“Cosa vuoi fare da grande?”
È la classica domanda che mio nonno mi rivolgeva tutte le volte, durante le feste, quando gli portavo le pagelle, in vacanza, etc.
“La maestra o la cantante!”. Credo di avergli dato la stessa risposta almeno fino in quarta elementare, anche perché non è che avessi tutte quelle aspirazioni, tutti quegli esempi stimolanti, da piccola. Rispondevo semplicemente rifacendomi ai modelli più vicini a me: la signora con la quale trascorrevo 4 ore ogni mattina e gli artisti che sentivo cantare in televisione. Ricordo che nonno era soddisfatto (?) della mia risposta perché la accoglieva sempre con travolgente entusiasmo.
Il problema – enorme – è venuto dopo, quando ho capito di avere troppi interessi, troppi hobby, troppe attitudini. E io non riesco a dedicarmi esclusivamente a un unico soggetto per troppo tempo: mi sembra, ciò facendo, di trascurare tutto il resto, di fargli un torto.
Se quella domanda me la facessero oggi, alla soglia dei 35 anni, risponderei con troppe cose e tutte insieme: direttore d’orchestra, pittrice, interprete, chimica, orchestrale, psichiatra, sceneggiatrice, criminologa, attrice, cuoca, fumettista, regista di cinema (e no, la maestra e la cantante proprio no!).
Perché sono un po’ di tutto ciò e non riesco proprio a scegliere. Non posso escludere nulla.
Però invidio un po’ quei diciottenni freschissimi di diploma che sanno già cosa fare, si iscrivono al volo all’università (io ne ho cambiate tre!) e vanno spediti fino alla laurea, senza ripensamenti. Beati loro!
Proprio come succede al protagonista di Scuoladarte, primo graphic novel di Jamie Coe, traduzione di Leonardo Favia, del 2014, edito da Nobrow Press nel Regno Unito e da Bao Publishing in Italia.
Dalla campagna alla paranoia
Scuoladarte è il racconto di Daniel Stope, un aspirante artista che lascia il suo paesino per iscriversi a una scuola d’arte londinese dove vivrà una serie infinita di esperienze, non sempre piacevoli.
E cosa accade quando si frequenta una scuola del genere? Che tipo di incontri si possono fare? In quali situazioni ci si imbatte? Ce lo rivela Coe, giovanissimo illustratore e fumettista britannico, classe 1990, diplomatosi alla Central Saint Martins di Londra.
Il Daniel di Scuoladarte può essere considerato una sorta di fratello minore di Coe, ai tempi dell’università. L’autore stesso ha dichiarato che la storia non è autobiografica al 100% ma che sicuramente il personaggio del protagonista è basato su molti tratti della sua personalità.
Daniel è un ragazzo molto ansioso che rimugina su tutto. È quello più timido tra tutti, impacciato, che, in mezzo al tipico ambiente frivolo delle scuole d’arte, passa decisamente per “il ragazzo normale”. Abbiamo quasi la sensazione che sia un estraneo al contesto, un emarginato, almeno in principio. L’unico amico che avrà, sarà Charlie, un tipo molto sicuro di sé che ricorda per certi aspetti il Secco di Zerocalcare.
A dirla tutta, Daniel sembra non comprendere nemmeno tanto l’arte contemporanea, e i suoi sforzi di capire gli eccentrici compagni di classe attraverso le loro opere lo faranno sentire ancora più frustrato.
Al tempo stesso, è affascinato da questi soggetti così distanti da lui, ed è proprio Daniel che ha la capacità di analizzare, valutare, osservare ogni idiosincrasia della gente che lo circonda: si scontrerà con i coinquilini e si accorgerà rapidamente che la scuola è piena di gente ridicola, sia studenti che insegnanti.
Daniel, poi, trova assurdo il modo in cui parlano di arte, usando paroloni e aggettivi molti vaghi per dire tutto e niente, per mascherare un’ignoranza di base, un’assenza di contenuti.
La verità è che a Daniel piace disegnare vignette e per questo è un po’ snobbato dai compagni. Inizia, infatti, a tenere un diario a fumetti, che è essenzialmente il libro che stiamo leggendo. La cosa interessante è che presenta il suo lavoro alla classe in più di un’occasione senza mai ricevere consensi da nessuno, anzi, verrà tacciato di presunzione (molti dei compagni non si riconosceranno nelle descrizioni che Daniel dà di loro). Si difenderà dalle accuse affermando di aver semplicemente descritto ciò che hanno detto e fatto.
