Le parole di origine cinese sono un’esclusiva delle lingue orientali o le possiamo trovare anche in italiano? Scopriamolo in questo articolo!
Se vi chiedessi di citarmi termini di origine francese o inglese nella nostra lingua avreste l’imbarazzo della scelta. Ma sapreste dirmi anche delle parole di origine cinese? Dal momento che l’italiano e il cinese hanno ben poche similitudini sembrerebbe una missione impossibile. Esistono però dei termini – alcuni dei quali del tutto insospettabili – derivanti proprio dalla lingua orientale.
Come per i termini culinari francesi (chef, maître, ragù, ristorante, ecc.) o quelli tecnologici inglesi (smartphone, mouse, e-mail, software, ecc.), anche quelli cinesi, come vedrete, fanno riferimento a particolari categorie, per lo più legate alla società e alla cultura del Paese.
Ma non perdiamo altro tempo e vediamo quali sono le parole derivanti dal cinese riscontrabili nella nostra lingua!
Parole di origine cinese
Le arti marziali
Come si poteva immaginare, molte parole di origine cinese derivano dalle arti marziali, tecniche di cui sono maestri. La parola più famosa in tale ambito è senza dubbio kung fu (功夫, gōngfu) – la cui scrittura fa riferimento al vecchio sistema di romanizzazione Wade-Giles -, salita alla ribalta internazionale grazie ai film di Bruce Lee.
Il suo significato letterale, però, non è strettamente connesso al mondo della lotta. Il termine 功夫, infatti, identifica in maniera generica un’abilità per il cui raggiungimento è necessario un grande impegno e/o un duro lavoro, condizioni che ben si adattano all’apprendimento di queste tecniche.
Il termine cinese, usato anche in italiano, per identificare le arti marziali di questa zona geografica è, invece, wushu (武术, wǔshù). Si tratta della traduzione più fedele in quanto è composto dalle parole 武 (marziale) e 术 (arte).
Altrettanto famoso è il taijiquan (太极拳 tàijí quán) in cui la tecnica di lotta e di meditazione è abbinata all’eleganza dei movimenti. Questo termine è conosciuto in Italia anche, semplicemente, con i nomi di tai chi o taiji.
Questa semplificazione, ininfluente nella nostra lingua, è paradossale se confrontata con il significato originale del termine. Il taiji (太极), infatti, è un concetto che si rifà alla filosofia cinese, mentre è proprio il termine omesso quan (拳, pugno/pugilato) che lo identifica come arte marziale.
Di sicuro avete sentito anche il termine shaolin, riferito principalmente al famoso tempio (少林寺, shàolín sì) con relativi monaci, ma anche ai vari stili di lotta, tra cui lo 少林功夫 (shàolín gōngfu) o 少林拳 (shàolín quán).
La filosofia cinese
Un tema strettamente correlato con le arti marziali è la filosofia orientale. Come per il termine taiji, infatti, è difficile tracciare una separazione netta tra i due argomenti. Anche in questo ambito troviamo numerose parole diventate ormai comuni in italiano.
Sicuramente avete sentito tutti parlare di Confucio, i cui insegnamenti hanno dato vita alla dottrina nota come confucianesimo. Ma cosa c’entra il nome di una persona con le parole di origine cinese? In realtà Confucio non era il vero nome del filosofo.
Si chiamava Kong Qiu (孔丘, kǒng qiū) dove, per chi non lo sapesse, Kong è il cognome. Era conosciuto, però, con l’appellativo di maestro (夫子, fūzǐ), motivo per cui veniva chiamato 孔夫子 (kǒng fūzǐ, maestro Kong) o, semplicemente, 孔子 (kǒngzǐ). In occidente il cognome e il titolo vennero uniti, dando vita al nome Confucio che conosciamo oggi.
Restando in tema di religioni orientali, altrettanto importante è il taoismo, il cui nome deriva dal concetto del tao (道, dào). Qui troviamo il principio di yin e yang (阴阳, yīnyáng), secondo cui ogni elemento presente nell’universo è costituito dalla perfetta interazione di due entità opposte e complementari. Tale significato è ben rappresentato dal noto simbolo.
Ad esso è collegato anche il concetto di qi (气) – noto in italiano anche come ch’i (dal sistema Wade-Giles) o ki (dalla pronuncia giapponese) -, l’energia che anima tutto nell’universo. Come altri termini, viene usato soprattutto nell’ambito delle arti marziali.
Un’altra parola molto conosciuta è zen, riferita a una forma di buddismo giapponese. Anche la pronuncia stessa “zen” proviene da questo Paese: cosa c’entra dunque la Cina? Il termine si riferisce al cinese 禅 (chán), nome della scuola buddista alla quale si è ispirata quella nipponica.
A proposito. vi consiglio l’articolo sul confronto tra le lingue cinese e giapponese!
Il cibo
Un argomento certamente meno impegnativo è il cibo. In questa sezione ho deciso di non inserire parole legate a prodotti tipicamente cinesi come i jiaozi o i baozi, optando per qualcosa di più comune e internazionale.
