Acqua alta a Venezia

La città di Venezia da secoli lotta contro un fenomeno del tutto naturale, quello dell’acqua alta, di cui tutti, almeno una volta, abbiamo sentito parlare. Vi basterà sapere che la prima testimonianza certa di estesi allagamenti nella laguna della Serenissima risale al 17 ottobre 589, secondo la narrazione di Paolo Diacono nella “Rotta della Cucca“.

È invece di pochi giorni fa, il 12 novembre, la notizia di un nuovo record in altezza: ben 187 centimetri, misura ritenuta seconda solo all’evento poi denominato “acqua granda” del 1966. Di preciso, però, di cosa si tratta? Scopriamolo insieme!

Acqua alta e scienza

Nel dialetto veneziano le espressioni aqua alta e aqua bassa in origine significavano semplicemente alta marea e bassa marea. Questo perché in origine il fenomeno dipendeva quasi esclusivamente dal naturale e ciclico movimento delle acque.
Col tempo, nel linguaggio comune “acqua alta” ha finito per indicare i picchi al di fuori della norma, assumendo così il significato attuale di “allagamento per alta marea eccezionale“.

In condizioni normali la marea nella laguna di Venezia presenta escursioni di 60–70 centimetri su un periodo di circa 12 ore. Ci sono però numerosi fattori che incidono su questi numeri, alcuni dei quali naturali, altri, purtroppo, causati dall’intervento dell’uomo.

Cause naturali dell’acqua alta

Sono principalmente tre:

1. La più ovvia, la marea astronomica. In particolare nel mar Adriatico, così come nell’intero Mediterraneo, si riscontra la marea con frequenza a 12 ore e 14 giorni. A grandi linee, viene calcolata al passaggio della luna al meridiano, periodo leggermente superiore alle 24 ore a causa dei moti combinati di rotazione terrestre e rivoluzione lunare, e in base alle fasi lunari, dove la marea è maggiore con la luna piena e minore con luna nuova.

2. I venti. Il più temuto è il vento di scirocco, che, con la direzione sud-nord, spinge maggiormente le acque del mediterraneo verso il nord, appunto, andando a colpire il bacino veneziano. L’altro vento “colpevole” è la bora, la cui caratteristica è di essere un vento “discontinuo“, ovvero di manifestarsi con raffiche più forti, intervallate dalle raffiche meno intense, dette refoli. Soffiando in prevalenza da est, questo vento spinge verso l’entroterra ed ostacola localmente il deflusso delle lagune e dei fiumi del litorale veneto.

Un detto tipicamente triestino dice:

La Bora nassi in Dalmazia, la se scadena a Trieste e la mori a Venezia
(la bora nasce in Dalmazia, si scatena a Trieste e muore a Venezia).

3. La pioggia che, combinata con la bassa pressione, può portare a precipitazioni più abbondanti, andando ad aggiungere acqua all’acqua.

Cause semi naturali

1. La subsidenza – il naturale abbassamento della città dovuto alla conformazione particolare del terreno.

Come ho raccontato in precedenza (un click qui se vi siete persi l’articolo), Venezia nasce su un terreno in precedenza paludoso, bonificato proprio per permettere la costruzione della città. Le case ed i palazzi poggiano in sostanza su dei pali di legno piantati nel caranto, lo strato di argilla compatta presente sul fondo della Laguna.

Tra il caranto, coperto dal fango, e la base delle costruzioni, passa l’acqua cosiddetta sotterranea, che fa da cuscinetto. Purtroppo una parte di quest’acqua è stata prelevata dall’uomo per alimentare le industrie chimiche di Porto Marghera, facendo in questo modo aumentare la naturale subsidenza della Serenissima. Si è calcolato che negli ultimi 300 anni la città si sia abbassata di quasi 50 centimetri.

2. L’eustatismo, ossia l’aumento del livello medio dei mari. E qui entrano in campo diverse cause, tra cui quella principale è, ancora una volta, scatenata in gran parte dall’uomo: il surriscaldamento globale. Per saperne di più leggete l’articolo di Virginia!

Il centro previsioni e segnalazioni maree veneziano, la cui sede è presso Palazzo Cavalli, nel sestiere San Marco, ha calcolato che la perdita totale di quota altimetrica della città dal 1897 è pari a 26 centimetri, di cui 12 per subsidenza e 14 per eustatismo.

I danni causati dall’uomo

Qui, onestamente, l’elenco si spreca. Partiamo dalla più accusata, ossia la realizzazione della zona industriale di Porto Marghera.

Innanzitutto la maggior parte della zona è stata ricavata bonificando vaste estensioni di laguna, in precedenza occupate da barene, isolotti di poco sporgenti che, in caso di alta marea, agivano da vaso di espansione.
In secondo luogo, per permettere alle petroliere di raggiungere le banchine di scarico è stato scavato il profondo Canale dei Petroli, che parte dalla bocca di porto di Malamocco e raggiunge la terraferma. Quest’opera ha ingrandito considerevolmente la sezione della bocca di porto aumentando così la quantità di acqua che entra in laguna.

