Il simbolo della città di Venezia, e della sua antica Repubblica, è un leone alato che rappresenta San Marco evangelista, raffiguratocon un’aureola sulla testa ed un libro aperto tra le zampe.
Pax tibi Marce, evangelista meus. Hic requiescet corpus tuum.
(Pace a te, Marco, mio evangelista. Qui riposerà il tuo corpo).
La leggenda narra che sia stato un angelo a forma di leone alato a rivolgere questa frase al Santo, naufrago nelle lagune.
Prima ancora dei monumenti, però, è importante conoscere la storia della città che tutto il mondo ci invidia (e copia, N.d.A.), quindi perdonatemi se questo pezzo sarà più introduttivo che… turistico.
Venezia: le origini
Le origini di questa città vanno collocate a ridosso dell’invasione longobarda in Italia. Fu in questo periodo, tra V e VII secolo, che un gran numero di abitanti del Veneto, spinti dalle continue incursioni longobarde, iniziarono a stabilirsi nella laguna.
Nel 584 d.C. queste comunità si costituirono in un ducato ed entrarono a far parte dell’esarcato di Ravenna.
Sembra che il primo “doge” ad essere eletto dalla comunità veneta sia stato Paoluccio Anafesto, nel 697 d.C., mentre il primo a godere di un qualche riconoscimento politico da parte bizantina potrebbe essere stato Orso, eletto nell’anno 727. In ogni caso, soltanto a partire dal 751, quando l’esarcato di Ravenna cessò definitivamente di esistere, il ducato della Venezia si costituì come entità politica autonoma.
La Repubblica di Venezia
Per motivi di sicurezza, tra la fine del IX secolo ed il X secolo, la città di Venezia iniziò a prendere forma presso le isole realtine, comprendenti l’attuale Rialto (civitas Rivoalti). Qui, già dall’anno 828, due mercanti avevano avventurosamente condotto le reliquie di San Marco, trafugate ad Alessandria, e pochi anni dopo sarebbe iniziata la costruzione della Basilica di San Marco.
Sin dai primi secoli, la comunità veneziana fu attiva nel commercio, con una partecipazione diretta al “governo” delle famiglie più importanti del ducato. In questo modo, si formò una classe dirigente ricca ed ampia, in grado di limitare fortemente il potere del doge fin da subito.
Per esercitare i propri poteri, il popolo si riuniva in un’assemblea popolare che rappresentava gli uomini liberi, la Concione. Ad essere precisi, con “popolo” si indicava soltanto un gruppo di famiglie aristocratiche residenti presso Rialto, che, di fatto, costituivano una sorta di oligarchia.
Bizantini: nemici – amici
Intorno all’anno mille la città iniziò a consolidare il proprio controllo sulla Dalmazia, alleandosi strettamente con Ancona e Ragusa. Combattendo nel Mediterraneo contro i Normanni, che d’accordo con il papa erano sbarcati in Albania, i Veneziani avevano favorito il consolidamento a Bisanzio dell’imperatore Alessio Comneno che garantì a Venezia, con la Crisobolla del 1082, il diritto di commerciare con l’Impero di Bisanzio senza pagare dazi.
Partecipando alla prima crociata (1096-1099) ed alle crociate del XII secolo, i Veneziani consolidarono ulteriormente il proprio controllo sui principali porti europei a discapito dei Bizantini, che pensarono bene di incoraggiare mercanti provenienti da altre città italiane, in particolare Genova e Pisa. Per tutta risposta Venezia sabotò e distrusse le basi bizantine. Nel 1171, l’imperatore fece arrestare tutti i residenti Veneziani presso Costantinopoli, confiscando i loro beni.
Il risentimento veneziano verso Bisanzio trovò sfogo nella famigerata Quarta Crociata: Costantinopoli venne conquistata e saccheggiata nel 1204 dai crociati. I territori bizantini furono divisi tra i Veneziani, che avevano fornito le imbarcazioni per l’impresa, ed i crociati. In particolare, Venezia ottenne Creta ed Eubea (l’antica Negroponte) e numerosi avamposti fortificati nella terraferma greca.
Il commune Veneciarum
Verso la metà del XII secolo, Venezia apportò alcuni cambiamenti molto importanti al proprio ordinamento politico.
- A partire dall’originaria Concione, fu istituito, nel 1143, un consiglio permanente di sei membri con ampi poteri legislativi, il consilium sapientium, che andò ad affiancare il doge nel governo.
- Successivamente venne creato un consiglio comunale minore, formato da 35 membri.
- Verso l’inizio del XIII secolo nacque il Consiglio dei Quaranta (o Quarantia), una sorta di consiglio supremo, ed un consiglio di anziani, il Consiglio dei Rogati (o Pregadi), che dal XV secolo verrà chiamato prevalentemente Senato.
- L’istituzione più importante fu tuttavia il Maggior Consiglio, nel 1172. Inizialmente nominato da elettori stabiliti dalla Concione, era sostanzialmente l’evoluzione dell’antico consilium sapientium, i cui membri erano aumentati progressivamente nel corso del XII secolo, e a cui si aggiunsero anche i membri della Quarantia. Il Maggior Consiglio era l’assemblea più ampia e potente di Venezia, che esercitava ampi poteri legislativi e funzioni di governo.
