
Le terapie mirate rappresentano una rivoluzione in ambito oncologico, giacché permettono di trattare con maggiore successo alcuni tipi di tumore – a fronte di una minore tossicità – rispetto alle terapie standard. Scopriamo quali sono, come agiscono, le indicazioni e gli eventuali rischi.
Contrariamente agli antitumorali standard, che uccidono indiscriminatamente le cellule con un elevato tasso di proliferazione (anche quelle sane della pelle, dell’intestino e del midollo), le terapie mirate sono farmaci intelligenti, che riconoscono e uccidono le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane grazie a specifici bersagli, aumentando le probabilità di guarigione e riducendo il rischio di reazioni avverse.
La scelta di un determinato farmaco dipende dal tipo di tumore, dalla localizzazione e dalle sue caratteristiche molecolari, che variano da un paziente all’altro.
I bersagli dei farmaci intelligenti
I bersagli delle terapie mirate sono proteine chiave per lo sviluppo e la sopravvivenza cellulari;1 quando tali proteine aumentano, mutano o si fondono, le cellule crescono e si riproducono più in fretta del normale, sopravvivono ai meccanismi di difesa dell’ospite, ed è più probabile che si formino masse tumorali.
Ecco alcuni esempi:
- HER-2, una proteina sovraespressa (abbondante) nel tumore al seno;
- BRAFV600E, una proteina mutata presente in alcune forme di melanoma;
- BRC-ABL, una proteina di fusione caratteristica di particolari forme di leucemia.
Classificazione dei farmaci intelligenti
Le terapie mirate sono numerose e, in buona parte, ancora in fase di sviluppo, perché i bersagli coinvolti nella nascita dei tumori e nella loro diffusione sono molteplici. Nelle prossime righe elencheremo le tipologie principali.
1) Terapie ormonali
Contrastano lo sviluppo dei tumori sensibili agli ormoni, come il tumore al seno o alla prostata, e agiscono riducendo i livelli o l’attività di tali sostanze oppure favorendo l’eliminazione delle cellule tumorali sensibili.
Classiche:
- inibitori delle aromatasi – l’anastrozolo e il letrozolo si usano nelle donne in menopausa affette da tumori al seno, per ridurre la massa tumorale prima dell’intervento o per prevenire le recidive (cioè che il tumore si riformi) dopo la rimozione;
- antiestrogeni – il tamoxifen si usa nelle donne in età riproduttiva per prevenire le recidive dopo l’intervento o lo sviluppo del tumore nell’altro seno. Si usa anche nelle donne in menopausa che non possono assumere gli inibitori delle aromatasi;
- antiandrogeni – la bicalutamide e il ciproterone acetato si usano nel trattamento dei tumori alla prostata;
- analoghi del GnRH – buserelin e leuprolide acetato trovano impiego contro i tumori alla prostata.
Moderne:
- anticorpi monoclonali – il trastuzumab è impiegato contro il carcinoma mammario;
- vaccini terapeutici – il sipuleucel-T è approvato per il trattamento dei tumori alla prostata in metastasi.
2) Inibitori della trasduzione del segnale
La trasduzione del segnale è un processo mediante il quale le cellule rispondono a diversi stimoli, come i fattori di crescita, che ne attivano l’accrescimento e la proliferazione; spesso le cellule tumorali crescono e si moltiplicano anche in loro assenza.
Farmaci come imatinib, gefitinib e erlotinib, contrastano la trasduzione del segnale e dunque la proliferazione incontrollata delle cellule; sono utili in alcune forme di leucemia.
3) Induttori dell’apoptosi
Bortezomib e simili attivano l’apoptosi (morte cellulare programmata) per eliminare cellule non più necessarie o non funzionanti; è usato nel mieloma multiplo, caratterizzato dalla crescita incontrollata di cellule immunitarie chiamate “plasmacellule”.
