E scoprirono Sermione Mansio!
Anticamente le terme erano il luogo naturale per le pratiche di igiene e pulizia, ma anche un importante punto di ritrovo, socializzazione e relax, e siccome i Romani avevano buon occhio per zone dove era possibile sfruttare le sorgenti naturali di acque calde, o dotate di particolari doti curative, in poco tempo a Sirmione fu un fiorire di domus e ville romane e… sale da frigidario, calidario e tepidario, per l’appunto.
Dell’insediamento romano non è rimasto granché, eccezion fatta per le Grotte di Catullo, che poi (ta daaa: rivelazione!) non sono né grotte né appartennero al poeta latino, morto nel 54 a.C. quando, presumibilmente, la villa era in costruzione.
Le Grotte di Catullo
In realtà è una favolosa Domus a pianta rettangolare, di 167 x 105 metri, con due avancorpi sui lati corti nord e sud, datata come dicevo I secolo d.C., che andò forse a sovrapporsi ad una più antica (probabilmente del I secolo a.C.), il cui vero proprietario è, e resta, tuttora sconosciuto.
Sebbene è certo che Catullo avesse una proprietà a Sirmione, e diverse ville romane sono state individuate sotto i piani stradali e sotto le abitazioni moderne, la sua vera collocazione rimane un’incognita.
Della splendida costruzione rimangono visibili, oltre alle “botteghe” da cui deriva il nome di “grotte”, un criptoportico doppio a pilastri, una piscina riscaldata appartenente al quartiere termale, la cosiddetta “Aula dei Giganti” e diversi altri ambienti.
Alla villa è legata una leggenda, che ha per protagonista una giovane fanciulla di nome Quinzia la quale, innamoratasi di Catullo e non rassegnandosi alla sua partenza, si recò in riva al lago e pianse tutte le sue lacrime, convinta che fosse morto. Scivolando in acqua, le lacrime della fanciulla formarono sul fondo un’effigie del poeta… In effetti attorno alla riva si notano grosse lastre rossastre che, viste dall’alto, sono assai suggestive, ma questa, di fatto, è una storia inventata di sana pianta, viste le premesse scritte sopra.
L’Area Archeologica
Il complesso è preceduto da un Antiquarium e Museo, dove sono esposti i numerosi reperti rinvenuti in fase di scavo e materiale vario proveniente dalle antiche chiese di Sirmione e da siti limitrofi. Il tutto è situato a circa un chilometro dal centro storico di Sirmione e si raggiunge con una passeggiata di 15 minuti, che vi consiglio caldamente poiché il clima del lago, mite in ogni stagione, è molto salutare. Oltretutto la zona è interdetta all’accesso delle auto, quindi la scelta è tra una breve scarpinata e il “trenino turistico”. Tra le due, meglio la prima, se avete più di 6 anni.
In tutta l’area archeologica sono presenti attualmente circa 1500 ulivi, alcuni plurisecolari, appartenenti a tre differenti varietà gardesane (casaliva, leccino e gargnà). Dal 2012, grazie ad alcune associazioni e con finanziamenti da parte dell’Unione Europea e dell’Italia, nell’oliveto storico è ripresa la raccolta delle olive, finalizzata alla produzione dell’olio extra vergine. Al di là di questo dato, puramente accademico e “culinario”, posso dirvi che trovarsi di fronte ad ulivi così datati è uno spettacolo che, da solo, vale l’intero viaggio.
A Sirmione però non c’è solo questo da vedere, anzi!
Poteva forse mancare un castello? Ovviamente no, e difatti il primo edificio che si attraversa, entrando nella cittadina, è la Rocca Scaligera.
