Eurovision Song Contest: quando l’unione si fa musica
Cari amici,
ho riscritto quest’articolo domenica mattina perché ovviamente, dopo quel che è successo sabato sera, beh, è tutta un’altra storia! Ormai lo avrete letto ovunque: l’Italia e i Maneskin hanno vinto l’Eurovision Song Constest a trent’anni dall’ultimo trionfo. Una vittoria schiacciante che ha generato subito detrattori, i quali, con accuse infondate che definire infamanti sarebbe poco, hanno cercato di macchiare di fango un successo strameritato.
Ma non è questo aspetto che voglio trattare, bensì come e perché è nato l’Eurovision, quale spirito lo anima e nutre le sue radici da ben 65 anni, spirito per cui le polemiche complottistiche e i tentativi di screditare gli avversari non sono contemplati.
Come cominciava (l’articolo)
Scrivo quest’articolo in quella che per me è la settimana più importante dell’anno: quella in cui va in onda l’Eurovision Song Contest. Ho conosciuto questa kermess una decina di anni fa e da allora non solo non ho più perso un’edizione, ma passo il resto dell’anno nella trepidante attesa dell’evento, nella speranza di poterlo vedere dal vivo un giorno. Ma certo non pensavo potesse accadere così presto!
L’Europa in musica
L’Eurovision Song Contest nacque nella prima metà degli Anni ’50. A dieci anni dalla fine della guerra, l’Europa a pezzi tentava una ricostruzione anche morale per lasciarsi alle spalle il doloroso passato, cercando qualcosa che potesse unire le nazioni, favorendo così un’unione sovranazionale.
E quando si tratta di dialogo e unione la musica è l’unico mezzo, l’unico linguaggio universale.
Come Sanremo
Forse per qualcuno sarà uno shock, ma l’Eurovision nasce come una costola di del Festival della canzone italiana, Sanremo appunto.
L’idea di un festival internazionale della canzone fu suggerita da Sergio Pugliese, drammaturgo e giornalista italiano, e fu accolta con entusiasmo dal direttore dell’EBU (l’European Broadcasting Union); così il 24 maggio 1956, esattamente 65 anni fa, al teatro Kursal di Lugano si alzava il sipario su quello che in seguito divenne il concorso canoro più importante a livello mondiale
Prime edizioni dell’Eurovision Song Contest
Nelle edizioni moderne partecipano alla finale venti Paesi che passano le semifinali, a cui si aggiungono i Big Five: Paesi che entrano di diritto in finale – Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna – perché fondatori del festival, a cui si aggiunge di diritto il Paese organizzatore in quanto vincitore.
Ma nel 1956 i Paesi che vi parteciparono erano solo 7, tanto che portarono due canzoni a testa. Gli Stati partecipanti erano Italia, Paesi Bassi, Svizzera, Belgio, Germania Ovest, Francia e Lussemburgo. Regno Unito, Austria e Danimarca non si iscrissero in tempo e debuttarono l’anno successivo.
Chi partecipa all’Eurovision?
Nonostante si chiami Eurovision il fatto di essere fisicamente in Europa non è vincolante per partecipare al festival. Possono partecipare tutti coloro che secondo l’International Telecommunication Union rientrano nell’area dell’Unione Europea di Radiodiffusione o sono membri del Consiglio d’Europa.
Nel 2008, sono state introdotte le due semifinali con tutti i Paesi, ad eccezione del Paese ospitante e dei Big Four, diventati Big Five dal 2011 con il ritorno dell’Italia.
Nel corso degli anni si sono uniti Paesi con solo parte del territorio in Europa, come la Russia (dal 1994), la Georgia (2007) e l’Azerbaigian (2008); dei Paesi dell’Asia occidentale partecipano ormai stabilmente Israele, Cipro e Armenia. Solo nell’edizione del 1980 partecipò anche un Paese africano: il Marocco.
L’Australia, da sempre interessata all’evento, fu invitata nel 2015 a partecipare in occasione del sessantesimo compleanno della kermesse e da allora ha sempre partecipato e lo farà dagli accordi presi almeno fino al 2023.
Eurovision, solo musica dal vivo
Oggi tutti gli artisti si esibiscono con voce dal vivo su basi musicali pre-registrate ma, dal debutto fino al 1973, il Paese ospitante era obbligato a fornire l’orchestra che suonasse dal vivo; dal 1973 fu lasciata libertà di scelta ai partecipanti, quindi era comunque tenuto ad allestire un’orchestra (anche perché gli strumenti usati nel brano dovevano essere presenti sul palco). L’orchestra sparì definitivamente nel 1999.
Canta come parli
Personalmente sono una strenua sostenitrice del fatto che sia meglio esibirsi in madrelingua; l’Italia ha, per esempio, sempre cantato in italiano, la questione della lingua è stata dibattuta più volte e più volte il regolamento è stato cambiato.
Fino al 1964 le nazioni partecipanti cantavano in linguamadre, ma – dopo che nel 1965 la Svezia presentò un brano in inglese – fu introdotta la regola che le canzoni dovevano essere eseguite in una delle lingue nazionali ufficialmente riconosciute.
