“Mi piacerebbe salire in cima a una grande montagna.”
Manu Larcenet è un fumettista francese famoso, in Italia, per la quadrilogia di Blast, capolavoro di forma e sostanza che si distingue per intensità emotiva e capacità di introspezione psicologica, per Lo scontro quotidiano, graphic novel poetico e tragicomico sulla fatica, la precarietà e la gioia di vivere, e per Il rapporto di Brodeck, ipnotico e inquietante viaggio nel lato oscuro dell’anima.
Si intuisce, quindi, che Larcenet non è certo il tipo di persona che si risparmia, anzi! Nei suoi lavori, ha l’abitudine di sviscerare il proprio essere, svestendo i suoi panni e palesandosi nudo al mondo intero, nonostante tutte le ritrosie del caso, le perplessità e le problematiche che ciò comporta. Non lo fa certo per egotismo quanto, piuttosto, per l’esigenza autentica di un parere che sia il più feroce possibile. Un’opinione spietata, sì, a partire dalla sua per seguitare con quella del pubblico, fino ad arrivare a farsi squartare dalla razza umana per intero, e squartarla lui stesso.
Dunque, l’artista sente essenzialmente la necessità pressante di nuotare in un mare di critica brutale, impietosa e incessante. Di questo suo bisogno ne ha dato prova anche lo scorso anno quando ha chiesto in modo esplicito di non essere votato al Grand Prix de la ville d’Angoulême. Non possiamo dire con certezza se ha preferito ritrarsi per la tensione emotiva e professionale, per i troppi onori o per l’eccessivo peso. Sta di fatto che Larcenet ci appare come una persona in bilico tra l’impellenza di raccontarsi e quella, similmente insanabile, di condurre un’esistenza da eremita.
I titoli sopraccitati sono tutti successivi al 2003, mentre esiste un fumetto che Larcenet ha scritto negli anni ’90, poco più che ventenne, e che in Francia è stato pubblicato nel 2000 da Éditions Les Rêveurs. Parlo di Faremo senza, gioiello edito nel nostro Paese dalla mia Coconino Press, nel 2017.
Ciò che salta subito all’occhio è il divario tra l’uscita francese e quella italiana. La spiegazione è un po’ simile a quella per 676 apparizioni di Killoffer: all’inizio degli anni 2000, il pubblico italiano non era né pronto, né interessato, a un certo tipo di narrazione autobiografica intimista tipica della corrente fumettistica francofona di quel tempo. E se, finalmente, anche noi possiamo usufruire di Faremo senza, è grazie a Zerocalcare che, oltre a curare la traduzione dal francese, ha fatto un discreto pressing sugli amici della Coconino Press. Il fumettista romano è, infatti, un estimatore di Larcenet da sempre, il quale ha ispirato molti dei suoi lavori per stile grafico e tematiche affrontate.
Scopriamone di più.
“Una volta raggiunta la vetta, uno deve sentirsi molto fiero di sé, deve sentirsi… l’Uomo più alto del Mondo!”
Dal momento che Faremo senza non presenta una trama vera e propria, Larcenet si serve dell’empatia come meccanismo narrativo. Con un anticipo di vent’anni sull’attuale tendenza italiana che tocca i temi dell’ansia e dell’inadeguatezza, il fumetto ci parla di paure comuni a tutti noi, con tutte le loro ambivalenze e incoerenze.
La storia ci è raccontata sotto forma di un sentito monologo che, per mezzo di un vissuto estremamente personale, trasmette tutte le sfumature della sfera emotiva, senza per questo sfruttare sentimenti patetici per risultare apprezzabile.
Il protagonista di Faremo senza è un buffo omino stilizzato, senza nome, che si rivolge direttamente al lettore e che ci fa compagnia condividendo pensieri sull’esistenza, vignetta dopo vignetta, disastro dopo disastro. Questo omino, dai tratti infantili e dal naso a patata, è un personaggio pieno di timori, fobie, aspettative e fantasmi che lo ossessionano da sempre. In un accavallarsi di stati d’animo, siamo posti di fronte alle nostre bugie, alle nostre sconfitte, ai nostri egoismi, ai nostri rimorsi e rimpianti, diventando i protagonisti di un racconto spesso divertente, a volte oscuro, ma sempre tremendamente toccante.
Il lettore è sommerso dal suo flusso di coscienza scritto di getto dove parla a ruota libera del terrore di invecchiare, di quello della morte, delle ambizioni, delle delusioni una volta raggiunto il traguardo. Larcenet usa frasi brevi ma dense in cui non è possibile non intravedere gran parte dei pensieri che, alla fine, torturano ognuno di noi.
L’omino balza da una tavola all’altra, si sposta, vaga, corre via da qualcuno o qualcosa che lo sta inseguendo, tutto ciò mentre ci rende partecipi della sua visione disillusa della vita, dove non c’è spazio per cuori, fiorellini e unicorni che vomitano arcobaleni.
Quello che ne traspare è che la vita è faticosa, ingiusta e fa anche un po’ schifo. L’omino accenna anche alla possibilità di poter porre fine il prima possibile alla propria vita, ma il solo pensiero che il dopo-vita possa essere peggiore, è motivo sufficiente per desistere in partenza.
Malgrado non si riesca ad avvertire un brandello di speranza, malgrado sembri che siamo destinati e condannati al patimento, Faremo senza ci resta dentro, forse perché si parte dall’idea che, in fondo, il problema – il vivere, l’esserci, l’esistere senza una valida motivazione – troverà una soluzione. O, forse, perché l’omino si renderà conto che, alla fine, ci sono ragioni per andare avanti che sono differenti da un laconico “bisogna vivere per forza”.
