the true cost documentario

Qual è il vero prezzo di ciò che indossiamo?

“Questo film parla di vestiti, dei vestiti che indossiamo, delle persone che li realizzano e dell’impatto sul nostro mondo. È una storia di avidità e paura, potere e povertà. È complessa perché comprende tutto il mondo. Ma è anche semplice, mostra semplicemente quanto siamo legati a tante mani e a tanti cuori dietro ai nostri vestiti. Mi sono avvicinato a questo tema senza alcuna esperienza nel campo della moda, iniziando solo con qualche semplice domanda. Quello che ho scoperto ha cambiato per sempre il mio modo di pensare a quello che indosso e la mia speranza è che possa avere lo stesso effetto su di voi”. Con queste parole il regista Andrew Morgan “prende per mano” lo spettatore e lo accompagna nella visione del suo docufilm dal titolo The True Cost.

Presentato lo scorso anno al festival di Cannes, co-prodotto da Livia Firth, fondatrice e direttrice creativa di eco-age.com; The True Cost è una di quelle opere che non può lasciare indifferenti, un documentario che lascia il segno. Dopo averlo visto è impossibile non ripensare in modo critico al proprio rapporto con lo shopping e con la moda, soprattutto quella a basso prezzo che invade i centri commerciali, quella facile, a portata di tutti, che ci permette con pochi euro di tornare a casa sorridenti, con tanti bei sacchetti pieni di vestiti che molto spesso rimarranno confinati nel nostro armadio, senza mai vedere la luce. Perché di certo non ci serviva l’ennesima t-shirt, ma come si fa a non cedere a quella maglietta così carina, a soli 4 euro e 99 miseri centesimi? Sono in molti a ragionare in questo modo, io per prima l’avrò fatto un’infinità di volte. Ma vi assicuro che dopo aver visto The True Cost finirete per farvi ben altre domande.

Qual è il vero prezzo degli abiti che indossiamo? Cosa c’è dietro alle continue promozioni e offerte stracciate delle grandi catene d’abbigliamento? Cosa ci permette di comprare a prezzi irrisori una vagonata di indumenti, dalla qualità non proprio eccelsa, che finiremo ben presto per buttare senza nessunissimo senso di colpa? Sono queste le domande a cui il documentario di Andrew Morgan dà delle risposte chiare, dirette, quasi brutali. Sì, perché guardare questo docufilm, per tutti noi consumatori compulsivi, sarà come ricevere uno schiaffo in pieno volto, uno di quelli che vengono dati quando qualcuno perde conoscenza, per farlo riprendere.

The True Cost è un viaggio di 92 minuti per il mondo, che ci racconta tutti i retroscena del Fast Fashion, cioè della produzione continua ed esasperata di collezioni ispirate all’alta moda e vendute a prezzi contenuti dai diversi colossi dell’abbigliamento; per intenderci parliamo dei vari H&M, Zara e simili. Andrew Morgan passando dagli Stati Uniti al Bangladesh, da occidente a oriente, dalle passerelle patinate alle fabbriche del terzo mondo, dalle interviste a giornalisti, fashion designer, esperti di economia e attivisti, a quelle a operaie pagate due dollari al giorno per lavorare in condizioni disumane; ci racconta nel dettaglio l’immenso impatto ambientale e sociale che ha l’industria della moda. The True Cost ci porta senza tanti giri di parole, verso la dura realtà, ci spiega con fermezza che la nostra frenesia per lo shopping, il nostro consumismo esasperato, ha delle conseguenze, che non possono più essere ignorate.

Le grandi aziende producono nei paesi sottosviluppati per due ragioni principali: il costo del lavoro è bassissimo e non esistono controlli a livello ambientale. Questo ha come ovvia conseguenza il fatto che gli scarti delle produzioni industriali finiscono per avvelenare le falde acquifere e i terreni, portando malattie nelle comunità degli stessi operai tessili (di solito si tratta di donne) sfruttati e ridotti quasi in schiavitù, operai che non possono far valere i propri diritti, in quanto ogni rivendicazione sindacale viene ostacolata dai governi locali; operai che rischiano la vita per le precarie condizioni di sicurezza delle strutture in cui lavorano; operai che a volte muoiono mentre stanno cucendo la t-shirt a 4,99 che noi, forse, neanche useremo. Eclatante è stato il caso del Rana Plaza, un palazzo che ospitava cinque fabbriche tessili, crollato nell’aprile del 2013 in Bangladesh, un incidente costato la vita a 1.129 persone. Una tragedia che poteva e doveva essere evitata.

Perché guardare The True Cost

Lo scopo di The True Cost è quello di farci presente questa crudele realtà, di cui non ci rendiamo conto di essere complici. Ma, sia chiaro, il regista non ha intenzione di farci sentire in colpa (anche se alla fine della visione credo sia inevitabile provarne un po’). Andrew Morgan e tutti coloro che hanno partecipato al documentario (tra cui l’attivista, nonché co-produttrice del film, Livia Firth, la celebre stilista inglese Stella McCarteney e l’ambientalista indiana Vandana Shiva) hanno come intento principale quello di promuovere un nuovo modo di pensare alla moda, responsabile, etico, che abbia ben presente qual è il vero costo degli abiti che compriamo; il costo umano, sociale e ambientale del Fast Fashion.

La speranza che traspare dal docufilm, è che una volta conosciuto il brutale volto della moda a basso prezzo i consumatori imparino a scegliere di conseguenza come spendere i propri soldi e come valutare i propri acquisti. Il che comporterebbe in primis dei benefici per loro stessi, abituati a soddisfazioni effimere da pochi euro, acquistando cose che di soddisfacente hanno ben poco. Io di sicuro inizierò a guardare con più attenzione alle etichette, perché quel MADE IN dopo aver visto The True Cost, ha decisamente un altro significato.

Consiglio caldamente la visione di questo documentario, convinta che possa servire a far riflettere su un argomento importantissimo, dalle tantissime implicazioni, ma nonostante questo, troppo spesso ignorato. Ognuno di noi ha, nel suo piccolo, il potere di cambiare le cose, bisogna solo averne consapevolezza, e il grande merito di The True Cost è proprio quello di rendere lo spettatore consapevole.

Scritto da:

Antonella Morleo

Nata nel pieno dei fantastici anni ’80 tra gli argentei ulivi pugliesi. Vedo più film e serie tv che persone! Per questo ho scelto di parlarne su Inchiostro Virtuale.