Il doge perse progressivamente ogni prerogativa di tipo monarchico e divenne un semplice ufficiale che, pur mantenendo i propri titoli, era formalmente sottoposto al comune.
Stato da mar e Stato da tera
Secondo i trattati dei crociati, i Veneziani assumevano il titolo di signori di un quarto e mezzo del vecchio Impero Romano. Un podestà speciale, nominato a Venezia, amministrò a Costantinopoli, dal 1204 al 1261, tutti i possedimenti marittimi della Repubblica di Venezia.
Nel frattempo, alleandosi con Padova, Firenze e Milano, la Repubblica impedì agli Scaligeri di Verona di consolidare una signoria territoriale verso Chioggia, iniziando ad espandere il controllo anche sulla terraferma.
Il declino
Con il dogado di Francesco Foscari (1423 – 1457), Venezia intraprese una serie di guerre in Italia, in particolare contro Milano. L’obiettivo era la conquista di territori, ma il principale risultato fu che la città rimase coinvolta nei conflitti che dominavano la penisola. Dopo la pace di Lodi (1454), con la Lega Italica, gli Stati Italiani tentarono di stabilire un equilibrio nella penisola, che tuttavia durò poco.
Nel frattempo gli Ottomani, subentrati all’Impero di Bisanzio, conquistarono Tessalonica nel 1430, Costantinopoli nel 1453 e infine, nel 1470, Eubea. Nel 1479 i Veneziani raggiunsero un temporaneo accordo di pace con l’Impero Ottomano.
Nel 1509 la Lega di Cambrai, composta da Spagna, Francia, Germania, il Papato, l’Ungheria, i Savoia e Ferrara, sconfisse clamorosamente Venezia presso Agnadello, segnando la fine dell’espansione veneziana.
La fine
Per tutto il XVI secolo la Serenissima tentò di mantenere la propria posizione di fronte all’avanzata di due potenti imperi: quello asburgico da occidente e quello ottomano da oriente. Dopo l’effimera vittoria di Lepanto nel 1571, seguì comunque la perdita definitiva dell’isola di Cipro, riconosciuta come possesso ottomano dal 1572.
Tra il 1645 ed il 1649, con la Guerra di Candia, la Repubblica di Venezia sfidò un’ultima volta sul fronte marittimo l’Impero Ottomano, perdendo definitivamente l’isola di Creta, ultimo possedimento di qualche rilevanza nel mar Egeo.
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Durante i suoi ultimi anni di esistenza, la Repubblica di Venezia rimase relativamente isolata dal fervore illuministico che fioriva in Europa, pur con occasionali tentativi di riforma. Con Napoleone, determinato a distruggere l’oligarchia veneziana, arrivò la fine. Il 12 maggio del 1797 la Serenissima, ormai isolata, venne sconfitta e l’ultimo doge, Ludovico Manin, deposto.
Lunga vita a Venezia
A mantenere in vita così a lungo la Serenissima, fu una combinazione di diversi elementi. Conosciamoli in dettaglio.
Neutralità
Sin dall’inizio dei secolari conflitti tra papato ed impero (1075), il ducato di Venezia mantenne una rigorosa neutralità, nonostante le proteste papali, ponendo al primo posto la salvaguardia degli interessi commerciali veneti nell’Adriatico, in particolare quando il conflitto iniziò ad interessare la costa della Dalmazia.
L’esempio più eclatante di questa neutralità è la Chiesa di San Pietro di Castello che, fino al 1807, era la cattedrale di Venezia, dove risiedeva il Patriarca. Ogni qualvolta il doge si recava a visitare il patriarca, per evitare l’umiliazione di doversi incamminare fino alla soglia della Chiesa, o al Patriarca di attenderlo all’ormeggio della barca, fu trovata una soluzione per farli incontrare a metà strada. Ancora oggi una pietra bianca è incastonata sulla pavimentazione grigia, come simbolo del punto di incontro tra il potere religioso e quello politico.
Commercio
Le merci che i veneziani scambiavano maggiormente via mare erano: cotone, tessuti, ferro, legname, allume, sale e spezie. Oltre al pepe, citato anche nel testamento del vescovo Orso Partecipazio, Venezia scambiava grandi quantità di cannella, cumino, coriandolo, garofano ed altre spezie fondamentali per la conservazione delle carni, per l’aromatizzazione di vini e per le cure mediche. Non va dimenticato lo zucchero, prodotto a Cipro e raffinato a Venezia, e tutti i profumi e gli incensi utilizzati dai patrizi veneziani e durante le funzioni religiose.
Oltre alle spezie l’oriente forniva anche pietre preziose e seta, mentre Venezia esportava in oriente metalli, legno, pellami e tessuti europei. Altro bene di cui Venezia deteneva il monopolio era il sale: data la sua utilità la Repubblica obbligava ogni mercante a trasportarne una certa quantità.
