Incrociando rotaie, seduto nei vagoni deserti
Se ne è parlato e riparlato, e si può continuare a parlarne all’infinito: l’Italia – sembrerebbe – non è il posto ottimale per un giovane adulto che voglia realizzare i propri sogni lavorativi. Se questi sogni coinvolgono, poi, la sfera artistica, oddio, oddio, oddio… Questo giovane adulto se la sta veramente cercando… Se, poi, gli salta per la testa di fare addirittura l’illustratore e il disegnatore di fumetti, allora è troppo! Basta! Il nostro povero giovane adulto è reo di avere delle aspirazioni demoniache e, pertanto, farà meglio ad alzare i tacchi e a guardare oltre i confini italiani. Sciò, sciò, ché qui non c’è spazio per te!
Un esempio tutto nostro è rappresentato da Manuele Fior, fumettista e illustratore, nato nel 1975 e originario di Cesena.
Fior si laurea in Architettura nel 2000, a Venezia, ma quella laurea è praticamente appesa al muro. Non passa molto che decide di trasferirsi a Berlino, poi a Oslo, poi ancora a Parigi, dove risiede stabilmente dal 2005.
Anche se, inizialmente, è andato via perché “era più facile viaggiare e provare un’esperienza di vita all’estero”, lo stesso Fior confessa di non essere stato più capace di tornare in Italia, interrogandosi sulle proprie radici e su cosa rimane della propria terra natale. E rimane l’appartenenza, ma anche un vuoto che non si può riempire perché si sa che tornare significherebbe scontrarsi con una realtà senza vie di uscita.
Ma ciò che rimane a Fior, che ha come punti di riferimento gli italianissimi Milo Manara, Hugo Pratt e Gipi, è soprattutto il disegno, ovvero: “Lo strumento principale con cui comunicare, il mio modo di rappresentare la mia opinione, il mio sguardo sul mondo. Io penso a fumetti, non riuscirei a scrivere e basta. Narrare, per me, è un’esigenza pressante, per questo sono riuscito a fare del fumetto la mia attività principale.”.
Del resto, precisa Fior: “In Italia, è durissima: non ci sono chance. Vorrei continuare a pubblicare anche perché è il mio Paese e io scrivo le mie storie sempre in italiano. Ma, appena vai all’estero, capisci che le cose sono più semplici, che le porte si aprono più per il merito che per le conoscenze, come invece succede in Italia. C’è un modo più onesto di lavorare.”
Dunque, quella di Fior è una vita sospesa tra l’amore per il fumetto, il desiderio di fuga e la nostalgia delle proprie radici, costanti che ritroviamo in un suo graphic novel del 2010, Cinquemila chilometri al secondo, una storia di spostamenti, viaggi, traslochi, rapporti umani e ambiguità.
Si tratta di un fumetto pubblicato in lingua francese da Les Éditions Atrabile, edito, in Italia, da Coconino Press e vincitore di tre premi: Premio Gran Guinigi come “Miglior Autore Unico” al Lucca Comics & Games (2010), Premio Attilio Micheluzzi come “Miglior Fumetto” al Napoli Comicon (2011) e Fauve d’Or come “Miglior Fumetto” al Festival International d’Angoulême (2011).
Scopriamone di più.
Ho guardato il presente solcare il passato, fermandomi al vetro
Cinquemila chilometri al secondo si apre subito con un trasloco in piena estate: Lucia, timida e delicata sedicenne, si trasferisce con sua madre, una donna appesantita nel fisico, provata dal divorzio e amante delle piante, in un posto che sembra somigliare a una cittadina di una provincia della Romagna. Da qualche altro dettaglio, potremmo supporre di essere negli anni ’80.
La madre è presa a dare direzioni ai facchini su dove collocare gli amatissimi ficus, cactus et similia, e si lamenta della figlia che, invece di dare una mano, è intenta a leggere un libro.
Di fronte all’appartamento di Lucia, ci sono due ragazzi, Piero e Nicola, diciottenni freschi di diploma e amici per la pelle. Piero è più riservato e introverso, mentre Nicola è decisamente più spavaldo e ribelle. Entrambi, però, incuriositi dal viavai, spiano la novità attraverso le persiane di casa di Piero, cercando di captare qualcosa di più sulla nuova ragazza. E qualcosa succede, perché Lucia si affaccia al balcone in tutta la sua grazia, i ragazzi ne rimangono entrambi colpiti, ma con la differenza che a Nicola scapperà una battutaccia tra il volgare e lo spiritoso. Battutaccia che arriva alle orecchie di Lucia e della madre: la prima si indigna un po’ e sparisce in casa, la seconda la prende sullo scherzo.
