La vita prima
Prima dei cellulari, prima di internet, prima dei social, io ricordo che avevo una vita. Diversa; migliore. Noi tutti l’avevamo – noi anziani, intendo. E ce l’ho fatta appena in tempo per avere un’adolescenza: spensierata, orribile, semplice, burrascosa, autentica, contraddicente. Un’altalena, un vortice – come per ogni generazione, certo! -, ma mi sento di poter affermare che è stata soprattutto meno contaminata; inevitabilmente meno contaminata.
Se mi andava di parlare con qualcuno, mi vestivo e andavo a telefonare dalla cabina; usavo il citofono per schiodare qualcuno da casa; ci si ritrovava in piazza, al solito rassicurante posto, senza nemmeno rinnovare l’incontro successivo, tanto non ci si muoveva da lì; scrivevamo lettere (lunghissime!), per non parlare, poi, dell’attesa elettrizzante aspettando la replica che pareva non arrivare mai; ci si sedeva sui muretti, ci si guardava negli occhi e si parlava, si ascoltava, si comunicava.
C’era un tale bisogno di confrontarsi che, a ripensarci, mi commuovo.
Ma chi è nato anche solo 5-6 anni dopo di me, le sa queste cose? Le capisce? Non credo; non credo nemmeno immagini. Però ci ha pensato Giulia Sagramola, classe 1985, a restituirci un’immagine di quell’adolescenza fine anni ’90 con il suo primo graphic novel, Incendi estivi, del 2015, edito da Bao Publishing.
Incendi estivi, dentro e fuori
Incendi estivi è una storia di formazione ambientata d’estate.
I protagonisti sono una ragazza diciottenne, Rachele, sua sorella Sabrina, sedicenne, e il suo migliore amico Stefano, che vivono in una città di provincia del centro Italia in cui non succede quasi niente. A fare da contorno ci sono gli amici e i genitori. Gli unici eventi che accadono sono degli strani incendi nei boschi, causati da piromani, che li spingono ad andare a indagare per contrastare la noia, e che li porterà a scoprire meglio chi sono e cosa vogliono.
L’incendio non è riferito solo alla temperatura estiva, ma è anche il fuoco che infiamma le loro anime, le loro personalità, tale da radere al suolo la qualunque, difficile da dissipare.
C’è un’estate bollente: quel momento che tutti aspettano perché sta a indicare “niente scuola”, che, quando arriva, tedia anche un po’ perché non si sa bene che fare, e che, quando sta volgendo al termine, inizia già a mancare, in attesa (apparentemente infinita) di quella dell’anno successivo.
L’estate è uno spazio-tempo in cui può accadere di tutto, specialmente se si è adolescente. La stagione delle rivelazioni, dei mutamenti, delle rivoluzioni, delle scoperte e dei pianti sul letto con il viso rivolto verso il muro. L’estate è tutto: è un viaggio che comincia a giugno e termina a settembre. Ciò che avviene d’estate, spesso, rimane solo un ricordo, oppure funge da metamorfosi che ci accompagnerà per tutta la vita (un esempio lampante è quello che succede in Stand by me – Ricordo di un’estate.
2001. Da giugno a settembre
Quella che precede l’ultimo anno di scuola superiore è, per Rachele, un’estate scandita dal lento trascorrere delle giornate, ma, allo stesso tempo, piena di fatti. L’indole introversa e un po’ presuntuosa le rende non facile il confronto con gli amici, tranne che con Stefano, l’amico di sempre. E mentre i roghi ardono nei boschi sulle colline, la osserviamo affrontare la patente, le liti con Sabrina, le difficoltà di farsi capire in famiglia e le maldicenze dei compagni di scuola. Nel contempo, il rapporto con Stefano si fa sempre più teso, e l’amicizia sembrerebbe trasformarsi in qualcosa di più.
Le vacanze cominciano proprio con il simbolo per eccellenza dei ragazzi in quella fase della vita: suo padre le sta insegnando a guidare l’auto e, per evitare che investa un passante, usa il freno a mano. Rachele è adirata, ma anche rattristata, per le regole di guida imposte dal padre. La scena introduttiva è un’eccellente sintesi della condizione di stallo che vive Rachele.
Come lo è stato per tutti noi, Rachele vuole fare esperienza a modo suo, azzardando, cercando di prendersi delle responsabilità, ma la presenza dei genitori è ingombrante e le ricorda continuamente che è ancora una ragazza terribilmente insicura.
Dall’altro lato c’è Sabrina, all’apparenza più emancipata e disinvolta della sorella maggiore, con la quale ha un legame di amore/odio tipico di quell’età.
Tutto procede lentamente.
Agli occhi dei protagonisti sembra non succedere mai nulla, ma in realtà si tratta di mesi fondamentali e di grandi cambiamenti: gli amori, le scoperte, il dolore, le responsabilità, il sesso, le feste, le passeggiate all’aria aperta con gli amici.
Tutti loro, anche se diversamente, avvertono questa sensazione di malessere, hanno timore, sono intrattabili, si sentono incompresi ma, al tempo stesso, non riescono a esprimere l’oceano di emozioni che li domina.
Colori, linee e voci
Lo stile della Sagramola è decisamente stilizzato, con pochissime linee di matita pastosa, ma senza sacrificare l’espressività dei personaggi.
A livello grafico, inoltre, si nota un’attenta cura verso i dettagli, come loghi sulle magliette, i poster, pettinature, il font di modelli di cellulare estinti, che rendono la narrazione ancora più precisa, realistica, e precisamente collocata dal punto di vista storico.
