Sanremo, specchio dell’Italia
Non importa che vi interessi o no, che lo guardiate o no, se siate sostenitori o detrattori: voi su Sanremo avete un’opinione! Sarà che quest’anno la più grande e longeva chermesse della canzone italiana compie settant’anni, quindi la maggior parte di noi non ne conosce il mondo.
La motivazione per cui si afferma che il Festival rispecchia il sentimento italiano è dovuta al fatto che la nascita, la crescita, lo sviluppo, i successi e gli insuccessi del concorso sono fortemente condizionati dall’andamento del Paese e, nel corso dei suoi 70 anni, ha cambiato pelle più volte, adeguandosi – non sempre tempestivamente – ai cambiamenti del Paese stesso.
L’alba di Sanremo
“Cari amici, vicini e lontani!“. Con questo saluto, Nunzio Filogamo aprì la prima edizione di Sanremo nel 1951. C’è da dire che di amici lontani non ce n’erano. La gara si teneva nel ristorante del Casinò di Sanremo: mentre i commensali cenavano, gli artisti si esibivano sul palco.
In quell’anno parteciparono solo tre cantanti: Nilla Pizzi, il Duo Fasano e Achille Togliani, che presentavano in tutto venti canzoni. L’iniziativa non ebbe un immediato successo, i quotidiani le riservarono solo un trafiletto anche per l’esiguità del premio in palio.
Per la seconda serata fu addirittura necessario, per evitare di lasciare dei tavoli vuoti, impegnarsi a trovare spettatori. La scarsa partecipazione non fu dovuta tanto al biglietto (che costava 500 lire) ma al fatto che gli spettatori erano abituati a spettacoli culturalmente più elevati.
Per mera cronaca, quell’anno a vincere fu Nilla Pizzi con Grazie dei fiori.
Sanremo va in onda in radio…
Le cose cambiarono nel 1953, quando, messi via cibo e tavolini, gli ospiti potevano accedere solo con invito. Ovviamente la limitazione d’ingresso creò la domanda e i bagarini arrivarono a vendere i biglietti anche a 10.000 lire (equivalenti a 130€ ma non c’è proporzione, per capirne il valore dovete considerare che tra il ’50 e il ’55 il salario medio era poco più di 23.000 lire) e la stampa si accorse del fenomeno.
Quest’anno pare fossero iniziati i collegamenti con la radio, cosa che permetteva la fruizione dello spettacolo a un numero considerevole di cittadini. Il condizionale mi è d’obbligo perché le fonti sono contrastati.
…e poi in TV
Invece tutti concordano sul fatto che nel 1955 il festival di Sanremo approdò in televisione. Il collegamento RAI arriverà in seconda serata, alle 22:45, al termine del varietà Un due tre di Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello. L’evento fu trasmesso in diretta e in Eurovisione.
Se non vi sembra una cosa eccezionale, ricordatevi che l’avvio ufficiale delle trasmissioni RAI risaliva solamente all’anno precedente e la TV costava molto, perciò la possedevano solo le famiglie abbienti, mentre le altri la guardavano nei locali pubblici.
Alla fine del decennio il Festival pullulava di novità, infatti nel 1956 si tenne la prima edizione dell’Eurovision song contest, cui l’Italia partecipò con la vincitrice di quell’anno: Franca Raimondi.
Altra importante novità di quest’anno furono l’introduzione del concorso per voci nuove. Questa cosa, per quanto possa sembrare di poco conto, rende l’idea di un Sanremo in evoluzione. I primi anni le canzoni erano – forse perché la guerra era finita da poco – intrise d’amore per la patria, la religione e la famiglia.
La svolta arrivò nel 1958 con la canzone che diventerà un inno: Volare, al secolo Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno, che sancì l’inizio di una nuova fase della musica italiana (influenzata dal rock e dallo swing) e del Festival stesso.
Anni Sessanta: l’era bongiorniana di Sanremo
Gli Anni Sessanta segnarono un periodo di benessere: il Paese cominciò a crescere, il reddito degli italiani raddoppiò e i costumi furono rivoluzionati. Ciò si rifletté anche su Sanremo: infatti sul palco arrivò Adriano Celentano, che con 24.000 baci portò alla ribalta il rock’n’roll.
