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Questa volta diamo la parola a Sabrina Landolina, per parlare di un fenomeno diffuso nel territorio nazionale ma di cui raramente sentiamo parlare: il caporalato. Inserito all’interno del codice penale con l’art. 603 bis, in quanto delitto contro la libertà individuale, questo reato consiste in una forma illegale di reclutamento e organizzazione della mano d’opera, con assoggettamento delle vittime soprattutto a livello economico ma anche, come accaduto alle braccianti rumene nel ragusano, sessuale. Buona lettura con Eco Internazionale!

Un articolo di Sabrina Landolina

Una delle forme di sfruttamento lavorativo più diffuse in Italia è il caporalato, ovvero una forma illegale di reclutamento e organizzazione della mano d’opera, specialmente agricola, attraverso intermediari detti caporali che assumono, per conto dell’imprenditore e percependo una tangente, operai giornalieri, al di fuori dei normali canali di collocamento e senza rispettare le tariffe contrattuali sui minimi salariali. Esso è legato, inevitabilmente, alla mancanza di alternative valide di lavoro e di sussistenza. Il confine tra sfruttamento lavorativo e schiavitù, diventa così sempre più labile.

Il “caporalato” è diffuso soprattutto nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia. Esso consiste nel reclutamento, spesso da parte di soggetti collegati con organizzazioni criminali, di lavoratori che vengono poi trasportati nei campi o nei cantieri edili per essere messi a disposizione di un’impresa. Il più delle volte si tratta di persone in grande difficoltà economica, il che agevola e facilita il reclutamento di gente disposta a tutto pur di lavorare. Gli imprenditori offrono così salari bassi o nulli.

Le giornate lavorative sono lunghissime e faticose e frequentemente i lavoratori subiscono maltrattamenti e umiliazioni, violenze e intimidazioni da parte dei cosiddetti “caporali”. Le pratiche di sfruttamento dei caporali prevedono non solo la mancata applicazione dei contratti di lavoro, ma anche salari di poche decine di euro al giorno, giornate lavorative che oscillano dalle 8 e alle 12 ore, ma anche violenza, ricatto, sottrazione dei documenti, imposizione di un alloggio e forniture di beni di prima necessità, imposizione del trasporto sul posto di lavoro.


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