Bilancia tifoso

I sogni di calciomercato del tifoso passano ormai per conti, bilanci e fatturati; ignorare questi elementi non aiuta a valutare l’operato di una società

Abbiamo già parlato di calciomercato, in particolare del circo mediatico che viene allestito intorno a questo momento della stagione calcistica che tante volte si fonda sostanzialmente sul nulla, sulla capacità di romanzare – se non inventare – trattative, rendendole una sorta di intrigo internazionale. Se si parlasse di romanzieri la dinamica sarebbe anche piacevoli, ma dal momento che queste fiction vengono costruite da giornalisti, che avrebbero il dovere di cronaca, la faccenda assume ben altri connotati. Ne abbiamo già parlato, come detto, quindi non torneremo a ripeterci; tuttavia c’è un altro aspetto del calciomercato che il tifoso non può più ignorare: quello della contabilità.

Se gli addetti al lavoro dovrebbero tenere un certo contegno deontologico nel fornire le notizie di calciomercato, il tifoso invece ha tutta la libertà di sognare il grande colpo per la propria squadra. Questo fantasticare però viene ormai prepotentemente frenato dalla componente economica che ogni trattativa porta con sé: inutile sperare nell’arrivo di un campione da 100 milioni se la propria squadra non ha un bilancio in grado di sostenere un acquisto del genere. Le stringenti regole UEFA hanno troncato molti sogni di mercato (non tutti, vedi Cristiano Ronaldo) del tifoso medio. Quest’ultimo deve conoscere fatturato, monte ingaggi ed altri costi del club per poter tarare le speranze di calciomercato da poter coltivare con una qualche possibilità di successo.

Di fronte a questa ginepraio economico il tifoso è insorto: vi capiterà di leggere sui social orde di appassionati che dicono di “voler fare i tifosi e basta, senza disquisire di economia” e che vogliono il “calcio di un volta”, dove era possibile vedere anche un fuoriclasse come Zico all’Udinese (esempio classico portato dai nostalgici). Fino a qui il ragionamento potrebbe essere giusto e condivisibile, ma poi subentra la polemica, nostro pane quotidiano: il tifoso non vuole fare conti, tuttavia se la propria squadra non acquista un costoso fuoriclasse per mancanza di risorse, allora accusa presidente e dirigenti di essere – nella migliore delle ipotesi – tirchi, avidi ed incompetenti.

Ci sono diversi esempi di presidenze capaci di rendere sostenibili e competitive squadre prese in situazioni economiche disastrose (Lazio, Napoli ed Inter su tutte) ma tuttavia tacciate di essere la rovina dei rispettivi club. Così Lotito viene chiamato da alcuni tifosi “Lotirchio”, De Laurentiis è un vile speculatore, limite e rovina assoluta del Napoli (dimenticando che l’ha tirato fuori dalla Serie C per renderlo una delle prime forze della Serie A) e Zhang invece vuole solo fare pubblicità ai prodotti a marchio Suning senza cacciare una lira.

Se si prova ad obiettare che ci sono paletti da rispettare, che la possibilità di spesa non dipende dalla disponibilità del proprietario ma dal fatturato della società, l’argomentazione più frequente e profonda che verrà opposta sarà: “cazzate, è una scusa”. Il vizio di voler mettere bocca su argomenti di cui non si hanno conoscenze non dico specifiche (altrimenti il dibattito sarebbe per pochissimi economisti) ma neanche basilari contraddistingue molti dei nostri connazionali; passi quando si parla di calciomercato, ma quando poi si vaneggia su vaccini, lavoro e giustizia allora la faccenda da fastidiosa diventa altamente nociva.

Le strade sono due: o cercare di apprendere le nozioni elementari in materia di bilanci calcistici, anche per non essere presi in giro da chi inventa trattative impossibili, oppure tacere. Sarà poco romantico, sarà noioso, sarà da “tifosi contabili” (dispregiativo con il quale si etichetta chi ragiona numeri alla mano e non con il “cuore”, anche se la parte anatomica che mi viene in mente è un’altra), ma bisogna prendere atto che il calcio europeo si fonda su questo sistema economico.

Si può poi disquisire sulla bontà di tali regole, per esempio dire che il Fair Play Finanziario è stato ideato in un momento in cui il calcio stava per crollare sotto i propri debiti e per questo è stato necessario, ma non è stato capace di evolversi per non favorire troppo i club economicamente più potenti. Ciononostante, a prescindere dalla bontà del FPF, i club devono attenervisi fino quando non cambierà la struttura dell’economia calcistica.

Io per primo ho delle conoscenze economiche piuttosto scarse, ma con alcune letture un po’ più approfondite ho potuto capire meglio come calcolare il peso di un giocatore a bilancio, senza entrare troppo nello specifico (non ne sarei capace probabilmente). Per sommi capi, dunque, cercherò di riassumere le nozioni più semplici e basilari (le uniche che ho, è bene ripeterlo) per potersi orientare fra fatturati, bilanci, commissioni ed ingaggi, cercando di utilizzare anche esempi concreti. La speranza è di rendere la discussione sul calciomercato un pochino più consapevole a partire dal tifoso medio.

