Più di mezzo secolo sulla cresta dell’onda
Il primo agosto viene festeggiato lo Spider-Man Day, per celebrare la prima apparizione nel mondo del più celebre eroe della Marvel. In realtà, il suo debutto lo fece già a giugno, visto che all’epoca i fumetti venivano post-datati, ma questo è un cavillo che non ci interessa approfondire in questa sede (per quanto la cosa offra qualche spunto). Nel corso degli anni è diventato anche ripetitivo ripercorrere il percorso creativo che ha portato alla creazione del personaggio, relegato su una testata in chiusura (Amazing Fantasy) perché l’editore non credeva potesse riscuotere successo, salvo cambiare idea dopo aver visto le vendite del numero in cui apparì per la prima volta l’Arrampicamuri (il numero 15).
È piuttosto interessante cercare di capire perché e come il personaggio abbia riscosso un tale successo, andando oltre alcuni elementi abbastanza evidenti e sin troppo celebrati, che possono essere solamente un punto di partenza per una disamina più approfondita.
Perché Spider-Man ha avuto così tanto successo?
Forse si dovrebbe partire dal dato più superficiale, quello più evidente, ossia l’incredibile realizzazione del suo costume. Molti individuano come punto di forza il fatto che copra interamente il corpo dell’eroe, permettendo una facile immedesimazione per chiunque. Personalmente, questa osservazione mi ha trovato sempre relativamente d’accordo.
Ho sempre pensato che calarsi in quella tutina aderente in spandex sia ridicolo per chi non ha il fisico di Peter Parker, rivelando tutta la goffaggine del proprio fisico (per quanto con la fantasia si possa ottenere in pochi attimi un fisico da ginnasta). È più l’empatia con il personaggio sotto la maschera a portare a questa immedesimazione (se ne parlerà dopo). Banalmente, è la perfezione del concept di Steve Ditko a dare una forza e una credibilità enorme a Spider-Man. Credo ci siano due controprove di questo.
Fedeltà al design originale
La prima riguarda la fedeltà nei fumetti al design originale. Guardando l’evoluzione grafica di tanti supereroi (non tutti) il design si è allontanato da quello delle origini, talvolta venendo solo ritoccato in alcuni elementi, altre volte venendo stravolto:
- Daredevil ha cambiato colori e tipologia di uniforme;
- Iron Man ha dovuto svecchiare sensibilmente la sua armatura originale, oggi gustosamente retrò;
- le divise degli X-Men sono cambiate così spesso che in alcuni casi è anche difficile individuare il loro look più caratteristico;
- anche Batman e Superman, così riconoscibili nelle loro sagome, sono stati comunque ritoccati per eludere alcune ingenuità che il peso degli anni (ben più di sessanta) ha tradito.
Spider-Man, al netto di costumi alternativi transitori (che qualunque eroe ha avuto), è invece rimasto estremamente fedele a sé stesso, mostrando variazioni solamente nel blu/azzurro del suo costume (talvolta tendente al nero con sfumature blu) e nella presenza delle ragnatele ascellari.
Credibilità nelle pellicole cinematografiche
Vi sono però altri personaggi che sono rimasti praticamente immutati rispetto ai loro design originali (Magneto, Destino, Goblin), perciò vale la pena guardare alla seconda controprova, ossia la credibilità del costume fumettistico nelle pellicole cinematografiche. Indossati da persone in carne ed ossa, molte delle tutine attillate dei fumetti apparirebbero ridicole (la Marvel ha giocato molto su questa cosa, con molta autoironia) o poco credibili.
Daredevil e Batman non possono girare con una pellecchia di spandex addosso, visto che non hanno alcuna superforza. Capitan America deve necessariamente indossare un’uniforme con un’impronta militare per non sembrare totalmente fuori luogo. Wolverine non è mai riuscito ad indossare nessuna delle sue uniformi più conosciute perché era difficile proporle senza far sembrare Hugh Jackman un po’ buffo.
Uno dei pochissimi che può essere riproposto al cinema senza questo imbarazzo è proprio Spider-Man. Delle tante versioni del suo costume che abbiamo visto negli anni sul grande schermo, basti pensare all’ultima apparsa (nel finale di No Way Home) per rendersi conto di quanto funzioni bene anche in mezzo a persone in carne ed ossa.
