
La disforia di genere è un senso di angoscia che si manifesta quando l’identità di genere (la percezione di sé come uomo, donna o non binario) non corrisponde al sesso assegnato alla nascita (maschile, femminile, intersessuale). Vediamo come viene diagnosticata e gestita.
Diciamo sin da subito che, sebbene sia inclusa nel DSM – Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, la disforia di genere non è una malattia mentale (infatti, dalla quinta edizione, il termine “disforia” sostituisce l’inappropriato “disturbo”)1 e può manifestarsi negli adulti, negli adolescenti e persino nei bambini. Viene diagnosticata con i seguenti criteri.
Diagnosi negli adulti e adolescenti
Il DSM-5 prevede due criteri principali: A (incongruenza tra sesso e genere) e B (sofferenza associata all’incongruenza).
Criterio A
Incongruenza tra identità di genere e sesso biologico che dura da almeno 6 mesi e si manifesta con due o più dei seguenti criteri:
- incongruenza tra identità di genere e caratteri sessuali primari e/o secondari;
- volontà di liberarsi dei caratteri sessuali primari e/o secondari;
- brama per i caratteri sessuali primari e/o secondari del genere opposto;
- desiderio di essere trattato come membro del genere opposto o di uno alternativo;
- convinzione di avere le reazioni e i sentimenti tipici del genere opposto o di uno alternativo.
Criterio B
Sofferenza clinicamente significativa, che può compromettere le relazioni e le attività quotidiane.
Diagnosi nei bambini
Per quanto riguarda i più piccoli, invece, il discorso si complica. Oltre ai criteri A e B visti in precedenza, infatti, dovrebbero essere soddisfatti almeno sei dei seguenti criteri, di cui uno dev’essere necessariamente il primo:
- incongruenza tra identità di genere e caratteri sessuali;
- voler indossare i vestiti del genere opposto;
- preferire i ruoli stereotipicamente attribuiti al genere opposto, quando si gioca “a fare finta di”;
- prediligere giochi stereotipicamente associati al genere opposto;
- forte rifiuto per giochi stereotipicamente associati al genere assegnato;
- preferire la compagnia degli amici di genere opposto;
- avversione marcata verso la propria anatomia sessuale;
- desiderare fortemente le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie del genere opposto.
Ma come mai alcune persone non si sentono a proprio agio con il sesso biologico? È possibile stimare il problema? La risposta a questi, e altri interrogativi, nelle prossime righe.
Cause e diffusione del fenomeno
Le cause alla base della disforia di genere non sono ancora chiare, ma i risultati di alcuni test sui ratti femmina suggeriscono che l’esposizione ad alterati liveli di testosterone prima e dopo la nascita aumenterebbero il rischio di svilupparla.2
Le evidenze sugli umani, tuttavia, sono troppo limitate per confermare questa ipotesi e non derivano da persone sane, ma da quelle esposte a livelli ormonali alterati per via di malattie congenite.
Gestione della disforia di genere
Nella penisola sono presenti diversi centri e strutture pubbliche, che prendono in carico gli assistiti durante la transizione. Tali strutture, in cui operano psicologi, endocrinologi e chirurghi, adottano i protocolli dell’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere (ONIG) basati sulle Linee Guida della WPATH – la più importante società scientifica del settore.
Attraverso una combinazione di psicoterapia, farmacoterapia e chirurgia, dunque, gli specialisti mirano a ridurre l’angoscia, tratto distintivo e altamente disfunzionale della disforia di genere. Il trattamento è altamente personalizzato, perché ciò che può andar bene a una persona non è detto vada bene a un’altra. Conosciamo una per una le possibili strategie.
1) Psicoterapia
Oltre a supportare gli assistiti e le famiglie durante la transizione, la psicoterapia ha l’obiettivo di ridurre lo stress a cui sono cronicamente esposte le persone transgender e la possibilità di sviluppare malattie psichiatriche,3 quali:
- ansia e depressione;
- sociofobia e abuso di sostanze;
- disturbi del comportamento alimentare.
Effettuata prima, durante e dopo la transizione, ne aumenta le probabilità di successo.
2) Terapia ormonale
L’assunzione degli ormoni possiede scopi differenti in base all’età, infatti:
- nei preadolescenti ritarda la pubertà, cioè lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, quali barba o seno, che riprenderà il suo corso dopo la sospensione del trattamento. I farmaci di elezione sono gli analoghi del GnRH, che sopprimono la produzione di androgeni o estrogeni, indicati a partire dai 12-13 anni (nei bambini più piccoli non esistono prove di sicurezza);4
- invece, nei maggiorenni, femminilizza o mascolinizza il corpo producendo cambiamenti parzialmente reversibili, richiedendo il superamento di una visita psicologica attestante la capacità di prendere decisioni informate.