Simile ad altri manieri del veronese, l’imponente complesso castellano fatto erigere da Mastino I della Scala nel 1277 è situato in posizione strategica all’ingresso del borgo, in corrispondenza del massimo restringimento della penisola, completamente circondata da un fossato colmo d’acqua. E’ un articolato baluardo con due ponti levatoi, merlature ghibelline e torri di avvistamento. L’ingresso avviene attraverso un corridoio coperto, che immette nel mastio ed è in perfetta “salute”, grazie anche alla sua manutenzione.
Fu costruito ed usato soprattutto per scopi militari, dalla sua origine fino all’arrivo di Napoleone e, come ogni castello che si rispetti, anche la Rocca di Sirmione è stata testimone di una tragedia. Solo una? Sì, crediamoci…
Una piccola leggenda…
Questa storia coinvolge due tizi il cui nome è già tutto un programma: Ebengardo ed Elaberto. Sfido chiunque ad avere a che fare con uno che abbia questi nomi, ma a quanto pare una c’è riuscita e si chiamava Arice (ed anche qui…).
Per farla breve Ebengardo ed Arice erano sposati e vivevano tranquilli nel castello, finché in una notte di pioggia e vento, un cavaliere, tale Elaberto, Marchese del Feltrino, bussò alla porta… al portone… ok, al ponte levatoio, chiedendo asilo.
I due lo accolsero in casa e, felici e contenti per la buona azione della giornata, andarono a dormire. Non avevano fatto i conti con l’ospite che, nottetempo, pensò di approfittare della bella Arice, la raggiunse nella sua camera e tentò di violentarla. Lei logicamente urlò e si ribellò, ma venne accoltellata e quando il marito, svegliato dalle grida, giunse nella stanza, la trovò già “belle-che-morta”. Impazzito, ma io direi più furibondo, si fiondò sull’intruso e lo riempì di botte, finché Elaberto non morì, trafitto dal suo stesso pugnale.
Questa vendetta non dette però pace ad Ebengardo, che nemmeno alla sua morte ebbe modo di ricongiungersi con la sua amata, poiché l’anima di Arice, pura, salì in paradiso, mentre quella di Ebengardo, colpevole di omicidio, fu condannata a vagare tra i viventi. Ecco perché ancora oggi, nelle notti di tempesta, lo si può sentire e magari pure vedere aggirarsi tra le sale del castello, cercando la sua Arice, disperato per non averla saputa proteggere, maledicendo il momento in cui ospitò il suo assassino.
Fantasmi a parte, la Rocca è visitabile e dall’alto delle sue torri il panorama è notevole. Ecco, magari eviterei le giornate buie e tempestose…
Consigliatissimi!
Un altro motivo per cui Sirmione è conosciuta è il Palazzo Maria Callas, sito in piazza Giosuè Carducci, che altro non è che il luogo in cui la Callas ha vissuto negli anni Cinquanta in qualità di moglie di Meneghini, proprietario dell’immobile. Questo prima dell’arrivo del ricchissimo magnate greco Aristotele Onassis, che, oltre a portarsi via la donna, osò definire il lago di Garda una “pozzanghera” se confrontato al mare greco dell’isola di Skorpios. Un affronto non ancora ben digerito dagli abitanti del posto.
Per gli amanti dell’architettura cristiana, segnalo invece due chiese di sicuro interesse: la Parrocchiale, dedicata a Santa Maria Maggiore, e la chiesa accanto alla Rocca (S. Anna alla Rocca). Entrambe hanno al loro interno pregevoli rappresentazioni della Madonna. La prima ha una statua lignea della Madonna in trono del 1400, situata nell’abside; nella seconda troviamo invece una Madonna dipinta su pietra, con lo stemma scaligero sulla cornice.
Tra la chiesa parrocchiale ed il castello è posizionato un curiosissimo masso sospeso, trattenuto da un’impalcatura, con la scritta “I don’t like the rolling stone” (trad. “Non mi piace la pietra che rotola”). Nulla a che vedere con una malcelata avversione per Mick Jagger e compari, credo che nessuno ne abbia ancora capito il senso, ma è indubbiamente originale. Si accettano ipotesi, eh!