4) Modulatori dell’espressione genica
Modificano la funzione delle proteine che controllano l’espressione dei geni (sequenze di DNA); tra questi abbiamo il panobinostat, approvato per il trattamento del mieloma multiplo, che rallenta lo sviluppo delle plasmacellule e uccide quelle tumorali.
5) Inibitori dell’angiogenesi
Riducono la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) che portano all’accrescimento dei tumori; tra questi abbiamo il bevacizumab, usato contro i tumori mammari, intestinali e polmonari, anche in fase avanzata.
6) Immunoterapie
Le immunoterapie facilitano il riconoscimento e la distruzione delle cellule tumorali da parte del sistema immunitario; tra queste abbiamo gli anticorpi monoclonali, che si legano ai bersagli sulla superficie delle cellule, cosicché vengano individuate ed eliminate.
I limiti delle terapie mirate
Nonostante la maggior efficacia e la minor tossicità, purtroppo non sempre è possibile ricorrere alle terapie mirate; ecco perché sono ancora necessari gli antitumorali standard, nonostante la loro esistenza. Scopriamone le ragioni!
1) Non sempre si può ricorrere alle terapie mirate
Sfortunatamente, non tutti i pazienti oncologici possono ricorrere alle terapie mirate perché:
- sono inefficaci verso i tumori privi dei loro bersagli;
- sono molto costose, quindi vengono prescritte solo per tumori responsivi, resistenti ad altri trattamenti, diffusi o inoperabili.
2) I tumori possono sviluppare resistenza alle terapie mirate
La resistenza può manifestarsi a causa di mutazioni del bersaglio o perché il tumore sfrutta altre vie per crescere. Per limitare il fenomeno, si somministrano dei cocktail farmacologici (farmaco intelligente più altro farmaco intelligente o antitumorale standard).
3) Le terapie mirate contro alcuni bersagli sono difficili da sviluppare
A causa della struttura o della funzione, non è stato ancora possibile sviluppare farmaci intelligenti verso bersagli già identificati: la proteina Ras – che risulta mutata in più di un quarto di tutti i tumori – ne è un esempio.
Rischi delle terapie mirate
Benché più selettive nei confronti delle cellule tumorali, le terapie mirate non sono scevre da rischi.
Tra le reazioni avverse comuni2 si annoverano:
- xerosi (pelle secca), eritema (arrossamento) ed eruzioni cutanee;
- alterazioni ungueali;
- stomatite (infiammazione della mucosa orale);
- epatite;
- nausea, vomito e diarrea;
- affaticamento;
- ipertensione;
- riduzione di emoglobina, piastrine e globuli bianchi.
Invece le reazioni avverse non comuni includono:
- reazioni allergiche (più frequenti con la somministrazione endovenosa);
- trombosi vascolari (occlusione dei vasi sanguigni dovuta ai coaguli ematici);
- emorragie di gengive, naso e colon-retto.
Inoltre le terapie mirate possono:
- compromettere la fertilità, sia maschile sia femminile;
- ridurre l’efficacia degli anticoncezionali;
- nuocere all’embrione/feto.
La comparsa di determinate reazioni avverse sembra tuttavia aumentare le probabilità di guarigione: infatti, i pazienti trattati con erlotinib e gefitinib, che sviluppavano eruzioni cutanee nei test clinici, ottenevano risultati migliori degli altri.3
Riferimenti bibliografici:
- “Le nuote terapie mirate“, a cura del Prof. F. Cognetti e della Dott.ssa A. Felici;
- “Terapie mirate” sul sito AIRC;
- National Cancer Institute. “Targeted Therapy to Treat Cancer“.
Crediti fotografici
Immagine genearata da Google Gemini.
L’articolo ha uno scopo puramente illustrativo e non sostituisce il rapporto medico-paziente.

Pubblicista, ex collaboratrice de L’Unione Sarda.
Sono cofondatrice e caporedattrice di Inchiostro Virtuale.
Potete contattarmi scrivendo a j.zanza@inchiostrovirtuale.it