Matria. Storia della Sardegna, episodio 1
“La matria è un luogo fisico e metaforico d’accoglienza, al di là delle appartenenze nazionali, etniche, religiose, sociali, di genere […] contrapposto alla patria come realtà storica definita dai discrimini dell’identità nazionale e dell’appartenenza nativa a un dato territorio.“
Raccontare la Storia è poco semplice.
È tentare di entrare nella testa di persone diverse da te e morte da tanto. Alcune hanno scritto, e di altre sono rimasti indizi che ci lasciano a digiuno di chiavi di lettura.
Questa sarà una storia della Sardegna e non semplicemente una storia dei Sardi, per due ragioni.
Prima di tutto è l’esempio perfetto di come le vicende umane possano legarsi a doppio filo alla geografia di un territorio.
La seconda ragione è che è complicato definire chi siano i Sardi e lo scoprirai a ogni nuovo episodio.
Per ora ti dirò che i Sardi possono essere i veri custodi della tradizione e insieme creature completamente aliene. È qualcosa che dipende dal momento storico, dal contesto o da chi hai di fronte.
Approdo sulle coste della Sardegna. Il canto del Mistral
“È il miglior cantautore, senza note o parole, nella notte fra i Dolmen cantastorie ad honorem…”
[Murubutu – Ánemos]
Secondo il canone delle isole, formatosi entro il V secolo a.C., la Sardegna era l’isola più grande del mondo fino ad allora esplorato. Circondata dalle acque del Mediterraneo occidentale, con tutti i limiti che la navigazione doveva avere allora, questi 1.900 km circa di coste non dovevano essere di facile approdo. Non lo sono neppure adesso, ma puoi concederti il lusso d’immaginare un approdo grazie a un folle volo, affidandoti al vero principe dell’isola: il vento.
Pensa di giungere con raffiche di vento da nord-ovest. Il maestrale tiene banco per giorni, s’incanala nelle vie strette dei paesi a velocità spaventosa, butta giù tutto quello che incontra. Ha una potenza sufficiente da permetterti di planare e osservare quel quadrilatero frastagliato dall’alto.
Vedrai che il 75% della superficie ha una copertura pietrosa. La Sardegna è nota per gli affioramenti e gli altipiani di calcare, scisto e granito; la roccia è talmente presente che nei secoli ha creato l’immaginario della montagna e della sua gente, e questo nonostante solo il 18% della superficie superi i 600 m dal livello del mare.
Puoi anche scegliere di approdare direttamente nel cuore dell’isola e di trovare riparo dalle intemperie in una grotta. Le grotte sono un patrimonio importante per gli studiosi, archeologi in primis, perché hanno consentito di dimostrare che la Sardegna era frequentata da gruppi umani sin dal Pleistocene, l’epoca precedente a quella che stiamo vivendo (che si chiama Olocene).
Un timido popolamento della Sardegna preistorica
“La grotta è lo sbadiglio della montagna.”
[Ramón Gómez de la Serna]
Prima del ritrovamento di evidenze chiare, si riteneva improbabile che dei gruppi umani fossero vissuti in Sardegna già in tempi così remoti e l’Isola appariva alla portata solo delle genti del Neolitico, che nel frattempo avevano perfezionato la navigazione senza coste a vista.
È un dubbio sensato, ma tieni presente il cambiamento nella conformazione delle terre emerse da un’epoca all’altra.
Il Pleistocene è anche noto come l’epoca dei cicli glaciali, lunghi periodi di tempo in cui i livelli del mare si abbassavano esponendo intere porzioni di territorio: infatti, quando ci riferiamo a questo periodo, non dovremmo parlare di Sardegna ma di blocco sardo-corso, in quanto le due grandi isole del Mediterraneo occidentale erano unite.
In aggiunta, anche la costa toscana era molto più ampia: il punto di maggior vicinanza tra i due blocchi si trovava tra Capo Corso e Capraia e distava poche miglia marine. Perciò esisteva la possibilità di spingersi oltre lo stivale e avventurarsi in terre nuove.
Le più antiche manifestazioni umane in Sardegna si attestano tra i 400mila e i 120mila anni fa; che, se paragonati ai tempi geologici, sono pochissimo ma è un lasso di tempo enorme se lo misuriamo con i tempi della civiltà umana.
Anche la più piccola informazione assume un’importanza capitale: i manufatti in pietra utilizzati, indizi sulla flora e sul paleoambiente, sulla fauna e quindi sulla dieta; si scava per trovare resti umani, ma più il sito è antico più è difficile trovare ossa fossili.
Grazie ai dati raccolti adesso sai che la Sardegna era abitata nel Paleolitico inferiore e nel Paleolitico superiore. Rimangono dubbi sulla presenza umana nel Paleolitico medio, per intenderci il periodo in cui sono vissuti i Neanderthal.
Il Paleolitico inferiore in Sardegna
I maggiori indizi sul Paleolitico inferiore in Sardegna li ricaviamo proprio dalla pietra. Mancano purtroppo i resti umani, che comunque dovevano appartenere a una specie più antica di Homo sapiens, e dati sull’ideologia funeraria e l’attività artistica, che vengono usati dagli studiosi per valutare l’evoluzione culturale e del pensiero simbolico.
Sono due i siti archeologici che hanno restituito strumenti in pietra, entrambi nella zona di Sassari:
- Sa Coa de sa Multa;
- Sa Pedrosa – Pantallinu.