L’intero fumetto è caratterizzato dall’uso della bicromia, la quale assume quattro diverse connotazioni nel corso della storia, una per ognuno dei mesi entro i quali questa si svolge: più aumentano le passioni dei protagonisti, in luglio e agosto, più è intenso il colore (arancione e giallo acceso), per poi virare su tonalità più pacate in giugno e settembre (salmone e giallo tiepido).
La maggior parte del racconto è composta da tavole con 4 vignette, alcune con 2-3-5-6, e sporadiche singole.
Quasi tutte le matite sono state realizzate con la Cintiq e poi stampate. La fase di inchiostrazione è stata eseguita con matite grasse 6B e 3B, scurita con i livelli su Photoshop. Anche per il colore e il lettering, Sagramola si serve di Photoshop (il font utilizzato, Bedé, è stato disegnato dalla stessa autrice).
Le pagine scorrono veloci, in modo fluido, grazie a uno storytelling essenziale, pur trattandosi di una storia piacevolmente lenta, con un giusto equilibrio tra parole e azione.
Sagramola sceglie di non prendere le parti della protagonista, supportandola con la voce narrante, ma di limitarsi, invece, a osservare e a riprendere dall’esterno i discorsi e il comportamento dei propri personaggi. Scelta saggia, dal momento che si tratta di una storia che si distingue per i grandi monologhi interiori, per il dolore trattenuto all’interno, per l’incapacità di esternare i pensieri, per la scontrosità e la mutabilità.
I tempi dei dialoghi e delle espressioni dei volti seguono uno sviluppo ben definito, così come quelli dedicati alla sospensione e alle pause, sottolineati da dettagli e campi lunghi, in un mix che accompagna ed enfatizza le dinamiche della storia che viene raccontata.
Spazio, dunque, agli sguardi e al contatto fisico: il sesso, per esempio, è un aspetto presente in Incendi estivi, e la delicatezza di quegli attimi è lasciato al silenzio delle pagine. Non ci sono didascalie, canzoni o parole, ma soltanto i loro volti, i loro movimenti, le gocce di sudore.
L’insostenibile lentezza dell’adolescenza
Incendi estivi è uno spaccato di vita vissuta, di quelle circostanze, piacevoli e non, nelle quali tutti noi sicuramente ci siamo imbattuti: disillusioni, speranze, sogni, sesso, musica, birra, tedium vitae.
L’autrice racconta con sensibilità ed empatia l’adolescenza, quel periodo tendenzialmente incendiario dell’esistenza, un’età di mezzo, un secolo oscuro, ma dove tutto ancora sembra essere possibile. Le scritte sulle t-shirt hanno ancora un senso e una passeggiata nel bosco può diventare un’esperienza irripetibile.
La liberazione sembra trovarsi in un foglio rosa. Una patente che significa andare via, andare dove si vuole. Un documento che simbolicamente permette di emanciparsi dalla famiglia.
Da sfondo, una MTV che simboleggiava il lontano, il nuovo, il futuro (clicca qui per ascoltare tutti i brani presenti nel fumetto).
Incendi estivi è anche lo sforzo di arrangiare il futuro, di quando si è liberi dagli impegni quotidiani e si dovrebbe pensare al domani e invece, ogni giorno, si rimanda la scelta, ché tanto c’è tempo per diventare adulti.
È la storia dell’insicurezza, dell’indecisione tipica dell’adolescenza e delle contraddizioni di quel periodo in cui non si sa ancora cosa si vuole essere o che pieghe prenderà la propria esistenza.
In sintesi, Incendi estivi è un racconto pervaso di malinconia e focalizzato sulla crescita, su come la vita può cambiare nell’arco di una sola estate. Perché la verità è che adolescenza non equivale né a “età di mezzo” e né a “secolo oscuro”. Adolescenza significa crescere: nutrirsi delle insicurezze del mondo e resistere alle sicurezze di chi crede di conoscere la retta via.
Il digitale è lontano, ma ancora per poco
Senza digitale era tutto più magico: tutti i personaggi sono ancorati alla realtà, alla vita vera, quella fatta di relazioni, di fisicità, di sguardi e, al massimo, di qualche SMS. Tutta la controparte virtuale è ancora lontana. L’unica cosa che contava era vivere il momento e custodirlo nella memoria.
Con Incendi estivi siamo di fronte all’ultima adolescenza della storia vissuta prima della sopraffazione di internet e smartphone: la storia di Sagramola potrebbe tranquillamente avere luogo ai giorni nostri, e funzionare con gli adolescenti d’oggi, se non fosse per la componente “digitale”.
L’adolescenza contemporanea è costituita anche da chat, da selfie, da social network, da app e da una dose di “immaterialità” che rischia di sfuggire alle opportunità del disegno. Un aspetto tutt’altro che marginale, considerato quanto le tecnologie digitali e i social media abbiano spostato il baricentro delle relazioni tra persone e della rappresentazione che se ne fa nelle narrazioni.
Non dico che sarebbe meglio tornare al calamaio, però vi confesso che in un cassetto conservo ancora il mio Nokia 3310.
Hai presente quelle tipe total black, dai capelli rossi? Immaginami estasiata tra dischi, fumetti, film, serie TV, libri, violoncelli. Tra citazioni e suoni, ti farò compagnia, con una tavola di Magnus e una canzone di Fiumani.