei.
Inizialmente furono sacerdoti e vescovi a decretare se qualcuno era malato di lebbra – possiamo solo immaginare quanto ciò abbia contribuito a togliere di mezzo personaggi scomodi. In seguito, però, venne istituito un tribunale presieduto da medici; essi valutavano la sensibilità della pelle di mani e piedi e altri fattori.
Di carattere religioso era anche il rituale che scandiva la fine della vita in società e l’inizio dell’isolamento. Sembrava un autentico funerale. I lebbrosi venivano confinati nei numerosi lebbrosari, da cui potevano uscire in certi orari per andare a chiedere l’elemosina.
Dovevano seguire delle regole di comportamento molto rigide, chiamate difese, indossare una certa veste, portare con sé una cliquette, uno strumento in legno che produceva un forte rumore e avvisava che un malato di lebbra era in avvicinamento.
Nell’episodio 10 racconteremo di come si studiava la Medicina nell’occidente medievale.
FontiGiacomo Tasca – Storia della Medicina: dalla Preistoria alla fine dell’Ottocento |
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