A Hong Kong non si fermano le proteste contro la legge sull’estradizione forzata in Cina, che potrebbe facilitare l’estradizione dei dissidenti politici.
All’inizio del mese di giugno decine di migliaia di persone hanno marciato a Hong Kong contro la decisione del leader politico locale, Carrie Lam, di promulgare una legge volta a facilitare l’estradizione di sospetti verso la Cina, decreto sollecitato da Pechino, che consentirebbe a sospetti criminali di essere mandati in Cina per il processo.
Si tratta delle proteste più imponenti da quelle del 2014, ovvero quelle del cosiddetto Movimento degli Ombrelli, che vide centinaia di migliaia di persone scendere in piazza reclamando un sistema politico pienamente democratico.
Secondo le stime degli organizzatori, in strada c’erano un milione di persone: praticamente un abitante su sette della città-stato asiatica.
Le proteste sono iniziate perlopiù in modo pacifico: i manifestanti hanno, infatti, sfilato con una maglia bianca, simbolo della giustizia, e le mani incrociate a formare il simbolo del diniego del loro consenso.
Successivamente, però, sono iniziati i primi scontri con le forze di polizia e l’occupazione di uno spazio di fronte ai palazzi del potere. Secondo quanto riporta il South China Morning Post, i manifestanti sono riusciti ad entrare nella sede del Parlamento e la polizia ha appena classificato gli scontri come “rivolta”, il che costituisce una circostanza aggravante per tutti coloro che saranno arrestati.
Il capo della polizia ha specificato che trattandosi di rivolta gli agenti sono stati costretti ad utilizzare lacrimogeni, fumogeni, idranti e proiettili di gomma per respingere quanti hanno cercato di forzare i blocchi disposti a tutela di parlamento e palazzo del governo.
Matthew Cheung, capo segretario di Hong Kong, ha lanciato un appello ai manifestanti:
Invito anche i cittadini che si sono riuniti a mostrare capacità di controllo il più possibile, a disperdersi pacificamente e non sfidare la legge.
Cosa prevede la legge contestata?
La legge che viene contestata dai manifestanti e che la leader di Hong Kong, Carrie Lam, è intenzionata ad approvare, consente al governo della città di estradare chi è sospettato di crimini gravi, in modo tale che la città non diventi la destinazione di decine di potenziali criminali in fuga dal proprio Paese, colmando inoltre un vuoto normativo.
L’emendamento è stato proposto dopo che lo scorso anno non era stato possibile estradare a Taiwan un cittadino 19enne di Hong Kong, accusato di aver ucciso la ragazza durante una vacanza a Taipei, poiché le leggi non lo permettevano.
Se tale emendamento verrà approvato, potrebbero essere processati nei Paesi vicini – come, ad esempio, in Cina, a Taiwan o a Macao – coloro che sono accusati di reati gravi, puniti con una pena massima di almeno sette anni.
I manifestanti e le associazioni di diritti umani, però, temono che la legge possa essere volta ad estradare anche i dissidenti, perpetrando persecuzioni politiche ed esponendo gli abitanti di Hong Kong al sistema giudiziario cinese.
Tali sospetti sono stati avvalorati dalle dichiarazioni di Han Zheng, membro dell’Ufficio politico del Partito Comunista, il quale ha affermato che questo provvedimento potrebbe riguardare anche coloro che vivono a Hong Kong e sono sospettati di aver messo in pericolo la sicurezza di Pechino.
Non poche preoccupazioni desta anche la possibile perdita d’indipendenza di Hong Kong.
Hong Kong, infatti, fa parte della Cina ma è autonoma dal 1997, motivo per cui si regge su un sistema capitalista e ha istituzioni democratiche. Qualora questa legge venisse approvata, verrebbe meno il caposaldo della convivenza sull’asse Hong Kong – Pechino, ovvero “un Paese, due sistemi”, esponendo il governo di Hong Kong ad un assoggettamento alle politiche cinesi.
Per Xi Jinping, la protesta rappresenta un ulteriore fattore che si aggiunge alla già molto complessa trattativa sui dazi con Trump.
Trump ha colto la palla al balzo per tornare sul tema Cina-dazi. Il Presidente Usa ha, infatti, sottolineato che l’eventuale decisione di non ritirare la legge potrebbe andare a minare il riconoscimento di zona speciale, non soggetta a dazi, di Hong Kong con tutte le evidenti ripercussioni economiche e finanziarie che questo potrebbe provocare.
Conoscere la storia di Hong Kong è fondamentale per capirne il presente. A tal proposito, vi consigliamo di leggere l’articolo di Mauro Bruno “Hong Kong: l’ex colonia britannica“.
Avvocato e redattrice, nonché co-fondatrice di Inchiostro Virtuale.
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