Non saprei dire da cosa dipende questa cosa, totalmente in controtendenza rispetto a qualunque altro caso simile. Forse il fatto che un personaggio tanto forte ed agile non ha veramente bisogno di nessuna armatura particolare per combattere il crimine. Forse il fatto che quel costume, più che un’uniforme, sembra formare un’entità a sé che a tratti non sembra neanche un essere umano, per quanto riesca ad essere espressivo nonostante quegli enormi occhi biacchi a forma di gocciole.
Sta di fatto che nessun concept (soprattutto nessuno così dettagliato, particolareggiato e personale) ha superato così bene lo scorrere del tempo e il salto di medium. Senza cercare una spiegazione logica (che forse non c’è, come accade a volte con l’arte), limitiamoci a ringraziare una volta di più Steve Ditko.
La storia di origine
Un altro elemento di spicco di Spider-Man è senza dubbio la sua storia di origine. Inutile dilungarsi sull’iconico “da un grande potere derivano grandi responsabilità”, frase che è ad un passo dal comparire anche sui manuali di diritto (ma che con le mie orecchie ho sentito in un’aula di tribunale). Probabilmente senza averne piena cognizione, Lee e Ditko riuscirono a far combaciare una serie di elementi che poi hanno reso il personaggio estremamente eclettico nei toni e nel tipo di storie di cui è protagonista. L’idea assolutamente spiazzante di usare come protagonista un ragazzino non può che conferire alle storie un minimo di leggerezza di fondo che altri più maturi e seriosi eroi non possono permettersi.
Allo stesso tempo, il dramma della morte dello Zio Ben, al di là delle implicazioni morali di cui sopra, giustifica il tono tragico che in alcune storie di Spider-Man ritroviamo ed è sempre il peccato originale con cui fare i conti nei momenti più bui (spoiler: ne arriveranno altri altrettanto pesanti a fargli compagnia). I presupposti di Amazing Fantasy #15 permettono di oscillare fra commediola adolescenziale e tragedia greca senza che il personaggio perda credibilità (concetto già sottolineato per il design).
Non solo, rendono egualmente efficace il primo approccio col personaggio a prescindere che sia una drammatica storia sull’11 settembre o un cartone animato con un target ben più giovane. Anzi, proprio perché Peter Parker è/era un ragazzino, ne giustifichiamo lo sproloquiare durante i combattimenti, ne capiamo l’ironia (soprattutto quella involontaria).
Su questo punto, inoltre, è bene sottolineare una cosa: lo stile del film MCU medio cerca spesso di rifarsi a quello della testata Amazing Spider-Man. La battuta pronta e lo strano equilibrio (non sempre riuscito) fra ironia e serietà sono cose che, per quanto apparsi anche in altri fumetti Marvel, sono proprio tipici di Spider-Man.
Nei film MCU quasi tutti gli eroi sono novelli cabarettisti (a volte fuori luogo), mentre su carta questo accade molto meno ed è un tratto distintivo di Spider-Man, etichettato come fastidioso logorroico da moltissimi nemici e colleghi. Kevin Feige ha ben pensato di adottare questo tono per la sua creatura cinematografica, perciò non bisogna stupirsi se il suo Peter Parker (Tom Holland) venga reso così chiacchierone e tante volte sconclusionato nei suoi discorsi.
Versatilità del personaggio
Un’altra cosa di cui sicuramente non si resero pienamente conto Lee e Ditko mentre creavano Spider-Man è di quanto i suoi poteri gli permettano di essere spendibile in contesti estremamente diversi fra loro. L’Uomo Ragno è un personaggio sicuramente urbano ed è in questo tipo di storie che emerge al meglio l’umanità di Peter Parker, il vero collante che lo unisce al lettore. La sua forza è fuori scala per molti altri personaggi urbani, eppure raramente pensi che dovrebbe pensare più in grande e concentrarsi su piani globali quando non cosmici.
Eppure, anche quando lo togli dalla sua comfort zone, il personaggio non stona quasi mai con il contesto in cui lo metti. È abbastanza forte da sembrare plausibile che affronti pesi massimi senza essere disintegrato. È abbastanza intelligente da poter ovviare ad alcune sue debolezze con l’ingegno (l’intelligenza di Peter è un altro dono della sua sfaccettata origin story approfondito solo in seguito). La sua umanità è il perfetto contraltare di entità superiori che non sanno cosa sia l’umanità. Insomma, anche quando viene allontanato dal suo canovaccio classico, Spider-Man non appare uno sprovveduto o totalmente impotente; senza citare i fumetti, si pensi anche semplicemente al film Infinity War.