Questo limite cadde nel 1973 e molti Paesi colsero l’occasione con profitto, uno per tutti la Svezia: gli ABBA vinsero nel 1974 con Waterloo.
Nel 1977 tornò l’obbligo della lingua nazionale, restrizione abolita definitivamente nel 1999.
Curiosità: tutte le lingue dell’Eurovision
L’eliminazione dei vincoli linguistici ha portato soluzioni spesso creative. Nel 2003 il Belgio partecipò con Sanomi, scritta in una lingua inventata.
Nel 2006 i Paesi Bassi presentarono Amambanda con testo in parte inglese, in parte in una lingua inventata. Sempre inventata è la lingua di Juliss, Belgio 2011; Haba Haba fu la prima canzone a contenere una lingua africana. Non sono consentiti brani esclusivamente strumentali.
Eurisiko: la geopolitica all’Eurovision
Benché l’Eurovision sia un evento apolitico, gli assetti e le frizioni tra i Paesi partecipanti hanno delle volte portato a esclusioni, ritiri o chiamiamole “soluzioni creative”.
Per farvi alcuni esempi, quest’anno la Bielorussia non ha partecipato perché i tre brani che aveva presentato supportavano in modo più o meno velato il regime di Lukashenko.
Curioso quanto successe nel 1978 al Palais des Congrès di Parigi: poiché Israele vinse il festival, l’emittente giordana semplicemente interruppe la trasmissione e dichiarò vincitore il Belgio arrivato secondo.
Non si contano invece i ritiri all’ultimo secondo a causa della partecipazione di altri Stati: casi che si sono presentati tra Turchia e Israele o tra Cipro e Grecia.
Come si scelgono i cantanti?
Appurato come funziona la partecipazione dei singoli Stati, cerchiamo di capire qualcosa su come vengono scelti i cantanti.
Non c’è una regola fissa: alcuni Paesi come l’Italia, i Paesi scandinavi e la Svezia li selezionano tramite concorso nazionale; in altri casi si seleziona l’artista e poi la canzone o viceversa. In alcuni casi è direttamente a chiamata.
L’unico vincolo è che almeno uno degli autori sia nato nella nazione che il binomio cantante/canzone rappresenta.
Chi vince l’Eurovison? Come funzionano le votazioni
Il vincitore dell’Eurovision viene decretato dalla combinazione delle votazioni di due giurie. La prima è quella che potremmo definire “di qualità”: ogni stato deve formarla scegliendo cinque membri che si occupino di musica. Questa giuria può assegnare da 1 a 12 punti; a questo punteggio si somma la seconda classifica, quella formata dal televoto delle nazioni.
Ogni nazione può infatti votare in una delle due semifinali, mentre tutti votano alla finale (anche i Paesi esclusi) ma nessuno può votare per il proprio stato. Le percentuali del televoto vengono tradotte in punti che vengono sommati ai precedenti.
In questa finale l’Italia ha vinto grazie ai 300 punti assegnati con il televoto (tantissimi!) che si sono aggiunti ai 224 assegnati dalla giuria di qualità.
Curiosi di sapere come sono distribuite le vittorie? Lo schema qui sotto sarà illuminante!
Nota social: quest’anno l’evento è stato visto da circa 90 milioni di persone nella sola Europa e i cinguettii hanno passato i 3,3 milioni per #Eurovision e i 300.000 per #ESCita.
Se ancora non vi basta
Se la vittoria del Maneskin vi ha esaltato e l’articolo vi ha incuriosito e volete saperne molto di più, vi consiglio il sito ufficiale con tante informazioni e curiositò.
Cosa ci aspetterà ora?
Quello a cui noi fan ci prepariamo e che occuperà i nostri pensieri per il prossimo anno sarà seguire la preparazione di Esc2022, finalmente in Italia, cercando di conoscere il maggior numero di anticipazioni e sperando che sia più vicino a casa possibile, nel mio caso Milano.
Anzi, che ne dite, lanciamo la campagna #EscMilano2022?
Scherzi a parte, vi lascio con l’emozione della proclamazione della vittoria e l’esibizione finale, perché ci piace rivederla ancora una volta!
https://youtu.be/RVH5dn1cxAQ
Consigli di lettura
Se l’articolo vi è piaciuto, scoprite la storia e le nostre opinioni su Sarnremo.
Mi chiamo Cristina, sono nata di giovedì e sono un sagittario!
Mi piace chiacchierare, conoscere persone e sono a mio agio anche a una festa in cui non conosco nessuno. Cerco sempre il lato positivo delle cose e il mio motto è “c’è sempre una soluzione”!
Maniaca della programmazione, non posso vivere senza la mia agenda.
Ho studiato linguaggi dei media e da quasi 20 anni mi occupo di comunicazione per una grande azienda di telefonia.
Nel tempo libero mi piaceva leggere, viaggiare, guardare i film, andare a teatro. Ora invece ho due gemelle di 7 anni che, se da una parte assorbono quasi tutte le mie energie, dall’altra mi hanno donato un nuovo e divertente punto di vista.
Per tutti questi motivi vi parlerò di storie e leggende.