Con lui, a portare alto lo stendardo dei giovani, arrivarono gli urlatori: Mina, Tony Dallara e Little Tony, che rivendicavano nuove regole in contrasto con i cantanti della canzone melodica italiana (Claudio Villa, Nilla Pizzi, Luciano Tajoli, ecc.).
Nell’era bongiorniana di Sanremo (il grande Mike presentò il festival ininterrottamente per cinque anni) i cambiamenti furono numerosi: infatti nel 1964, anno in cui vinse la quindicenne Gigliola Cinguetti con Non ho l’età (per amarti), venne estesa la partecipazione anche ai cantanti stranieri.
Nella seconda metà del decennio arrivano le canzoni socialmente impegnate: nel 1967 Luigi Tenco partecipò alla gara con Ciao amore, ciao, una critica verso la società moderna. Dopo l’eliminazione si suicidò in una camera d’albergo di Sanremo a soli 28 anni.
La fine degli anni Sessanta gettò un ombra sul Festival, che rimase per tutti gli anni ’70.
Anni Settanta: il periodo buio di Sanremo
Negli Anni Settanta, il Festival passò dal casinò al teatro Ariston e fu trasmesso per la prima volta a colori. Ma qui finiscono le notizie positive, infatti nel ’72 ci fu lo sciopero dei cantanti e dal ’73 la Rai decise di trasmettere la sola serata finale, in quanto il pubblico e la stampa avevano perso interesse. Tra i vincitori di quegli anni ricordiamo Rino Gaetano, con Gianna, e Anna Oxa con Un’emozione da poco.
Anni Ottanta: Sanremo si riprende
Dopo il periodo d’ombra del Festival, gli Anni Ottanta si aprirono con una verve che durerà per tutto il decennio. In questi anni emersero grandi nomi della musica italiana: Vasco Rossi, Zucchero, Eros Ramazzotti, Mango e Mia Martini. È il periodo di Pippo Baudo e in cui arrivano ospiti di un certo calibro, tra cui i Kiss e i Duran Duran.
L’edizione del 1980 passò alla storia per lo “scandaloso” bacio di 45 secondi tra Claudio Cecchetto (conduttore) e la valletta Olimpia Carlisi, nonché per l’epiteto “Wojtilaccio” con cui Benigni appellò il papa. Ma gli scandali a Sanremo non sono mai mancati, per eccesso di satira o esibizionismo.
L’edizione del 1987 passò alla storia per il vestito di Patsy Kensit, che scivolò mettendole in mostra il seno. Che ci crediate o no, la notizia rimase sulle riviste di gossip per giorni.
Infine, nell’89, Grillo rimediò una querela per aver comunicato in diretta il proprio compenso e aver detto che i socialisti rubano.
Anni Novanta: i grandi ritorni
Gli Anni Novanta segnarono i ritorni delle giurie popolari, dell’orchestra e degli stranieri in gara. Pippo Baudo introdusse l’eliminazione dei Big, che, a differenza di quanto previsto, diede spazio alle voci nuove.
Tra le canzoni degne di nota Uomini soli dei Pooh, Gli altri siamo noi di Umberto Tozzi, Perché lo fai di Marco Masini e Trottolino amoroso (Vattene amore), canzone ormai entrata nella memoria collettiva. I Jalisse vinsero l’edizione del 1997 con Fiumi di parole, subissati dalle polemiche.
Dal Duemila in poi
Degli anni più recenti ricordiamo solo qualche evento insolito. Nel 2010 l’orchestra lanciò in aria gli spartiti come segno di protesta, perché il brano cantato da Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici (qualsuno se lo ricorda?), aveva avuto la meglio su pezzi come quello di Malika Ayane.
Difficile ricordarsi chi vinse nel 2012, anno in cui a co-condurre fu chiamata Belén, ma della farfalla ancora se ne parla.