A seguire si incolpano la costruzione del Ponte Ferroviario (1841-1846), quella del Ponte della Libertà (1931-1933), la realizzazione dell’isola artificiale del Tronchetto, con una superficie di 17 ettari (1957-1961), e il raddoppio del ponte ferroviario (1977).

La costruzione dei ponti translagunari e i loro successivi ampliamenti hanno inciso per due motivi nell’idrologia della zona: in primo luogo le numerossissime pile di sostegno hanno sottratto spazio prima occupato dall’acqua, in secondo luogo la marea risulta canalizzata lungo gli spazi tra una pila e l’altra, cosa che influenza quindi la velocità dell’acqua, da cui dipende anche la propagazione di marea.

E ce ne sono altri che non ho citato!

Lo zero del 1897

No, non sono impazzita. Lo so che nella cifra “1897” non è presente alcuno zero. 🙂

Stazione mareografica
Stazione mareografica a Punta della Salute

Per convenzione a Venezia le altezze di marea sono rilevate dalla stazione ubicata alla Punta della Dogana (o Punta della Salute), alla quale è riferito anche lo zero mareografico, misurato proprio nel 1897.
Lo Zero Mareografico di Punta della Salute (ZMPS) è circa 23 centimetri più basso rispetto allo zero individuato dall’Istituto geografico militare (Igm).

In base alle rilevazioni c’è una distinzione sul “grado” di pericolosità della marea in arrivo, così suddiviso:

  • marea sostenuta – tra +80 e +109 centimetri sullo zero mareografico;
  • marea molto sostenuta – tra +110 e +139 centimetri;
  • alta marea eccezionale – dai 140 centimetri in su.

Qualora il livello previsto eguagli o superi i 110 centimetri, con circa tre ore di anticipo sull’arrivo del picco di marea entra in funzione un sistema di sirene d’allarme, in grado di allertare l’intera popolazione. Questo sistema non limita i danni causati dall’acqua, ma è di utilità per evitare incidenti mortali.

Piazza San Marco si trova “solo” 60 centimetri al di sopra del livello medio mare, ecco perché è una delle prime zone che viene colpita in caso di acqua alta. Ed ecco perché quando si cercano immagini, in maggior parte queste rappresentano la piazza inondata, con le famose passerelle per i turisti (che diventano inutili in casi di acqua alta superiore ai 140 centimetri – i pannelli rischiano di galleggiare, N.d.A.).

L’acqua granda del 1966

Il 1966 è stato un anno disastroso per l’Italia. In particolare, il 4 novembre di quell’anno, una serie di combinazioni meteorologiche ed astronomiche, unite alle abbondanti piogge (alimentate dalla bassa pressione), misero sotto l’acqua diverse città, tra cui Firenze e, appunto, Venezia.

Qui l’acqua raggiunse un’altezza record di 194 centimetri sullo ZMPS.

Pellestrina, la striscia di terra compresa tra la bocca di porto di Malomocco e quella di Chioggia, non riuscì a fare da “argine”, esattamente come accaduto questo 12 novembre. I suoi murazzi, un lungo muro composto da blocchi di pietra, eretto dalla Repubblica di Venezia, largo 12 metri e alto 5 sul livello del mare, furono squarciati in più punti a causa delle onde della mareggiata.

Piazza San Marco 1966

Fu anche il campanello d’allarme che portò alla consapevolezza dello stato di abbandono della città. Venezia, da sempre vissuta di turismo, negli anni ha speso pochissimo per la manutenzione dei suoi monumenti, per il dragaggio e la pulizia dei canali e, ancor meno, per la prevenzione.

In seguito a questo evento catastrofico e in aggiunta alle misure di conservazione, costituite dal rinforzo delle coste, l’innalzamento di fondamenta, banchine e pavimentazione e dal miglioramento ambientale della laguna, gli ingegneri hanno dato il via al progetto più ambizioso: il Mose.

Mose sì, Mose no

Il Mose, modulo sperimentale elettromeccanico, è un progetto controverso, ancora in fase di realizzazione. La sua costruzione divide le opinioni di esperti e non, oltre ad essere oggetto di inchieste, tangenti e slogan elettorali, in puro stile italiano.

Ma questo è un argomento piuttosto lungo, che meriterebbe un articolo a parte.

Nel frattempo, se l’acqua alta non vi spaventa e volete comunque visitare la Serenissima, ecco gli articoli che potrebbero interessarvi:
Venezia: i Sestieri
Il sestiere San Marco

Io vi aspetto alla prossima!
Annalisa A.

Scritto da:

Annalisa Ardesi

Giunta qui sicuramente da un mondo parallelo e da un universo temporale alternativo, in questa vita sono una grammar nazi con la sindrome della maestrina, probabilmente nella precedente ero una signorina Rottermeier. Lettrice compulsiva, mi piace mangiare bene, sono appassionata di manga, anime e serie TV e colleziono Lego.
In rete mi identifico col nick Lunedì, perché so essere pesante come il lunedì mattina, ma anche ottimista come il “primo giorno di luce”.
In Inchiostro Virtuale vi porto a spasso, scrivendo, nel mio modo un po’ irriverente, di viaggi, reali o virtuali.
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