Crescita del personaggio
A ciò si aggiunge anche il fatto che negli anni il personaggio, per quanto molto lentamente, è cresciuto, ha cambiato contesti studenteschi e lavorativi ed ha aggiunto nuove prospettive al suo ruolo da vigilante mascherato. Si crea un rapporto molto intimo col lettore, che primo lo vede come un modello da imitare, poi un coetaneo con cui confrontarsi e infine magari come un figlioccio a cui sorridere per qualche ingenuità di troppo ma che resta lo stesso bravo ragazzo che speravi di essere e che speri le generazioni future tentino di emulare (solo moralmente!).
Vedere Peter trattato per il ragazzino che è, e poi, ad un certo punto, considerato un giovane uomo maggiormente tenuto in considerazione anche dai colleghi, è appagante per il giovane lettore che finalmente vuole ed inizia a sentirsi più considerato perché sta crescendo. È un percorso parallelo che però ad un certo punto deraglia perché ci sono delle esigenze commerciali e tu non puoi tenere il passo del sempre giovane Peter, che sai non ti abbandonerà mai, come farebbe effettivamente in una qualunque delle sue storie.
La complessità dell’Uomo Ragno
Tutti questi elementi che sono stati portati alla luce ci restituiscono un personaggio molto complesso da inquadrare. Sia chiaro, i princìpi del personaggio sono cristallizzati sin dagli albori e sono quelli che non devono essere mai traditi quando lo si scrive. Eppure negli ultimi anni la polemica (soprattutto a livello cinematografico) su come debba essere Spider-Man, su quale sia lo Spider-Man fedele all’idea originale, ha raggiunto vette di pesantezza che solo No Way Home ha in parte alleggerito, come se veder collaborare tre Peter Parker abbia fatto capire che alla fine non sono così distanti fra loro.
Arrivati a questo punto, consapevoli della stratificazione del personaggio, è chiaro di quanto possa essere personalizzata la visione che ognuno ha dell’Uomo Ragno: chi lo vede solamente e necessariamente come un grigio uomo solo in missione; chi lo apprezza anche per il suo lato scanzonato; chi lo vede come un personaggio legato agli anni giovanili e chi invece pensa che esprima il meglio nelle sue versioni più cresciute. Nessuna di queste visioni è sbagliata o cozza con l’idea “pura” di Spider-Man. Semplicemente, bisogna accettare che un personaggio complesso difficilmente possa essere approfondito a 360 gradi e, pertanto, è più facile concentrarsi solo su determinate sue caratteristiche, che non negano in alcun modo le altre lasciate un po’ in disparte.
Tante declinazioni non tradiscono l’essenza di Spider-Man
Tornando al cinema, nessuna delle tre versioni cinematografiche tradisce l’essenza di Spider-Man, che viene semplicemente declinata in maniera diversa, incontrando gusti differenti a seconda dei casi. L’importante è non confondere il valore della realizzazione del personaggio con quella dei vari film, che talvolta viaggiano su binari differenti (Andrew Garfield è un ottimo Spider-Man, ma è stato meno fortunato per motivi non imputabili né a lui né al suo personaggio).
Lo “Spider-Man classico”, d’altronde, è un concetto poco chiaro che non tiene conto, ad esempio, che il Peter Parker di Romita Sr, forse quello che rimane il riferimento principale ancora oggi e trattato da molti come “l’autentico Spider-Man”, è molto diverso da quello originale di Steve Ditko, dal carattere più spigoloso e ancor meno inserito socialmente. Già questa distinzione, spesso ignorata, aiuta a comprendere quanto sia pretestuosa questa ricerca di autenticità.
D’altronde, parafrasando Il Postino, Spider-Man non è di chi lo scrive ma di chi se ne serve. Perciò poco importa che il legame sia sorto grazie alle storie a tinte rosa, a quelle inquietantemente dark, ad un cartone animato che da piccoli si vedeva in televisione, ad un film con effetti speciali da non credere. Quello resterà comunque il vostro amichevole Spider-Man di quartiere.
Consigli di lettura
Se siete appassionati dell’Uomo Ragno, potrebbero interessarvi anche le seguenti recensioni:
- Spider-Man: Homecoming, la recensione a strati;
- Spider-Man: Far From Home, la recensione a strati;
- Spider-Man: No Way Home, la recensione a strati.
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