Ma Sanremo fa anche miracoli e nel 2015 Carlo Conti riescì a riunire, per la prima volta in Italia, la storica coppia Al Bano e Romina. Nel 2020 invece il santo della canzone italiana riunì I ricchi e poveri nella formazione originale (a quattro componenti).
Pare che altri gruppi famosi siano in fila per chiedere la grazia.
Le meteore
Il fatto che si partecipi e a volte si vinca Sanremo, non sancisce Ia permanenza nell’Olimpo della musica italiana, così come un flop – anche clamoroso – non pregiudica carriere sfavillanti.
Tonfi clamorosi se ne sono registrati fin dai primi anni, di seguito alcuni esempi:
- nel 1964 Bobby solo arrivò ultimo con Una lacrima sul viso, che poi vendette più di un milione e mezzo di copie in soli due mesi;
- stessa sorte per il molleggiato, che perse clamorosamente nel 1966 con Il ragazzo della via Gluck, tra le sue canzoni più iconiche;
- persino Modugno, Vasco Rossi, Zucchero e Carmen Consoli mancarono l’obiettivo e c’è anche chi il tonfo lo fece fisicamente (Jovanotti nell’89); possiamo dire tranquillamente che nessuno di loro ne ha minimamente risentito.
Anche vincere non dà garanzie. A parte i Jalisse, che sono praticamente spariti dopo il successo del ’97, altri trionfatori sono scomparsi dalle scene: ad esempio, l’edizione del 1975 fu vinta da Gilda, una ragazza che cantava per hobby, e quella del ’79 fu vinta da Mino Vergnaghi con Amare.
I programmi di contorno
Sanremo non è solo il concorso canoro che si dipana in cinque serate di gala ma anche tanti programmi di contorno: PrimaFestival e DopoFestival, le rubriche pomeridiane d’intrattenimento e approfondimento, che pullulano in quasi tutti i canali televisivi durante i dieci giorni dell’evento.
Tra tutti quello che sono passati in quasi settant’anni di televisione voglio ricordarne solo uno, il mio preferito, quello che per me rimane una chicca dell’intrattenimento sanremese, ovvero Il caso Sanremo! Il processo al Festival, perché di questo si trattava, andò in onda per cinque sabati tra gennaio e febbraio 1990. Il giudice era Renzo Arbore, l’accusa era rappresentata da Michele Mirabella, mentre Lino Banfi era l’avvocato della difesa. Ogni sabato venivano portate alla sbarra e analizzate le canzoni più iconiche del decennio in esame, tutto ovviamente in chiave goliardica e ironica.
Sanremo e gli altri
Prima era solo, l’unico, incontrastato. Poi nell’andar degli anni si aggiunsero dei rivali, dei concorrenti televisivi che però non andarono mai a fargli la guerra in modo diretto. Programmi come Festivalbar interessavano fasce di pubblico che non si sentivano rappresentate e la programmazione estiva e su più fine settimana non ha mai interferito più di tanto.
L’avvento dei talent musicali ha tuttavia cambiato le cose. Prima Amici, poi X Factor e The Voice hanno proposto al pubblico una gara canora in cui concorrenti in erba si formavano e crescevano puntata dopo puntata, facendo sì che si creassero delle fazioni da tifare nel corso del tempo. Il pubblico, come in una moderna arena, ha la facoltà di far vivere o morire musicalmente, s’intende, tutti i protagonisti.
Questo insieme al fatto che il pubblico non sappia, probabilmente perché non s’informa abbastanza, come funzionino le giurie di Sanremo (da che ho memoria sempre le stesse: demoscopica, sala stampa, televoto) e ha creato non pochi problemi quando c’è stata la vittoria di Mamhood.
Ma ricordiamoci, Sanremo è un’istituzione non un talent show!
Le nostre opinioni su Sanremo
Ebbene sì, la mia idea originale era quella di registrare un video in cui ognuno dei miei colleghi cantasse la prima canzone di Sanremo che gli veniva in mente o che gli stava più a cuore; tuttavia mi è stato fatto notare che sono più persone di penna che di note, così ho chiesto di raccontarmi quali sono i loro episodi, aneddoti e ricordi legati a Sanremo.
