Patrick George Zaky, attivista dei diritti umani e ricercatore dell’università di Bologna, è stato arrestato all’aeroporto del Cairo e si trova attualmente in regime di custodia cautelare in carcere.
Patrick George Zaky, 27enne di nazionalità egiziana, è un ricercatore di gender studies dell’Egyptian Iniziative for Personal Rights (EIPR) e dallo scorso agosto studia all’università di Bologna nel master Gemma, il primo programma Erasmus Mundus dedicato agli studi di genere.
Proprio da Bologna era partito per trascorrere un periodo di vacanza nella sua città natale, al-Mansoura, a qualche decina di chilometri a nord del Cairo. Una volta atterrato all’aeroporto, però, è stato fermato dai servizi segreti egiziani e di lui non si è saputo più nulla per le successive 24 ore.
L’8 febbraio è comparso davanti alla procura di al-Mansoura per un nuovo interrogatorio, durante il quale è stato informato del mandato di arresto che pendeva su di lui dallo scorso settembre – mandato del quale lui non sembra essere mai stato a conoscenza – e dove gli sono stati confermati 15 giorni di custodia cautelare.
Le accuse formalizzate dalla procura sono cinque:
- diffusione di false informazioni per minare la stabilità nazionale;
- incitamento a manifestazione senza permesso;
- tentativo di rovesciare il regime;
- uso dei social media per danneggiare la sicurezza nazionale;
- propaganda per i gruppi terroristici e uso della violenza.
Secondo quanto riferito dai suoi avvocati, Wael Atteya e Amr Elqady, dopo essere stato trasferito a Mansoura, è stato interrogato sul suo lavoro di attivista, minacciato, picchiato e sottoposto a scosse elettriche.
In maniera tempestiva si sono rapidamente attivate diverse organizzazioni internazionali e numerosi attivisti politici egiziani e italiani. Inizialmente la vicenda è stata resa nota proprio dall’EIPR, poi ripresa da Amnesty International.
Il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, è stato tra i primi a dare l’allarme e a chiedere la mobilitazione delle autorità italiane.
Ci aspettiamo un susseguirsi di ordini di detenzione di 15 giorni, rinnovabili più volte, e naturalmente, in questa situazione di detenzione prolungata, il rischio è che le condizioni detentive siano equiparabili a tortura, se non la tortura stessa. Se il governo non agisse, sarebbe l’ennesimo segnale che è poco interessato ai diritti e lo è di più a vendere navi all’Egitto. Non sottovalutiamo di aver fatto questo “rumore”: è una deterrenza per chi pensa che nessuno nel mondo sappia cosa succede e che quindi crede di poterlo trattare come gli pare, come accaduto con Giulio Regeni.
Le dichiarazioni del Ministero dell’Interno egiziano
Il Ministero dell’Interno egiziano è intervenuto nel merito della vicenda, confermando la notizia dell’arresto del giovane ricercatore Patrick George Zaky, ma precisando che non si tratta di un cittadino italiano.
Non corrisponde al vero quanto circolato sui social circa l’arresto di un italiano chiamato Patrick. La persona in questione è di nazionalità egiziana, il suo nome completo è Patrick George Michel Zaky Soleyman ed è stato fermato in esecuzione di un mandato di cattura emesso dalla procura generale. Lo studente è stato portato davanti alla procura che ha deciso il suo fermo per 15 giorni in attesa delle indagini.
L’Università di Bologna ha attivato uno speciale gruppo di crisi.
L’Ateneo sta seguendo con grande attenzione l’evolversi della situazione e auspica che questa vicenda possa avere un esito rapido e positivo, nella piena trasparenza e completezza delle informazioni e nel pieno rispetto dei diritti delle persone. Speriamo che Patrick possa tornare al più presto a Bologna per riprendere gli studi del secondo semestre e proseguire poi il suo percorso anche il prossimo anno come aveva previsto (Mirko Degli Esposti, prorettore).
Il primo cittadino di Bologna, Virginio Merola:
Mi associo alle preoccupazioni di Amnesty International e spero che si possano avere presto notizie rassicuranti sullo studente egiziano che sta frequentando un master all’università di Bologna. Dal balcone del nostro Comune sventola lo striscione giallo per Giulio Regeni, anche per questo non possiamo essere indifferenti a quello che è accaduto.
Sulla vicenda è intervenuto anche il Ministro dell’Università, Gaetano Manfredi:
Il Ministero si è subito attivato insieme all’Università di Bologna per ricostruire la situazione di Zaky. Lo studente è stato selezionato nell’ambito di un master europeo tenuto da università di diversi Paesi. Insieme al Ministro Di Maio stiamo operando tramite i canali diplomatici per reperire informazioni certe e trasparenti e verificare la situazione in maniera accurata nel rispetto dei diritti della persona.
Si è espresso via twitter anche il presidente della commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, Erasmo Palazzotto.
Appare evidente che si tratti dell’ennesima persecuzione verso un attivista politico.
L’Egyptian Iniziative for Personal Rights, con cui collabora Zaky, è, infatti, un’organizzazione indipendente che si occupa della tutela dei diritti umani. Dall’ottobre 2019 sei membri dello staff dell’EIPR sono stati fermati e interrogati, anche per giorni, nell’ambito delle arbitrarie e illegali operazioni di repressione dei dissidenti politici portate avanti dal regime di al-Sisi.
Il regime di al-Sisi ha emanato una serie di norme funzionali alla legalizzazione della crescente repressione della libertà di espressione, di associazione e di manifestazione pacifica.
Da quando il presidente al-Sisi ha preso il potere, la situazione dei diritti umani in Egitto ha conosciuto un deterioramento catastrofico e senza precedenti. Attraverso una serie di leggi draconiane e di tattiche repressive delle sue forze di sicurezza, il governo del presidente al-Sisi ha orchestrato una campagna coordinata per rafforzare la stretta sul potere, erodendo ulteriormente l’indipendenza del potere giudiziario e imponendo soffocanti limitazioni nei confronti dei mezzi d’informazione, delle ONG, dei sindacati, dei partiti politici e dei gruppi e attivisti indipendenti (Magdalena Mughrabi, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord).
Dal 2014 sono state emesse oltre 1.891 condanne a morte, almeno 174 delle quali eseguite.
Nel 2018 sono state approvate la legge sui mezzi d’informazione e quella sui crimini informatici, che hanno esteso ulteriormente i poteri di censura sulla stampa e sulle emittenti radio-televisive. Secondo l’Associazione per la libertà di pensiero e di espressione, dal maggio 2017 le autorità egiziane hanno bloccato almeno 513 siti web, tra cui portali informativi e di organizzazioni per i diritti umani.
Inevitabilmente il caso di Patrick Zaky riporta alla memoria la vicenda di Giulio Regeni, dottorando italiano dell’Università di Cambridge, rapito il 25 gennaio del 2016 al Cairo dai servizi segreti egiziani, il cui corpo, che mostrava evidenti segni di tortura, fu trovato nove giorni dopo in un fosso lungo l’autostrada per Alessandria.
Oggi, a distanza di quattro anni, la verità è ancora al Cairo.
La speranza è che la tempestiva risonanza mediatica data alla vicenda che si sta consumando in questi giorni possa garantire a Zaky un processo non sommario e impedire che subisca ulteriori arbitrarie torture.
Per questo dovremo attendere la prossima udienza, che si terrà il 22 febbraio, dove verrà anche deciso in merito all’appello presentato dagli avvocati di Zaky.
Avvocato e redattrice, nonché co-fondatrice di Inchiostro Virtuale.
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