Altro bene di fondamentale importanza erano i cereali, gestiti dalla Camera del frumento in modo da osteggiare eventuali carestie, ed una grande importazione di olio, usato oltre che nel condimento anche per l’illuminazione.
Nel XV secolo, subito dopo l’invenzione della stampa, a Venezia nacque l’industria tipografica. Nel secolo successivo, con le cinquanta tipografie, si arrivò a produrre una quantità di libri superiore a quella delle maggiori città italiane.
Altro prodotto di spicco dell’industria veneziana era il vetro di Murano che, grazie alla sua qualità, veniva utilizzato per la fabbricazione di vere opere d’arte, oltre che per la creazione di lastre di vetro, già commerciate nel IX secolo.
La moneta
L’espansione del commercio veneziano portò la necessità di una moneta stabile, così nel 1202, durante il dogato di Enrico Dandolo, si cominciò la coniazione del ducato d’argento, poi detto matapan, che si diffuse in breve in tutto il bacino mediterraneo.
Il ducato corrispondeva a 26 denari e pesava all’incirca due grammi. Come le altre monete il ducato aveva l’effigie del doge regnante, che, di fronte a San Marco, impugnava lo stendardo di Venezia.
Il 31 ottobre 1284 il doge Giovanni Dandolo decise la coniazione di una nuova moneta, che divenne vitale nell’economia veneziana, lo zecchino d’oro. Lo zecchino, in oro di ottima purezza, pesava circa 3,5 grammi e la sua coniazione si interruppe solo con la caduta della Repubblica.
A partire dal XVI secolo, il conio avveniva in un apposito edificio affacciato sul molo marciano, dalla zecca di Venezia, sulla cui attività vigilava la Quarantia.
Potere limitato del doge
Essere doge significava non solo prestigio, magnificenza e sontuosità, ma soprattutto impegno, obblighi e limitazioni. Doveva ostentare la magnificenza di Venezia nelle cerimonie pubbliche e diplomatiche, sedere a capo della “Serenissima Signoria” e presiedere ai consigli della Repubblica. Comandava inoltre l’armata in tempo di guerra, ruolo che non gli venne mai limitato.
Nel 1032 la Concio, ovvero l’assemblea generale a cui spettava l’elezione del doge, rifiutò l’elezione di Domenico Orseolo e bandì questa famiglia dal potere. La prima legge costituzionale della Serenissima proibì al doge di trasmettere il proprio potere per via ereditaria. Entrò in vigore quasi due secoli prima della Magna Carta (che risale al 1215) ed avviò un irreversibile processo di limitazione e sottrazione di potere al doge, rendendolo sempre più prigioniero del proprio ruolo.
Il metodo di elezione del doge era studiato per impedire brogli e corporativismi. Con delle apposite manine di legno si facevano più serie di estrazioni, togliendo da un’urna delle palline chiamate “balote“, contenenti i foglietti elettorali.
Il sistema elettorale della Serenissima è del tutto particolare e unico nel suo genere.
Potete trovarne un’ottima descrizione in questo articolo, che lo spiega in dettaglio.
Nel 1786 giunse a Venezia una delegazione composta da Thomas Moore, Benjamin Franklin e Thomas Jefferson per apprendere le leggi della Serenissima, dalle quali presero spunto per scrivere la Costituzione Americana. Ancor oggi, infatti, viene usato il termine “ballot box” per indicare l’urna elettorale e “ballot system” per il ballottaggio.
Perché “La Serenissima”?
Sul perché di questo appellativo sono state fatte varie ipotesi:
- Serenissimo era un appellativo che si attribuiva ai dogi di Venezia. Il termine è poi passato alla città.
- Serenissimo era anche il titolo dei reggenti di Bisanzio da cui Venezia è dipesa formalmente fino al 1453, data in cui Bisanzio è definitiviamente caduta. Nonostante questo, il titolo è rimasto.
- C’è una terza ipotesi che attribuisce questo titolo alla solidità della Repubblica che, grazie alla prosperità, all’oligarchia liberale e solida che la governava, rimase forte e “serena” fino al 1700, nonostante l’espansione turca e la scoperta dell’America.
E con questa ultima curiosità termina l’articolo introduttivo. Vi aspetto alla prossima per scoprire, finalmente, le bellezze della città di San Marco!
Annalisa A.
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Pisa: Piazza dei Miracoli
Pisa: le Mura e Piazza dei Cavalieri
Giunta qui sicuramente da un mondo parallelo e da un universo temporale alternativo, in questa vita sono una grammar nazi con la sindrome della maestrina, probabilmente nella precedente ero una signorina Rottermeier. Lettrice compulsiva, mi piace mangiare bene, sono appassionata di manga, anime e serie TV e colleziono Lego.
In rete mi identifico col nick Lunedì, perché so essere pesante come il lunedì mattina, ma anche ottimista come il “primo giorno di luce”.
In Inchiostro Virtuale vi porto a spasso, scrivendo, nel mio modo un po’ irriverente, di viaggi, reali o virtuali.
Sono inoltre co-fondatrice, insieme a Jessica e Virginia, nonché responsabile della parte tecnica e grafica del blog.
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