Faremo senza va divorato così, con la percezione di essere protagonisti di ogni vignetta.
“Eppure, quando non abbiamo più uno scopo, ci sentiamo strani…”
Le pagine sono sviluppate in orizzontale e ogni tavola presenta cinque vignette alte e strette.
La griglia, così definita, favorisce la continuità grafica, narrativa e iconografica tra le vignette.
Il tratto semplice, talvolta banale, ricorda un po’ il minimalismo di Lewis Trondheim, La Linea di Osvaldo Cavandoli e i lavori stessi di Larcenet in Lo scontro quotidiano anche se non è assente qualche invenzione visiva, come l’uso che ne fa dei mostri.
Il disegno è stilizzato, soave e scanzonato, tecnica che attinge direttamente dalla tradizione satirica, dove l’intento è quello di raccontare qualcosa di intenso e introspettivo mediante toni e raffigurazioni in apparenza divertiti. L’opposizione tra questi due aspetti trascina e, allo stesso tempo, disorienta il lettore, portandolo inevitabilmente a riflettere, tra sorriso e commozione.
Nonostante un lettering corsivo a mano libera e il registro confidenziale, Larcenet si rivolge sia ai più giovani che agli adulti.
L’umorismo grafico è irriverente e va a braccetto con l’emozione e l’enfasi retorica della parte scritta.
La narrazione brillante, rapida e profonda, si presenta come una narrazione circolare: non c’è, infatti, nessuna folgorazione finale, così come non c’è un triste o lieto fine. Si rimane lì sospesi, con le nostre inquietudini e paranoie. A sbrogliarcela da soli, insomma, perché non esiste una felicità assoluta da poter conquistare, anche se ne saremo costantemente alla ricerca.
L’omino delle strisce appare così diverso dall’autoritratto che Larcenet fa di sé nelle note a fine volume e dalle foto che si trovano in internet, suscitando nel lettore un profondo senso di tenerezza, come se l’animo di quell’omone tatuato e rockeggiante fosse veramente racchiuso in quella buffa creatura.
Faremo senza è un lavoro agile e veloce da leggere che esprime, a livello grafico, una riflessione ora cupa, ora illuminante, sugli alti e bassi della vita. Il testo sarebbe godibile anche senza i disegni ma, come spiegato prima, ci si perderebbe la parte più acuta e originale del lavoro.
“Allora bisogna ritrovarne uno in fretta… sennò si muore.”
Ciò che colpisce e che rende unico Faremo senza è che Lacernet lo ha scritto poco più che adolescente, un periodo della vita in cui raramente si ha la sensibilità e l’esperienza per fare bilanci sulla vita e per “elargire consigli dall’alto dei propri vent’anni”.
Quest’ultime, sono le parole dell’autore stesso che, a fine libro, inserisce un’esilarante “nota approssimativa a uso dei giovani lettori” in cui descrive per immagini la nascita del volume e la sua vergogna, che descrive al suo editore come “maximum shame”, per aver messo a nudo sentimenti e pensieri così intimi, immaturi e adolescenziali, e per aver usato uno sconsiderato noi, come ad avere la presunzione di poter parlare a nome di tutti. L’uso del noi, infatti, può rivelarsi un’arma a doppio taglio, innescando un sentimento di empatia fra chi scrive e chi legge, ma può anche sembrare pretenzioso (altra parola che Larcenet usa nella “nota”): dare per scontato che anime affini possano scalare le montagne con l’omino e con lui cadere inesorabilmente nel baratro più nero.
Nonostante questa sincera autocritica, Faremo senza è un fumetto importante dove il ragionamento dell’autore, per quanto personale e precoce, ha comunque una coerenza logica che si trasforma nel corso del racconto, andando a delineare riflessioni tutt’altro che semplicistiche sui dubbi e le perplessità che sono proprie di ogni età, mettendo a fuoco il bisogno di comunicare come altra faccia del bisogno di solitudine.
Anima affine è, sicuramente, Zerocalcare che, come detto, ne ha curato la traduzione in italiano, regalandoci anche una tavola introduttiva in cui ci racconta di essersi innamorato follemente del fumetto fin dalla prima volta in cui l’ha letto in lingua originale perché là dentro “è tutto dolorosamente vero”. L’impazienza e la paura di divenire grandi, i mostri che popolano la nostra infanzia che sembrano volerci divorare subito ma che, invece, restano a cullarci per sempre, a ridimensionare gli entusiasmi: un po’ come avviene per il polpo alla gola, coprotagonista del libro così come sua essenza.
Faremo senza raggiunge, senza dubbio, una vetta poeticissima nell’ambito dei racconti intimisti. Come la vita vera, il fumetto è tanto difficile da mandar giù tutto d’un fiato, quanto impossibile da posare sul comodino prima di averlo finito. È un bilancio esistenziale, un momento di riflessione che esprime il suo spessore nel gusto di prendersi una pausa e fare il punto della situazione, con assoluta onestà e trasparenza, oltrepassando ogni filtro che renderebbe quasi impossibile un simile livello di condivisione tra sconosciuti.
Il Larcenet giovane di Faremo senza si dimostra già un uomo sinceramente devoto al confronto col mondo, un fumettista che ama ragionare su se stesso, porsi eterni quesiti, riconoscere le proprie debolezze, andare ancora e sempre avanti.
Un’ultima cosa: ma per voi di che faremo senza?
Hai presente quelle tipe total black, dai capelli rossi? Immaginami estasiata tra dischi, fumetti, film, serie TV, libri, violoncelli. Tra citazioni e suoni, ti farò compagnia, con una tavola di Magnus e una canzone di Fiumani.