Non scordiamo infine le Terme, che sono il motivo principale per cui Sirmione si è sviluppata. La struttura comprende 6.500 metri quadrati di parco e ben 700 di superficie d’acqua termale, la cui temperatura sempre costante tra i 34 ed i 36 gradi rende godibili le piscine termali all’aperto anche d’inverno.
Un degno compagno di viaggio…
Insomma, se non basta tutto questo, per invogliarvi a fare un giro in questo posto, lasciatevi convincere dal Carme 31 del poeta latino Gaio Valerio Catullo:
Paene insularum, Sirmio, insularumque
ocelle, quascumque in liquentibus stagnis
marique vasto fert uterque Neptunus,
quam te libenter quamque laetus inviso,
vix mi ipse credens Thyniam atque Bithynos
liquisse campos et videre te in tuto.
O quid solutis est beatius curis,
cum mens onus reponit, ac peregrino
labore fessi venimus larem ad nostrum,
desideratoque acquiescimus lecto?
Hoc est, quod unum est pro laboribus tantis.
Salve, o venusta Sirmio, atque ero gaude:
gaudente vosque, o Lydiae lacus undae,
ridete quidquid est domi cachinnorum.*
(*per la traduzione, un click qui)
E se lo diceva Catullo…
Al prossimo viaggio!
Annalisa A.
Postilla: L’acqua che viaggiò per vent’anni
L’acqua di Terme di Sirmione è di origine meteorica e, prima di sgorgare dalla sorgente Boiola, segue un lungo percorso.
Nasce dal bacino del Monte Baldo, a più di 800 metri di quota, e scende fino a più di 2.100 metri sotto il livello del mare, dove si arricchisce di minerali e aumenta la sua temperatura fino a 69°. Finalmente risale, si riversa nella sorgente Boiola e da lì un complesso sistema di tubature di acciaio la incanala ai due pozzi, Catullo e Virgilio, situati sulla sponda orientale della penisola di Sirmione. Per percorrere tutto questo giro impiega più di 20 anni.
In base alle sue caratteristiche chimico-fisiche, l’acqua di Terme di Sirmione viene classificata come sulfurea salsobromoiodica: contiene infatti una rilevante quantità di zolfo, sotto forma di idrogeno solforato, sodio, bromo e iodio. Gli oligoelementi presenti, litio, potassio, ferro, arsenico, cadmio, cromo, nichel, selenio e zinco, fanno da catalizzatori e attivano quindi reazioni chimiche.
L’acqua si rivela salutare per l’assorbimento dello zolfo attraverso la cute e il trofismo per le cartilagini articolari, le mucose delle vie respiratorie, dell’orecchio medio e delle mucose vaginali. Inoltre stimola il sistema nervoso parasimpatico, con un aumento della permeabilità vasale e una riduzione della pressione arteriosa sistemica. Infine il calore ha un immediato effetto analgesico e miorilassante.
(dati tratti dal sito ufficiale delle Terme)
Per saperne di più sulle cure termali, consiglio di leggere il precisissimo ed esaustivo articolo di Jessica.
Giunta qui sicuramente da un mondo parallelo e da un universo temporale alternativo, in questa vita sono una grammar nazi con la sindrome della maestrina, probabilmente nella precedente ero una signorina Rottermeier. Lettrice compulsiva, mi piace mangiare bene, sono appassionata di manga, anime e serie TV e colleziono Lego.
In rete mi identifico col nick Lunedì, perché so essere pesante come il lunedì mattina, ma anche ottimista come il “primo giorno di luce”.
In Inchiostro Virtuale vi porto a spasso, scrivendo, nel mio modo un po’ irriverente, di viaggi, reali o virtuali.
Sono inoltre co-fondatrice, insieme a Jessica e Virginia, nonché responsabile della parte tecnica e grafica del blog.
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