Come si calcola l’impatto economico di un giocatore sul bilancio della società

Il peso di un giocatore sul bilancio è determinato sostanzialmente da due elementi: il costo aziendale e l’ammortamento. Il primo è composto prevalentemente dallo stipendio lordo del calciatore, al quale vanno aggiunti degli oneri accessori. Il secondo invece è un elemento sul quale si fa più confusione: erroneamente si pensa che a bilancio vada l’intero costo del cartellino del giocatore acquistato, mentre in realtà si deve considerare solo l’ammortamento. Quest’ultimo si calcola sì partendo dal costo del cartellino, ma questo poi viene diviso per gli anni di durata del contratto che il giocatore ha firmato. Esempio noto a tutti: Cristiano Ronaldo è stato pagato circa €112mln ed ha firmato un quadriennale da 60 milioni lordi all’anno (30 milioni netti, vista la tassazione italiana). Dunque per calcolare l’ammortamento del portoghese dovremmo fare:

112 (mln) : 4 (anni di contratto)

Avremo dunque un ammortamento di 28 milioni annui. Sommandolo allo stipendio da 60 milioni annui, che con l’aggiunta di altri oneri porta il costo aziendale a 68 milioni annui circa, il costo a bilancio di Cristiano Ronaldo è di circa 98 milioni di euro, impatto che il portoghese avrà ogni anno sui bilanci futuri della Juventus fino a quando sarà in essere il suo contratto.

Come si fa una plusvalenza?

Spesso si ha una concezione distorta di plusvalenza, strumento necessario (e controverso) per sistemare i conti delle società: molti ritengono, infatti, che per fare plusvalenza con la cessione di un giocatore occorra vendere lo stesso ad un prezzo superiore a quello del suo cartellino. Quindi si pensa che se un giocatore è stato pagato 30 milioni, si farà plusvalenza rivendendolo a più di 30 milioni. In realtà non è così, altrimenti – altro esempio – l’Inter non avrebbe potuto fare plusvalenza con i 25 milioni ricevuti dal Valencia per Kondogbia, pagato dai nerazzurri più di 30 milioni. In realtà il calcolo deve essere effettuato sul valore residuo del giocatore, che si ottiene sottraendo dal costo iniziale gli ammortamenti dei bilanci pregressi. Riprendiamo l’esempio di Cristiano Ronaldo: se fra tre anni la Juventus volesse venderlo per non voler più avere i suoi 98 milioni a bilancio, dovrebbe sottrarre ai 112 milioni iniziali tre anni di ammortamenti. Dunque facendo un calcolo rapido:

112 (costo cartellino) – 84 (tre anni di ammortamento, 28×3)

Per fare plusvalenza fra tre anni, dunque, la Juventus dovrebbe vendere Cristiano Ronaldo a non meno di 28 milioni.

Cosa succede all’ammortamento quando un giocatore rinnova il proprio contratto?

Il rinnovo contrattuale è un’arma importante per le società: oltre che ad evitare che un giocatore vada in scadenza di contratto, infatti, permette anche di diminuire l’ammortamento del giocatore che rinnova. Infatti l’ammortamento annuo viene ricalcolato in base al valore residuo del giocatore diviso per il numero di anni del nuovo contratto. Tornando a Cristiano Ronaldo, se fra tre anni la Juventus volesse allungare il contratto del portoghese di altri due anni, bisognerebbe fare il seguente calcolo:

28 (valore residuo) : 3 (anni di contratto rimanenti dopo il rinnovo)

L’ammortamento scenderebbe così a poco più di 9 milioni annui, con un alleggerimento dei costi di 20 milioni. Risparmio che sembra poco, ma che, in virtù di quanto detto sinora, libera nel bilancio lo spazio per un giocatore che ha firmato un quinquennale da 8 milioni lordi e che è stato pagato 50 milioni (10 milioni di ammortamento più un costo aziendale di poco inferiore ai 10 milioni), cifre che ormai servono per comprare giovani promettenti prima che esplodano definitivamente (altrimenti si arriva a prezzi tendenti alle nove cifre). Per quello molte volte i club rinnovano dei contratti ancora lontani dalla loro scadenza: al netto di un aumento d’ingaggio, spesso l’ammortamento crolla ed alleggerisce il bilancio.

Cosa succede quando il pagamento è rateizzato?

Assolutamente nulla: la rateizzazione incide sulle modalità di pagamento, non sul valore a bilancio del giocatore. Un calciatore pagato 100 milioni avrà lo stesso impatto sia che venga pagato in un’unica soluzione che in cinque comode rate. Il peso sarà minore solamente aumentando gli anni di durata del contratto, necessari – come abbiamo visto – per calcolare l’ammortamento.

I principali trabocchetti da evitare sono questi. Senza avere particolari conoscenze economiche è così possibile sapere cosa sia lecito sognare per la propria squadra.

Consigli di lettura

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Scritto da:

Lorenzo Picardi

Avvocato e pubblicista, non giudicatemi male. Per deformazione professionale seguo qualunque fatto d'attualità. Non sono malato di sport, mi limito a scandire i periodi dell'anno in base agli eventi sportivi. Ogni tanto provo a fare il nerd, con risultati alterni.
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