Terapia femminilizzante
Come dice il nome stesso femminilizza il corpo, pertanto serve per riallineare le caratteristiche di coloro con sesso biologico maschile che si percepiscono donne. Prevede l’associazione di un estrogeno (etinilestradiolo), per via orale o transdermica, con un antiandrogeno (ad esempio, lo spironolattone o il ciproterone acetato) per via orale, in modo tale da ridurne gli effetti indesiderati.
Qui di seguito riportiamo gli effetti della terapia.
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Terapia mascolinizzante
Mascolinizza il corpo, pertanto è indicata per riallineare le caratteristiche di coloro con sesso biologico femminile che si percepiscono uomini. Prevede la somministrazione di testosterone per via intramuscolare o transdermica, in quanto è meno efficace per via orale.
Qui di seguito riportiamo gli effetti della terapia.
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Effetti indesiderati
Come tutte le altre terapie, quelle con androgeni o estrogeni, non sono prive di rischi. Qui di seguito riportiamo quelli più probabili.
Rischi probabilmente aumentati dalla terapia con estrogeni: |
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Rischi probabilmente aumentati dalla terapia con androgeni: |
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Chirurgia ricostruttiva ed estetica
La chirurgia provoca cambiamenti irreversibili, pertanto richiede una visita psicologica attestante l’idoneità della persona transgender, che inoltre dovrà vivere per almeno un anno nel ruolo congruente alla sua identità (da donna se si sente donna, da uomo se si sente uomo).
Per le persone transgender MtF, gli interventi includono:
- la mastoplastica additiva, che può avvenire attraverso l’impianto di protesi o il lipofilling (riempimento con il grasso prelevato dalla stessa persona), che richiede la terapia con estrogeni nell’anno precedente l’operazione per migliori isultati estetici. Tra i possibili rischi si annoverano infezioni e fibrosi;
- l’asportazione di pene e testicoli, seguita dalla ricostruzione di vagina, clitoride e labbra. In seguito all’intervento si possono manifestare: necrosi di neovagina e labbra; canali di collegamento (fistole) tra vescica o intestino e neovagina; restringimento (stenosi) dell’uretra e neovagina troppo corta per il coito;
- interventi estetici come la femminilizzazione del volto, l’operazione alle corde vocali, la rimozione del pomo d’Adamo e il trapianto di capelli.
Invece, le persone transgendere FtM possono sottoporsi a:
- mastectomia (asportazione del seno) e ricostruzione del torace. Tra le possibili complicanze: la necrosi dei capezzoli, l’irregolarità dei contorni e antiestetiche cicatrici;
- asportazione di utero e ovaie, seguita dalla ricostruzione di pene, testicoli e scroto, il tutto da eseguire in due fasi. È indicata la terapia con androgeni nell’anno precedente l’operazione per bloccare le mestruazioni. Tra le possibili complicanze vi sono la necrosi del neofallo, fistole e stenosi dell’uretra;
- interventi estetici come l’operazione alle corde vocali (rara), l’impianto di protesi pettorali, liposuzione e lipofilling.
Per maggiori dettagli sulla riattribuzione chirurgica del sesso, vi rimandiamo al sito ufficiale della SIAMS.
Consigli di lettura
Se l’articolo vi è piaciuto, leggete “Gabriel esiste: un gioco da ragazzo“.
Riferimenti bibliografici:
- Sean R Atkinson, Darren Russell. Gender Dysphoria. Australian Family Physician. Volume 44, Issue 11, November 2025 (link);
- Hines M, Constantinescu M, Spencer D. Early androgen exposure and human gender development. Biol Sex Differ. 2015 Feb 26;6:3. doi: 10.1186/s13293-015-0022-1. PMID: 25745554; PMCID: PMC4350266;
- Moleiro C, Pinto N. Sexual orientation and gender identity: review of concepts, controversies and their relation to psychopathology classification systems. Front Psychol. 2015 Oct 1;6:1511. doi: 10.3389/fpsyg.2015.01511. PMID: 26483748; PMCID: PMC4589638;
- Analoghi del GnRH: agonisti e antagonisti a cura di G. Scarselli, C. Comparetto e M. E. Coccia.
Crediti fotografici
Foto di apertura generata da Google Gemini.
L’articolo ha uno scopo puramente illustrativo e non sostituisce il rapporto medico-paziente.

Pubblicista, ex collaboratrice de L’Unione Sarda.
Sono cofondatrice e caporedattrice di Inchiostro Virtuale.
Potete contattarmi scrivendo a j.zanza@inchiostrovirtuale.it