Internet e l’odio
Il palcoscenico dei social network non apre e chiude il sipario, una volta andati in scena nessun telone di velluto rosso verrà a nasconderci da ciò che abbiamo scelto di mettere in mostra. C’è chi riceverà applausi e chi riceverà fischi, e tutti, senza nessuna esclusione, veniamo in parte influenzati da ciò che ci accade online.
La relazione con l’altro diviene sui social principalmente due cose: ricerca di consenso o motivo di scontro. Se pur io ritenga la ricerca di consenso (a volte spasmodica), e tutto ciò che ne consegue, decisamente affascinante, è sul piano dello scontro che credo sia più utile riflettere.Siamo ormai tristemente abituati a sentire parlare di odio in rete. Ogni personaggio noto che si rispetti ha una folta schiera di hater pronta a sfogare le proprie frustrazioni commentando ossessivamente post e fotografie.
Come diceva Pascal, “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce” e i social ci hanno insegnato che le ha anche quando odia, non solo quando ama. Sì, perché l’odio in rete è irragionevole, totalmente e indistintamente irragionevole. Potrà finire a osservare la modella più bella che esista al mondo, ma l’hater non avrà problemi a sovvertire qualunque canone estetico per commentare senza alcuna grazia con un bel “cessa”, spesso accompagnato da epiteti sessisti.
Chiedo perdono a tutti quelli che di solito dicono cose del genere: “bastaaaa con questo sessismo, voi femministe lo infilate ovunque!”. In effetti è in parte vero, ma ciò accade per una sola e semplice ragione: il sessismo è ovunque.
L’odio in rete è diviso essenzialmente in due macrocategorie: quello che la giurisprudenza americana indica come hate speech (espressione tradotta in italiano con “incitamento all’odio”) e quello che potremmo definire individualizzato. L’hate speech è l’insieme di tutte le forme di aggressione manifestate online, a discapito di un determinato gruppo di persone in base a un qualunque tipo di discriminazione. L’odio individualizzato è invece rivolto a una singola persona. Entrambe le facce dell’odio online possono avere conseguenze allarmanti, ed entrambe sembrano peggiorare e ingigantirsi in modo preoccupante.
Il virtuale ha diffuso nuove forme di aggressività. La dimensione digitale ha reso, per certi versi, grottesca la libertà di parola. Non sorprende più nessuno vedere la casalinga di mezza età, dall’aspetto mite e con il profilo pieno di foto di cuccioli, insultare selvaggiamente dei migranti; né il ragazzo con la foto profilo da fidanzato modello, abbracciato alla sua lei, che ci tiene a dare della “cagna in calore” alla bella showgirl su Instagram. L’ostilità online è così comune da essere stata normalizzata.
L’odiatore seriale è impossibile da etichettare. Non esiste un identikit dell’hater tipo. Non ci sono distinzioni di sesso, età, istruzione, status economico. La libertà di espressione è la loro fiera bandiera e non vengono mai sfiorati dal dubbio di essere totalmente inopportuni. Lo schermo li rende brutalmente sfrontati e i like dei propri simili li incoraggiano a fare peggio.
Quali sono le conseguenze dell’odio online?
È scontato dirlo, ma il discorso è molto complesso. Dietro all’incitamento all’odio possono esserci ragioni economiche e politiche, che gli stessi odiatori a volte non sono in grado di comprendere. Che l’odio in rete sia un ottimo carburante, da sfruttare a proprio vantaggio, è divenuto ben presto chiaro al giornalismo e alla politica. C’è chi si guadagna, poco onestamente, da vivere con le fake news che incitano all’odio e c’è chi, politicamente, ottiene enormi benefici da questi meccanismi. Per quanto riguarda l’odio individualizzato, così come a volte rimane (fortunatamente) fine a se stesso, in casi particolari e purtroppo non rari sfocia in fenomeni ben più gravi, come cyberbullismo, cyberstalking, revenge porn, istigazione al suicidio.
Odiare è sempre un’azione concreta, anche quando lo si fa commentando sui social. L’aggressività e l’odio portano sempre con sé conseguenze reali e tangibili, a volte lievi, altre gravissime. Le vittime ci sono già state. C’è chi ha scelto di uccidersi pur di non subire l’umiliazione della gogna online. Purtroppo neanche la morte è in grado di realizzare il desiderio di queste vittime di vedersi riconosciuto il diritto all’oblio.
La volgarità inaccettabile è concepita come goliardia, humor nero, libertà d’opinione e a chiunque, anche per i più futili motivi, può accadere di divenirne vittima.
Cosa fare per arginare questa ondata di odio?
La rete è ancora percepita come un non-luogo totalmente deresponsabilizzante, è fondamentale rivalutare il concetto di responsabilità. Mentre il diritto si sforza affannosamente a adattarsi ai tempi moderni, non sempre con i risultati sperati, è di vitale importanza affidarsi cautelativamente all’educazione. I nativi digitali hanno il diritto di ricevere una formazione adeguata che gli consenta di sviluppare una consapevolezza sociale che gli permetta di usufruire del proprio spirito critico in modo costruttivo.
L’importanza di una piena presa di coscienza della propria identità digitale può essere d’aiuto non solo per evitare possibili atteggiamenti aggressivi, ma anche a prevenire eventuali attacchi da parte degli altri. Inoltre è necessario che le giovani vittime dell’ostilità online abbiano un aiuto concreto da parte del mondo adulto per elaborare le proprie emozioni e reazioni.
In un tempo in cui internet è il nostro pane quotidiano, credo che le istituzioni e la scuola debbano prendere in seria considerazione questi aspetti, la cui complessità necessita di un impegno costante e non limitato a iniziative, se pur pregevoli, di una durata troppo inconsistente.
Anche gli adulti possono essere educati
Quando ci si trova di fronte ad atteggiamenti aggressivi online spesso le reazioni sono di rabbia. Alcune persone rispondono a frasi becere e violente con sarcasmo o in generale con toni spiacevoli. Questo atteggiamento, che ammetto, non faccio fatica a comprendere, è del tutto sbagliato. Opporsi all’astio con altro astio, va da sé, non potrà mai portare a dei miglioramenti di questa preoccupante deriva sociale.
Esporre le proprie obiezioni con ragionevolezza e pacatezza potrebbe servire a placare l’impetuosità di alcuni interlocutori e magari spingerli a una riflessione. Il tentativo deve essere sempre quello di risvegliare un’umanità assopita. Proprio con la finalità di diffondere umanità ed empatia per contrastare l’odio in rete, sono nate diverse iniziative di attivismo online come quella svedese denominata jagärhär. Promuovere la cultura del rispetto è difficile, ma sempre più necessario.
Le parole sono importanti, usiamole per ostacolare l’odio, che sia esso online o offline.
Nata nel pieno dei fantastici anni ’80 tra gli argentei ulivi pugliesi. Vedo più film e serie tv che persone! Per questo ho scelto di parlarne su Inchiostro Virtuale.