Il suo fumetto autobiografico mostra proprio questo sforzo di capire gli altri. Inutilmente.
Ritorno al futuro
Coe sa come catturare la nostra attenzione fin da subito: Scuoladarte comincia, infatti, con una tavola in cui Daniel si rivolge al lettore; lo vediamo pieno di lividi, durante l’ultimo giorno di scuola, esclamare “Vorrei essere ancora lì”. Lividi che ha anche 4 anni prima, appena arrivato alla scuola d’arte, da dove la narrazione procede (quasi a sottolineare che il ragazzo rimane, fondamentalmente, la stessa persona di quando è entrato).
La storia è raccontata attraverso gli occhi di Daniel, talvolta ingenui, talvolta troppo critici, e non ha un incedere lineare, in quanto la narrazione è semi-cronologica e avviene per continui flashback, digressioni, aneddoti e piccole vignette dove, per esempio, gli studenti rispondono a domande convenzionali, tipo quella di mio nonno.
Coe, squisitamente schietto e sarcastico, descrive situazioni assurde e paradossali, interrompendo, di tanto in tanto, il racconto con le riflessioni di Daniel.
Questi sono gli anni che precorrono la vita reale e che si rivelano come i più importanti e formativi nell’esistenza di un individuo. È il primo assaggio che si ha di libertà e di responsabilità.
Sullo sfondo si avverte l’universo degli adulti, quello dei genitori, e si intravede lo spettro della vita reale, fatta di università abbandonate e lavoretti precari.
Colori, voci e linee
I testi e i dialoghi di Scuoladarte sono curati e vivaci, e il ritmo della storia è veloce e coinvolgente. Ma il graphic novel di Coe va tenuto d’occhio anche per i disegni: il tratto è espressivo, elaborato, talvolta ruvido, con chiari rimandi alla tradizione americana indie di Robert Crumb e Dave Cooper, ma anche al mangaka Taiyō Matsumoto. In certe circostanze sembra quasi un ibrido tra Jamie Hewlett e Bryan Lee O’Malley.
Il colore è la parte più sorprendente di Scuoladarte. Le tonalità scelte possiedono una forza tale da rendere l’impatto con la storia, per il lettore, straordinario.
Il colore viene adoperato per diversificare tempi ed eventi: i verdi sottolineano i momenti in cui Daniel sta fumando con gli amici o quando si esercita in classe; il viola è utilizzato per gli attimi di passione; il rosso è impiegato nelle scene in classe quando abbondano le critiche, per dare rilievo alla tensione che cresce; l’arancione è usato per alcuni flashback.
Molto interessante la tavola a doppia pagina del vortice: la spirale non è altro che una metafora visiva di quello che sta accadendo a Daniel; la sensazione che provoca è quella di sentirsi intrappolati nella morsa insieme al protagonista e di sprofondare nel baratro.
Cosa c’è dopo Daniel Clowes?
Come già Daniel Clowes ha fatto con Art School Confidential, in Scuoladarte Coe ci presenta una serie di stereotipi che vi propongo a fine articolo. Sono fantastici.
Si tratta di una caratterizzazione grafica dei personaggi senz’altro riuscita: Coe pone, infatti, molta attenzione ai particolari, specialmente quelli riguardanti l’aspetto degli studenti che servono a rendere più comprensibili le varie tipologie.
L’artista è riuscito nell’impresa di fotografare le personalità attraverso la moda, il linguaggio del corpo, mentre i volti rivelano chiaramente le emozioni.
Coe prende bonariamente in giro queste categorie di personaggi presenti nelle scuole d’arte, enfatizzandone i luoghi comuni, rimarcandone più volte i frequenti cliché artistici delle accademie d’arte.
Competizione, snobbismo, antipatie a pelle e mancate amicizie faranno sudare Daniel. E nemmeno gli insegnanti si salvano, quasi sempre dei frustrati che non hanno ottenuto successo in campo artistico e insegnano per guadagnarsi da vivere.
La conclusione della storia, anche se un po’ scontata e autocelebrativa, sembra sottolineare il messaggio per cui l’importante è il viaggio e non il traguardo.
D’accordissimo!
Hai presente quelle tipe total black, dai capelli rossi? Immaginami estasiata tra dischi, fumetti, film, serie TV, libri, violoncelli. Tra citazioni e suoni, ti farò compagnia, con una tavola di Magnus e una canzone di Fiumani.