Iniziamo con una bevanda presente in tutte le nostre case: il tè. Oggi in Cina è chiamato 茶 (chá), per cui si pensa che l’etimologia del “nostro” termine faccia riferimento alla parola 荼 (tú), originariamente associata alla bevanda. Gli europei, infatti, commerciando nei porti di Xiamen, si imbatterono nel prodotto che, nel dialetto locale, veniva chiamato proprio “tê”.
Una curiosità: sebbene in molte lingue (come inglese, francese, spagnolo o tedesco) sia presente la variante locale del nome “tè”, in altre è presente una versione del nome cinese odierno, come nel portoghese (chá) e nel giapponese (茶, cha). Questo perché nel mondo, per ragioni storiche, i vari Paesi utilizzano principalmente o l’una o l’altra pronuncia.
Tra le tante varietà, gli estimatori conosceranno sicuramente l’oolong, il tè blu. Non è difficile immaginare che si tratti di una parola di origine cinese la quale, dato il colore particolarmente scuro, significa “drago nero” (乌龙, wǔlóng).
Altri cibi i cui nomi derivano dal cinese sono la soia, il tofu e il ramen, prodotti che ci fanno subito pensare all’estremo Oriente ma non necessariamente alla Cina. Già, perché i tre termini non solo sono giapponesi ma, come nel caso del ramen, sono un piatto tipico di quella zona.
In realtà, come spesso accade, quella giapponese è solo la pronuncia locale della medesima parola cinese. La soia (shōyu in giapponese), ad esempio, deriva dalla parola cinese 酱油 (jiàngyóu). Tōfu è invece la pronuncia giapponese di 豆腐 (dòufu). Il termine ramen, infine, è l’equivalente nipponico del cinese 拉面 (lāmiàn).
Altre parole
Al di fuori delle categorie appena viste esistono altre parole di origine cinese. La più famosa, anche se può sembrare banale, è proprio il nome del Paese: la Cina. La cosa strana, però, è che in cinese si chiama 中国 (zhōngguó), un suono completamente diverso rispetto al nome che conosciamo.
In realtà pare che il nome “Cina” derivi dalla dinastia Qin (秦, qín) – o Ch’in in Wade Giles – che unificò il Paese nel 221 a.C. e diede vita alla Cina imperiale.
Sapete cosa vogliono dire, in cinese, i nomi di Pechino e Shanghai? Scopritelo nell’articolo sui nomi delle città e nazioni in cinese!
Tra le parole non italianizzate troviamo il mahjong (麻将, májiàng), conosciuto anche come mah-jongg, mah jong o ma-chiang. Si tratta di uno storico gioco da tavolo cinese ma, per noi italiani, è soprattutto il classico gioco per pc con le tessere da eliminare a coppie.
Infine, se siete pratici di tessuti, conoscerete sicuramente lo sciantung, noto anche come sciantun o shantung. I vari nomi, italianizzati o in Wade Giles, derivano da quello dell’omonima provincia (山东, Shāndōng).
Le parole di origine cinese insospettabili
Le ultime parole che vi propongo mi piace definirle “insospettabili”. Quelli viste finora, infatti, erano quasi tutti termini di chiara origine asiatica o, comunque, strettamente legati all’estremo oriente. Di questi, invece, non avrei mai pensato a una paternità cinese.
Il primo è un fenomeno meteorologico: il tifone. Il nome dei cicloni nel Pacifico nord-occidentale deriva dal cinese 台风 ( táifēng), la cui pronuncia cantonese è “t’ai fung”.
Un altro termine insospettabile è il ketchup. Sebbene la sua origine venga generalmente ricondotta alla lingua malese, pare che in questo Paese sia arrivato solo in un secondo momento dalla Cina. Nel dialetto Amoy, infatti, la salsa 鮭汁 era nota con il nome di “kê-tsiap”.
Finiamo con una locuzione molto comune ma di cui forse non avete mai saputo l’origine. Sto parlando del lavaggio del cervello, la persuasione coercitiva capace di annullare il pensiero autonomo di chi lo subisce. Forse penserete che derivi dall’inglese “brainwashing“, di cui è la traduzione letterale. In realtà anche il termine anglofono è arrivato da un’altra lingua.
Ovviamente sto parlando del cinese e, in particolare, del termine 洗脑 (xǐnǎo) che, letteralmente, vuol dire proprio “lavare il cervello”. La prima volta che comparve in Occidente fu nel 1950, quando si cercava di spiegare il motivo per cui, durante la guerra di Corea, i prigionieri americani cooperarono con il loro rapitori cinesi.
Sono diverse, quindi, le parole di origine cinese nella nostra lingua. Certo, alcuni termini sono piuttosto specifici, citati solo da chi pratica determinate discipline, ma altri, come il tè o il ketchup, sono di utilizzo pressoché quotidiano. Detto questo non mi resta che salutarvi: alla prossima!
Classe 1986. All’università ho scoperto la lingua cinese ed è stato amore a prima vista, tanto che da allora ho continuato a studiarla da autodidatta.
Nel blog, oltre a parlarvi della cultura cinese, cercherò di rendervi più familiare una delle lingue più incomprensibili per antonomasia.
Potete contattarmi scrivendo a: m.bruno@inchiostrovirtuale.it