Amirsalar Davoudi

Amirsalar Davoudi, avvocato iraniano per i diritti umani, è stato condannato a 30 anni di carcere e a 111 frustate.

Tannaz Kolahchian, moglie dell’avvocato Amirsalar Davoudi, ha reso noto pochi giorni fa via Twitter l’esito del processo a carico del marito. Davoudi era stato arrestato il 20 novembre dello scorso anno nel suo ufficio dagli agenti dei servizi segreti iraniani e portato nel carcere di massima sicurezza di Evin, dove è stato tenuto per un lungo periodo in isolamento con particolari limitazioni al diritto di vedere il suo avvocato di fiducia e i familiari.

Alcune associazioni che si occupano della tutela dei diritti umani temono che il legale possa essere stato anche torturato nel penitenziario di Teheran.

Secondo la sezione 15 del Tribunale rivoluzionario di Teheran, che lo ha condannato a 30 anni di carcere e 111 frustate, Amirsalar Davoudi è colpevole di “offesa a pubblici ufficiali“, “offesa alla Guida suprema“, “diffusione di propaganda contro il sistema” e “costituzione di un gruppo allo scopo di danneggiare la sicurezza nazionale“. In base all’articolo 134 del Codice Penale che prevede, in caso di condanna per tre o più reati, di scontare la condanna più lunga imposta per la più grave delle imputazioni, l’avvocato iraniano dovrà trascorrere in carcere almeno 15 anni.

La propaganda di cui si è reso colpevole consisteva nel rilascio di interviste, da parte di coloro che avevano subito o che erano a conoscenza di violazioni dei diritti umani nel Paese, mentre il gruppo costituito per commettere il reato altro non è che un canale Telegram creato per segnalare violazioni dei diritti umani tra avvocati.

Amirsalar Davoudi è conosciuto per aver difeso prigionieri politici, appartenenti a minoranze etniche e attivisti per i diritti umani.

Tra novembre e dicembre in Iran sono stati arrestati anche gli avvocati Qasem Sholehsadi, Arash Keykhosravi e Mohammad Najafi, sempre per il loro impegno nella difesa dei diritti umani.

Nonostante la mobilitazione internazionale intervenuta a seguito della sentenza pronunciata, lo scorso 12 marzo, nei confronti di Nasrin Sotoudeh, avvocatessa dei diritti umani, condannata a 33 anni di carcere e a 148 frustate per “aver diffuso propaganda e cospirazione, mettendo in pericolo la sicurezza dello stato”, gli arresti contro gli avvocati non si fermano.

Una vera e propria emergenza, quella che si sta consumando in Iran: non riuscendo ad imbavagliare tutti gli oppositori al Regime, si è letteralmente passati a perseguitare coloro che, in nome dei principi riconosciuti tanto a livello internazionale quanto dalla stessa legge iraniana e coranica, per lavoro difendono e denunciano i diritti umani.

Da tempo alcune organizzazioni a tutela dei diritti umani hanno chiesto agli organi di competenza iraniani di rimanere in linea con i principi fondamentali delle Nazioni Unite sul ruolo degli Ordini degli Avvocati, in particolare il principio secondo cui le autorità hanno il dovere di “assicurare che gli avvocati siano in grado di svolgere tutti i loro doveri professionali senza ostacolo, intimidazione, molestia o indebita interferenza”.

L’Unione Nazionale Camere Civili ha rilasciato un comunicato stampa:

Nel silenzio assordante dei mezzi di comunicazione, apprendiamo grazie ad Amnesty international che il nostro collega Amirsalar Davoudi avvocato iraniano difensore dei diritti umani, è stato condannato a 30 di carcere e a 111 frustate. Il diritto di difesa deve essere libero e tutelato, perché rappresenta la forma più elevata di democrazia. ll tentativo di eliminare la difesa colpendo gli Avvocati che la esercitano conduce ad uno stato di barbarie. L’UNCC esprime solidarietà a Tutti gli Avvocati ingiustamente e duramente puniti per aver svolto la loro professione. Siamo certi che vi sarà un intervento immediato delle Istituzioni, alle quali si chiede anche un doveroso aggiornamento sulle iniziative poste in essere nell’interesse della Collega Nasrin Sotoudeh.

È il momento di prendere atto che le mobilitazioni internazionali non siano, senza concreti provvedimenti degli organi di competenza, in grado richiamare l’Iran al rispetto della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, sottoscritta e ratificata nel 1975, ma violata ad ogni occasione di critica contro il Regime.

Scritto da:

Virginia Taddei

Avvocato e redattrice, nonché co-fondatrice di Inchiostro Virtuale.
Potete contattarmi inviando una mail a v.taddei@inchiostrovirtuale.it