Mauro
Dalla metà degli anni ’90 ho quasi sempre seguito il Festival, anche se, soprattutto quand’ero ragazzo, alcune edizioni le ho viste solo di sfuggita. Negli ultimi 7/8 anni, però, è diventato un appuntamento fisso in cui cerco di seguirne il più possibile. La canzone alla quale sono più legato è Spunta la luna dal monte, una delle prime – se non la prima – di cui abbia memoria.
Maria Gabriella
Mah… Il mio rapporto con Sanremo è cambiato molto negli anni.
Durante gli anni dell’infanzia/medie, diciamo che era un modo per rimanere alzata fino a tardi e fare commenti live con i miei riguardo alle canzoni e soprattutto se i cantanti stonassero o no mentre lo facevano. Poi crescendo ho perso interesse anche perché la qualità della musica calava e si esibivano sempre più cantanti di cui non sapevo l’esistenza. Ora lo guardo solo la prima mezz’ora e poi cambio canale.
Annalisa
Gabriella guarda la prima mezz’ora? Io manco quella!
Non credo si possa parlare di rapporto col Festival, nel mio caso. Ho apprezzato, nel tempo, diverse e numerose canzoni di qualsivoglia edizione, anche quelle di anni in cui non ero nemmeno nata. Non sono mai stata capace di digerire i vari teatrini, le polemiche sempre presenti, la troppa pubblicità, lo spreco di soldi, i cachet esorbitanti non tanto degli ospiti ma di presentatori e… vallette, perché sì, in questo il Festival non si smentisce mai… È maschilista al 100%.
È il festival della canzone italiana? Ni. È più lo sfoggio dell’italianità fatta spettacolo, grandi pacche sulle spalle da perfetti amiconi davanti e tanto sputtanamento dietro. Quel volersi mostrare grandi a tutti i costi, salvo poi piangere miseria il giorno dopo. Si esagera, in tutto. A ‘sto giro anche in durata e noia a quanto leggo in questi giorni.
E le canzoni? Boh… Quelle le sentirò tra qualche settimana. Forse. E i cantanti? Ah perché… Ci sono anche cantanti al festival?
Serena
Io credo di non avere un rapporto con Sanremo. Non lo vedo da quando ero piccola, non mi piace.
Rosella
Anche io non ho un bel rapporto con Sanremo, ho sviluppato nei suoi confronti un livello d’intolleranza che si è andato via via aggravando. Quest’anno ho addirittura aderito a #iononguardosanremo.
Da piccola (quindi molti anni fa) mi facevo contagiare dall’entusiasmo di mia madre e delle sue amiche. Andavamo a vederlo tutti insieme al dopolavoro dei ferrovieri e per noi bambini diventava un’occasione di gioco.
Roberto
Io ho cominciato a vederlo nel 2013 per tifare Marco Mengoni, quindi senz’altro L’essenziale è una canzone a cui sono molto affezionato. Da allora non mi sono perso un’edizione e ogni anno ne approfitto per ripassarne un po’ la storia. È un bel momento, una bella fotografia nazionale che ogni anno immortala l’intero Paese. Ovviamente la vittoria di Mahmood non la dimenticherò mai!
Pasquale
Ho seguito molto saltuariamente Sanremo, ma un ricordo indelebile è l’April Stevens del ’64 (avevo 12 anni e ancora non capivo perché April mi turbasse):
Prima che facciate gli spiritosi, April Stevens è quella di Teach me tiger:
Il brano venne bandito dalle trasmissioni radio, perché troppo sexy, ma:
“Teach Me Tiger” has had many lives in the last 25 years. Re-recorded twice in 1965, the new version became a camp classic in many U.S. and foreign cities. On April 6, 1983, the astronauts aboard space shuttle Challenger requested the song as a wake-up call. NASA obliged the crew, and April was again in the news.
