Dopo aver visto i segni della coppettazione sulla schiena di Gregorio Paltrinieri ai Mondiali di Budapest, mi sono finalmente decisa a scrivere due righe in merito a questa pratica utilizzata contro il dolore; tuttavia, prima di chiarire gli aspetti relativi alla sua efficacia, facciamo un passo indietro e vediamo di cosa si tratta!
Cos’è il cupping?
La coppettazione o cupping è una pratica usata da centinaia di anni, se non addirittura migliaia, nella Medicina popolare di diversi Paesi. Sebbene la sua esatta origine sia ancora incerta, è soprattutto in Cina che ha trovato terreno fertile per la cura di svariate malattie, da quelle respiratorie (bronchite e asma) a quelle cutanee (acne ed herpes), senza dimenticare i reumatismi.
La procedura consiste nell’aspirare la pelle in corrispondenza di determinati punti (gli stessi dell’agopuntura) attraverso delle coppette in cui è stato creato il vuoto; secondo i fautori della Medicina tradizionale cinese, in questo modo verrebbero risucchiate le tossine che bloccano il flusso dell’energia vitale (Qi) nei meridiani o canali energetici, ponendo fine alla malattia.
Le tecniche di coppettazione
Tuttora esistono numerose tecniche di coppettazione, nonostante il Governo cinese abbia proposto nel 2010 la standardizzazione della procedura. Le tecniche più diffuse sono:
- la coppettazione asciutta, effettuata sulla pelle integra;
- la coppettazione bagnata, effettuata sulla pelle incisa con gli aghi, che aspira anche il sangue (in parole povere, un salasso);
- il massaggio con le coppette, che prevede l’applicazione di un unguento per farle scorrere sulla pelle, definito anche coppettazione mobile.
Le altre differenze riguardano: il materiale della coppetta (vetro, ceramica, plastica); la modalità con cui si genera il vuoto (fiamma, pompa manuale o automatica); la forza, la durata e il tipo di aspirazione (continua o pulsatile); il numero e la frequenza delle sedute.
Il cupping oltre la Cina
Da diversi anni a questa parte, il cupping ha preso piede anche in Europa e in America grazie a personalità di spicco del cinema e dello sport: Jennifer Aniston, Gwyneth Paltrow, Dwayne “The Rock” Johnson, Michael Phelps e Karim Benzema sono solo alcuni dei nomi altisonanti che ricorrono a questa pratica.
Al di fuori della Medicina cinese, l’impiego del cupping si basa sull’idea che l’effetto ventosa possa riattivare la circolazione e alleviare di riflesso il dolore nelle aree aspirate; perciò viene praticato per migliorare le prestazioni sportive e curare gli acciacchi muscolari, oltre che per minimizzare gli inestetismi della cellulite, le borse e le occhiaie (facial cupping).
Non solo, spesso il cupping viene proposto come alternativa ai trattamenti convenzionali contro le nevralgie, i dolori muscolari e osteoarticolari associati a processi infiammatori e autoimmuni; ma è davvero efficace?
La coppettazione riduce il dolore?
Per rispondere a questa domanda, diversi ricercatori hanno esaminato le evidenze raccolte negli studi clinici controllati randomizzati, ossia, gli studi che hanno confrontato gli effetti della coppettazione con quelli del placebo o di altri trattamenti, assegnando a caso i partecipanti ai gruppi d’intervento o di controllo.
Due studi ombrello del 2018 hanno focalizzato la loro attenzione sull’efficacia della coppettazione nel dolore cronico al collo e alla schiena; invece, in uno studio del 2020, l’analisi è stata estesa all’artrite del ginocchio e all’artrite reumatoide, alla fibromialgia, all’emicrania e al dolore neuropatico.
Ebbene, nonostante le analisi dei dati abbiano evidenziato una riduzione del dolore associata al cupping, per stessa ammissione degli autori, non è stato possibile trarre conclusioni definitive a causa della bassa qualità degli studi presi in considerazione.
Diverse le criticità che possono avere inficiato i risultati:
- i protocolli di trattamento non erano standardizzati, dunque, ognuno eseguiva la coppettazione come voleva;
- le modalità di assegnazione casuale dei partecipanti erano spesso inadeguate o non specificate;
- i partecipanti capivano di essere stati trattati con la coppettazione dai segni lasciati sulla pelle, perciò erano suggestionabili;
- le segnalazioni sui partecipanti esclusi o ritirati spesso erano assenti o imprecise, idem quelle relative alle reazioni avverse.
Conclusioni
Viste e considerate le deboli evidenze, la coppettazione non può essere reputata efficace contro il dolore, tantomeno un’alternativa ai trattamenti convenzionali. Serviranno studi più rigorosi nel disegno e nei metodi – oltre a un protocollo standard ancora inesistente – a supporto dei suoi presunti effetti antalgici.
Al contrario, sono ben noti gli effetti indesiderati di questa pratica:
- arrossamenti e lividi, a causa della rottura dei piccoli vasi sanguigni;
- chiazze bianche o altre alterazioni della pigmentazione cutanea;
- bruciature, a causa del riscaldamento delle coppette;
- cicatrici, infezioni e anemia, nel caso della coppettazione bagnata;
- peggioramento di patologie preesistenti, come la dermatite atopica e la psoriasi.
E con questo è tutto, cari lettori! Nel salutarvi, vi ripropongo la lettura dell’articolo “L’importanza della fisioterapia contro il dolore” a cura di Maurizio Callegarin, fisioterapista. Alla prossima!
Bibliografia e sitografia
Queste sono le fonti da cui ho attinto per scrivere l’articolo:
- PRIME Pubmed: “Study on standardization of cupping technique” (2010);
- Journal of integrative medicine: “History of cupping (Hijama): a narrative review of literature” (2017);
- British medical journal: “Is cupping therapy effective in patients with neck pain? A systematic review and meta-analysis (2018);
- Revista latino-americana de enfermagem: “Cupping therapy and chronic back pain: systematic review and meta-analysis” (2018);
- The journal of pain: “Cupping for Patients With Chronic Pain: A Systematic Review and Meta-Analysis” (2020);
- National center for complementary and integrative health: “Cupping“;
- Wired: “Che cos’è la coppettazione (e perché la usano atleti come Michael Phelps)”;
- Elle: “Coppettazione: cos’è e a cosa serve il cupping che piace agli atleti”.
Giornalista pubblicista, ex collaboratrice de L’Unione Sarda.
Sono cofondatrice e caporedattrice di Inchiostro Virtuale.
Per contattarmi, inviate una mail a: j.zanza@inchiostrovirtuale.it