A Sa Coa sono stati trovati blocchi in selce, materia prima molto usata dagli artigiani preistorici che era reperibile a breve distanza dal sito, prodotti di scheggiatura, denticolati e raschiatori.
In questa fase gli strumenti erano più “dritto per dritto“. Funzionali allo scopo – lavorare la carne e le pelli – ma senza la raffinatezza dei millenni successivi.
Il sito di Sa Pedrosa è interessante perché era stato frequentato a più riprese. Lo studio del suolo ha mostrato una successione di livelli alluvionali e livelli con segni di presenza umana. La tecnologia appare più evoluta di quella di Sa Coa e suggerisce, per le similitudini, l’esistenza di contatti con i gruppi continentali.
Il Paleolitico superiore in Sardegna
I gruppi che vivevano in Sardegna nel Paleolitico superiore erano indubbiamente Homo sapiens, facevano parte della nostra stessa specie. I siti archeologici interessati sono tre:
- Santa Maria is Aquas, nel Campidano centrale;
- Grotta Corbeddu, nel Nuorese;
- Riparo s’Adde, anch’esso nella zona di Nuoro.
Nel sito di Santa Maria is Aquas è stata recuperata un’industria litica di 70 reperti all’interno di depositi sabbiosi, il materiale prescelto era l’immancabile selce.
Grotta Corbeddu ha restituito non solo strumenti in selce e calcare, ma anche parecchie ossa di una specie endemica di cervo: il Megaloceros cazioti. Doveva essere un magnifico rappresentante della fauna pleistocenica, ma attenzione: non è l’antenato del cervo sardo moderno. La grotta è articolata in 4 ambienti. Nella sala 2, il team dello studioso Paul Y. Soondar ha disseppellito nel 1993 un osso fossile umano, per la precisione una porzione di falange databile a 20mila anni B.P.1. Al momento questo è il più antico resto umano fossile della Sardegna.
Per concludere la parentesi del Paleolitico, il Riparo s’Adde ha custodito qualcosa di unico ed emozionante.
Devi sapere che il Paleolitico superiore è noto soprattutto per le manifestazioni artistiche e simboliche che ci sono arrivate. Tra le altre c’era la tendenza a scolpire statuette in pietra, e un magnifico esempio è rappresentato dalla Venere di Macomer. Si tratta di una statuetta antropozoomorfa: ha glutei ben definiti, esibisce un seno solo; la testa, con occhi laterali, potrebbe essere quella di un Prolagus sardus. Anche questo estinto, era un mammifero lagomorfo dello stesso ordine di lepri e conigli.
La Sardegna preistorica nel Mesolitico
La Sardegna continuò a essere popolata anche nel Mesolitico, l’età che salutava per sempre le glaciazioni ma che avrebbe ceduto presto il passo alla transizione neolitica.
Si estinguono i grandi mammiferi del Pleistocene: il cervo Megaloceros cazioti e il canide lupino Cynotherium sardous, mentre è ben presente il piccolo Prolagus sardus, che evidentemente era preda anche dei cacciatori umani.
Tra i siti archeologici di interesse incontriamo vecchie conoscenze – Sa Coa e Grotta Corbeddu – e quattro novità:
- Riparto di Porto Leccio, nella zona di Sassari;
- Grotta Su Coloru, sempre nel Sassarese;
- Sito all’aperto di Sardara, nei pressi del Monte Arci;
- Sito di s’Omu e s’Orku ad Arbus, nella Sardegna sud-occidentale.
Da notare che, anche in questa fase della preistoria sarda, l’industria litica si basa su materia prima locale, fatto che porterebbe a escludere la presenza di una rete di contatti e scambi con comunità “straniere”.
Di questi la più spettacolare e s’Omu e s’Orku, e in generale la zona di Arbus, perché ha restituito dopo millenni i resti di 3 esseri umani.
Sardegna preistorica: i resti di Ampsicora e il sonno di Beniamino e Amanda
La datazione dello scheletro di Ampsicora – ribattezzato così in onore di un personaggio storico che ti presenterò più avanti – è compresa tra 10mila e 8.200 anni or sono, rendendolo lo scheletro completo più antico disseppellito in Sardegna.
S’Omu e s’Orku è invece la casa eterna di Beniamino e Amanda. Beniamino è il nome dato allo scheletro di un maschio adulto, collocato in una struttura d’inumazione. Un’altra sepoltura ha riportato alla luce uno scheletro femminile, chiamato appunto Amanda. Le ossa erano state ricoperte di ocra rossa, un pigmento molto usato. Il corredo funebre consisteva in conchiglie e, nel caso della sepoltura di Amanda, in manufatti di pietra e ossidiana.
Sono storie dimenticate che è complicato ricostruire. I gruppi umani che si sono avvicendati nel Paleolitico e nel Mesolitico hanno lasciato spiragli delle loro vite e, con il tempo, si sono estinti. Difficile dire se abbiano impattato sulle popolazioni future, probabilmente no.
Questa situazione cambia drasticamente con la transizione neolitica. Le genti del Neolitico hanno lasciato una cultura fiorente e un’impronta profonda che rimane nei Sardi di oggi.
Te ne parlerò nell’episodio 2: “Sardegna preistorica: dal Neolitico ai metalli“.
1 B.P. sta per Before Present ed è utilizzato quando si datano i reperti al radiocarbonio.
FontiStoria della Sardegna, dalla preistoria ad oggi – A cura di Manlio Brigaglia ImmaginiCartina fisica della Sardegna – Città capitali.it |
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