Amazzonia incendi

Il dramma ambientale dell’Amazzonia, che si consuma ormai da settimane, ha finalmente mobilitato media e leader mondiali ed è stato oggetto del G7, che si sta svolgendo in queste ore a Biarritz, in Francia.

Dalla Russia alla Brexit, passando soprattutto per gli incendi in Amazzonia, è lungo l’elenco dei temi che i leader di Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti stanno affrontando al G7 di Biarritz.

L’Istituto nazionale per la ricerca spaziale, che ha rilevato da gennaio un incremento dell’84% degli incendi nella foresta amazzonica rispetto all’anno precedente, ha lanciato un allarme in quanto la foresta pluviale amazzonica è un deposito di carbonio vitale che rallenta il ritmo del riscaldamento a livello globale.

Un disastro che Bolsonaro ha fatto di tutto per negare.

Dapprima bollando i dati come “menzogne”, poi addossando la responsabilità in capo agli agricoltori, accusandoli di avere dato alle fiamme migliaia di ettari al fine di ottenere terreno coltivabile, e infine incolpando le Ong, che avrebbero, a suo dire, provocato i roghi come risposta al taglio dei finanziamenti del Governo.

Già a luglio Bolsonaro si era scontrato con il direttore dell’Inpe, Ricardo Galvão, accusandolo di mentire sulle dimensioni della deforestazione dell’Amazzonia e di provare a minare il suo governo:

Mi chiamavano Captain Chainsaw (ovvero capitan motosega, per i dati relativi alla deforestazione in Amazzonia), adesso sono Nerone. 

La deforestazione è ritenuta dagli esperti la causa principale degli incendi.

Paulo Moutinho, ricercatore dell’Istituto di ricerca ambientale sull’Amazzonia (Ipam), ha spiegato che la deforestazione è la causa principale dell’aumento degli incendi in Amazzonia:

Storicamente gli incendi sono legati all’avanzata della deforestazione, insieme a periodi di intensa stagione secca. Ma nel 2019 non c’è stata una siccità così grave come negli anni precedenti, mentre c’è un aumento notevole degli incendi. Dunque tutto indica che la stagione secca non sia affatto il fattore predominante. Se ci fosse stata più siccità sarebbe stato molto peggio.

Bolsonaro, oltre alla comunità internazionale, deve anche fare i conti con la popolazione brasiliana scesa in piazza per protestare contro la politica ambientale del governo.

Norvegia e Germania, i due principali contribuenti del Fondo Amazzonia del governo brasiliano per finanziare la protezione della foresta, hanno sospeso le donazioni in aperta polemica con le posizioni di Bolsonaro.

Inoltre, la Conferenza episcopale brasiliana, si è rivolta ai governi lanciando un accorato appello:

È urgente che i Governi dei Paesi amazzonici, specialmente il Brasile, adottino provvedimenti seri per salvare una regione determinante per l’equilibrio ecologico del pianeta.

Il presidente boliviano Evo Morales ha chiesto una riunione urgente dei ministri degli Esteri dei Paesi che integrano l’Organizzazione del Trattato di cooperazione amazzonica (Otca), la cui convocazione è però a rischio poiché alcuni dei membri si rifiutano di partecipare per non trovarsi accanto ai rappresentanti del governo del Venezuela.

Il presidente francese, Emmanuel Macron, nel discorso di apertura del vertice del G7 ha sollecitato proprio una mobilitazione di tutte le potenze per scongiurare il disastro ambientale.

Bolsonaro ha lanciato il suo messaggio ai Paesi del G7 di Biarritz.

In un discorso a reti unificate, ha affermato che i roghi non sono al di sopra della media degli ultimi 15 anni e, comunque, non possono servire come pretesto per imporre sanzioni internazionali contro Brasilia.

Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha affermato che nel mezzo della crisi climatica globale in cui ci troviamo non possiamo permetterci altri danni a una considerevole risorsa di ossigeno e biodiversità.

La portavoce dell’Esecutivo UE, Mina Andreeva, ha ribadito la necessità dell’accordo commerciale UE-Mercosur.

L’accordo di libero scambio è stato raggiunto lo scorso giugno, dopo 20 anni di negoziati, e vincola i paesi contraenti (UE da un lato, Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay dall’altro) alla lotta alla deforestazione e al rispetto degli impegni presi con l’accordo sul clima di Parigi. Ma potrebbe entrare in vigore non prima di 2 o 3 anni.

Scritto da:

Virginia Taddei

Avvocato e redattrice, nonché co-fondatrice di Inchiostro Virtuale.
Potete contattarmi inviando una mail a v.taddei@inchiostrovirtuale.it