Tiger King Recensione

Tiger King è uno dei maggiori successi di Netflix, vediamo cosa rende speciale questo documentario

Quando si decide di vedere un documentario sugli zoo privati negli Stati Uniti, ci si aspetta di vedere trattate le pessime condizioni di vita degli animali, l’avidità dei proprietari di questi posti e, al limite, qualche bega legale. Eppure questi elementi, che da soli possono rivelarsi comunque interessanti, non sarebbero in grado di creare l’attenzione che è sorta intorno a Tiger King, documentario in sette puntate (durata variabile dai 40 ai 50 minuti) targato Netflix, che si focalizza sul settore degli zoo privati statunitensi di grandi felini e, in particolare, sul personaggio di spicco di questo mercato: Joseph Allen Maldonado-Passage, in arte Joe Exotic, proprietario dello zoo privato di felini più grande degli Stati Uniti.

Dunque, quali sono gli ingredienti del successo di Tiger King? Soprattutto, al di là del clamoroso riscontro di pubblico, il prodotto è realmente ben confezionato? La grande forza di Tiger King è quella di essere un grande contenitore di generi.

In Tiger King coesistono più generi

Non che Tiger King non sia un documentario, sia chiaro, ma i momenti di informazione sullo stato degli animali negli zoo privati non sono che una parte – via via sempre meno importante – del prodotto Netflix.

Il cuore della serie è raccontare la storia del suo protagonista – Joe Exotic – e dei diversi comprimari, principalmente coloro che lavorano con lui e la concorrenza. Su tutti spicca però la grande nemesi, Carole Baskin, che vuole fermare le attività degli zoo privati di felini degli Stati Uniti, in primis quello di Joe, per permettere agli animali di vivere in ambienti a loro più adatti.

Poliziesco

Sin dalla prima puntata, però, quella che potrebbe sembrare una semplice rivalità fra un avido proprietario di felini ed un’animalista (che però a sua volta ha una riserva non troppo diversa dallo zoo di Joe) viene impreziosita da un elemento non proprio irrilevante: Joe è accusato di aver assoldato un killer per uccidere Carole.

Da questi presupposti si sviluppa Tiger King ed è facile capire perché il prodotto non sia un semplice documentario.

Come è facile intuire, al suo interno si sviluppa anche un poliziesco che vive di colpi di scena incredibili, che sembrano partoriti dalla mente di qualche autore hollywoodiano, mentre rappresentano la realtà dei fatti. Ogni puntata viene abilmente scandita da un nuovo plot twist che spinge lo spettatore a guardare la puntata successiva per sapere come prosegue questa storia paradossale.

Commedia

Ma non c’è solo il poliziesco ad affiancare il documentario, perché la natura stravagante di tutti i personaggi intervistati conduce il prodotto anche sui binari della commedia. Non di rado si può pensare di essere di fronte ad un mockumentary (serie o film girati con la tecnica del falso documentario, ndr) del calibro di The Office o di Parks and Recreation, soprattutto quando la camera si sofferma sugli sguardi imbarazzati degli intervistati dopo essersi lasciati sfuggire qualcosa di inopportuno. Allo stesso tempo, vedere alcuni video realizzati maldestramente da Joe Exotic, rimanda ad alcune scene di How I Met Your Mother in cui i protagonisti creavano improbabili video per i più disparati motivi.

Video realizzato da Joe Exotic. Probabilmente non è neanche il più pacchiano fra quelli girati.

Film di formazione politica

L’ultimo genere che si va ad aggiungere a Tiger King è poi quello del film di formazione politica in stile Vice, aspetto questo riguardo al quale non aggiungiamo altro per non rovinare qualche sorpresa ai lettori. Così elencate, queste diverse anime di Tiger King potrebbero sembrare confusionarie, ma la linearità della storia, oltre che la sapiente regia di Eric Goode e Rebecca Chaiklin, rendono tutto incredibilmente coerente e facilmente fruibile, con anche una morale finale a chiudere il cerchio.

I personaggi

Non si può negare che, oltre alla bravura dei registi Eric Goode e Rebecca Chaiklin, parte del merito della riuscita di Tiger King vada al materiale umano a disposizione. Ogni individuo intervistato ha delle peculiarità che lo renderanno comico e tragico allo stesso tempo.

Joe Exotic è una via di mezzo fra Trump e Cletus Spuckler dei Simpson con due mariti, che probabilmente ama le armi più dei suoi felini. Carole Baskin viene presentata come la “Madre Teresa dei felini” ma alla fine potrebbe essere meno diversa del suo nemico di quanto non si pensi. Bhagavan Antle, oltre ad uno zoo, ha messo in piedi una setta con tutti gli stereotipi del caso.

Ad ogni puntata si aggiunge qualche nuovo personaggio dall’identità ben definita, che arricchisce quello che in un film definiremmo cast stellare, proponendo sempre spunti diversi. Ad ogni modo, il riscontro di tanti luoghi comuni (a prescindere che riguardi armi, culto della personalità, zoo privati o i buzzurri dell’Oklahoma) è costante e forse averne una prova diretta mette a proprio agio lo spettatore.

A ciò si aggiunge lo speciale in uscita oggi.

Lo speciale Netflix in onda oggi, 12 aprile 2020

La puntata (della durata di 40 minuti) non è altro che una serie di interviste aftershow condotte da Joel McHale, per capire come il successo di Tiger King ha cambiato le vite dei protagonisti, restituendo così il rilievo mediatico avuto dallo show. Fra questi, però, non compare Carole Baskin, contrariata dal quadro che lo show ha dipinto di lei e che per questo non ha voluto partecipare allo speciale.

La visione di questo episodio non è essenziale né è girato con le stesse tecniche del documentario, essendo delle semplici interviste realizzate a distanza a causa del Coronavirus. Tuttavia, questo aftershow aggiunge qualche dettaglio in più che chi ha guardato la serie apprezzerà, nonostante l’atteggiamento di alcuni personaggi sembra essere in parte condizionato dalla consapevolezza della visibilità dello show.

Perché consigliamo la visione di Tiger King?

Tiger King è un prodotto unico nel suo genere.

Quello che si presenta come un semplice documentario sugli zoo di felini diventa contemporaneamente un poliziesco, una commedia e una potente satira sociale e politica, offrendo spunti sempre diversi. La bravura dei registi è stata quella di aver preso una storia già di per sé incredibile (lo diciamo veramente senza usare iperboli) e di averla adattata al formato di serie con grande maestria. I registi hanno avuto non solo la bravura di montare le interviste caricandole ora di pathos, ora di comicità, a seconda delle esigenze narrative, ma anche e soprattutto la capacità di concludere praticamente ogni puntata con un colpo di scena che ti invoglia a vedere la puntata successiva.

Si discute di una seconda stagione, tuttavia, per quanto rimangano ancora alcuni punti della vicenda da chiarire, difficilmente le vicende di Joe e compagnia potranno avere la stessa forza narrativa di quanto mostrato nella prima stagione. Con Joe Exotic di mezzo, però, non ci stupiremmo del contrario.

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Scritto da:

Lorenzo Picardi

Avvocato e pubblicista, non giudicatemi male. Per deformazione professionale seguo qualunque fatto d'attualità. Non sono malato di sport, mi limito a scandire i periodi dell'anno in base agli eventi sportivi. Ogni tanto provo a fare il nerd, con risultati alterni.
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