Jessica
A casa mia, quando ero piccola (e vi sto parlando degli anni ’90), il Festival di Sanremo si guardava più per curiosità che per le canzoni in sé, che i miei non esitavano a definire noiose. Al di là di come la pensassero, lo guardavo un po’ perché percepivo l’importanza dell’evento, un po’ perché mi avrebbe dato l’occasione di conoscere tante nuove canzoni. E così è stato, almeno fino alla 51a edizione, trasmessa nel 2001 e vinta meritatamente – secondo il mio modesto parere – da Elisa con Luce (tramonti a nord est).
Poi, negli anni successivi, il mio interesse verso il Festival è scemato: non mi piaceva più, lo ignoravo completamente, contagiata dal brutto virus dello snobismo; tuttavia nel 2013, un po’ perché alla conduzione c’erano Fazio e Littizzetto, un po’ perché avevo bisogno di staccare la spina dallo studio, mi sintonizzai su Rai1. Ciò che vidi (e sentii) mi piacque: il Festival si era svecchiato – e non parlo solo delle bellissime e particolari scenografie e del brio della coppia Fazio-Littizzetto.
Mi riferisco anche ai brani in gara, che sono stati selezionati tenendo conto dei gusti di tutti o quasi: dai cantanti provenienti dai talent, come Marco Mengoni, ai protagonisti della scena indie, ad esempio Marta sui Tubi, fino alla raffinata Malika Ayane.
Negli anni a venire questa formula è stata mantenuta, rivelandosi vincente. Da allora ho ripreso a seguire con attenzione il Festival (eccezion fatta per l’edizione 65a, condotta da Carlo Conti) e oggi mi sento di dire, in tutta onestà, che per me Sanremo è un appuntamento irrinunciabile
Concludo con una carrellata di brani sanremesi che, per un motivo o per l’altro, mi porto nel cuore. A presto!
Spunta la luna dal monte, di Pierangelo Bertoli e Tazenda, Sanremo 1991.
Con te partirò, di Andrea Bocelli, Sanremo 1995.
La terra dei cachi, di Elio e le Storie Tese, Sanremo 1996.
Il mio rapporto con Sanremo
Il mio rapporto con Sanremo è stato altalenante. Quando ero piccola lo guardavo al seguito della nonna, ma non ho ricordi particolari; i miei probabilmente lo guardavano in maniera altalenante, in quanto non credo che rispecchiasse i loro gusti musicali (sono cresciuta con De Andre!).
Certo che, da quando ho preso consapevolezza, non l’ho guardato per anni perché lo trovavo noioso. Da una ventina d’anni, però, me ne interesso un po’ di più perché il sabato della finale abbiamo l’appuntamento fisso a casa della nostra amica Lucia, che, anticipando di decenni Alessandro borghese, ci fa compilare una tabella per dare i voti alle canzoni, alle performance, al look dei cantanti per finire con un pronostico della classifica finale. Il tutto accompagnato da dolci, pizza, vino e chiacchiere tra amici, che a volte non si vedono da un anno.
Così ho di fatto rivalutato Sanremo e, se i primi anni andavo allo sbaraglio, negli ultimi guardiamo qualche spezzone di puntata (non abbiamo la resistenza per vederle tutte dall’inizio alla fine!) per arrivare più preparati allo scontro finale e vincere i premi che la gentile padrona di casa mette a disposizione.
Consigli di lettura
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Mi chiamo Cristina, sono nata di giovedì e sono un sagittario!
Mi piace chiacchierare, conoscere persone e sono a mio agio anche a una festa in cui non conosco nessuno. Cerco sempre il lato positivo delle cose e il mio motto è “c’è sempre una soluzione”!
Maniaca della programmazione, non posso vivere senza la mia agenda.
Ho studiato linguaggi dei media e da quasi 20 anni mi occupo di comunicazione per una grande azienda di telefonia.
Nel tempo libero mi piaceva leggere, viaggiare, guardare i film, andare a teatro. Ora invece ho due gemelle di 7 anni che, se da una parte assorbono quasi tutte le mie energie, dall’altra mi hanno donato un nuovo e divertente punto di vista.
Per tutti questi motivi vi parlerò di storie e leggende.