Più tardi, in cortile, seguiranno delle occhiate tra Piero e Lucia che suggellano la nascita di un amore, con un Nicola in disparte e geloso.
Da questo punto in poi, Cinquemila chilometri al secondo procederà per balzi temporali che mostrano i due protagonisti su strade totalmente diverse.
Il primo cambiamento riguarda Lucia: la vediamo diretta in Norvegia, a Oslo, ospitata da una famiglia locale come ragazza alla pari. Lei sta scrivendo una tesi su Henrik Ibsen, quindi si suppone che abbia intorno ai 23-24 anni. Il cambiamento riguarda anche la sua relazione con Piero che apprendiamo essere appena finita da una telefonata e da una lettera piuttosto crudele che lei gli spedisce. La famiglia norvegese è composta da Hilde, una donna simpatica e alla mano, e Sven, suo figlio. Tra i due giovani c’è subito del tenero.
Il cambiamento che riguarda Piero è più scontato: lui diventa archeologo, così come i suoi genitori avevano previsto, e lavora in Egitto. Si sente con una certa Cinzia, tra molti alti e bassi, e pensa ancora a Lucy (nomignolo che lui le aveva dato affettuosamente) come testimoniano i numerosi sogni erotici.
Nicola sembrerebbe appartenere al passato.
Altro balzo temporale per Cinquemila chilometri al secondo: Lucia e Sven convivono a Oslo e aspettano una bambina, mentre Piero è sempre preso con gli scavi in Egitto e porta avanti la sua relazione non semplicissima con Cinzia.
Lucia non è più felice lì dov’è: confida alla suocera di voler ritornare in Italia e lascia il compagno, ormai divenuto ostile e geloso nei suoi confronti, nonostante lei si trovi in dolce attesa.
Piero, invece, apprende da Cinzia che sta per diventare papà e riceve una telefonata inaspettata da Lucia.
Ultimo balzo temporale: Lucia vive dalla mamma in Italia con la figlia di otto anni, insegna lettere in un istituto tecnico e, come sua madre, sta ingrassando a dismisura ed è triste; Piero, invece, è riuscito a diventare un nome dell’egittologia, viaggia spesso e cerca di portare ogni tanto moglie e figlio con sé in Egitto, quando possibile.
Cinquemila chilometri al secondo sembra quasi un pretesto per raccontare questa lunga e ultima fase, dove Piero e Lucia, ormai quasi quarantenni, si rincontrano in un bar, dove ci saranno risate, ricordi, rimorsi, rimpianti, brindisi, lacrime, gelosie riaffiorate, accuse al vetriolo, tenerezza, fragilità, verità e bugie.
Un incontro intenso che fa riemergere contemporaneamente il meglio e il peggio, dove i chili in eccesso di lei e la stempiatura di lui sembrano non avere nessuna importanza se il desiderio si riaccende, se il legame è ancora vivo… Un incontro per nulla scontato dove il lettore non ha minimamente idea di cosa ci sia sotto davvero fino all’ultima pagina. La sorpresa è assicurata.
E il tuo volto ha il colore di un’estate fantasma
La storia di Cinquemila chilometri al secondo, per quanto semplice e piuttosto classica, è narrata benissimo, evitando banalità e momenti melensi, con la giusta dose di leggerezza, e usando ottimi espedienti per raccontare passato e presente.
Le vignette, più larghe e alte all’inizio dei capitoli, favoriscono un’immersione graduale del lettore nelle vicende.
Il tratto elegante e stilizzato di Fior evoca una certa estetica di fine ‘800, la cartellonistica di Henri de Toulouse-Lautrec, l’arte dei Nabis e alcune illustrazioni degli anni ’60 e ’70 dello scorso secolo.
Intere sequenze narrative sono raccontate accantonando i balloon, mentre altre si legano alle morbide inflessioni della parlata araba, altre ancora colgono il rigido tentennamento del norvegese.
Poetica la sequenza in cui, a un certo punto, vi è la compresenza tra i vagheggiamenti di Lucia, il parlottare degli scoiattoli de La spada nella roccia sullo schermo televisivo e un incontro notturno inaspettato.
Molto, nel fumetto di Fior, è affidato al non detto, e le ellissi ci portano via ampi spazi narrativi: spazi che, però, ritornano attraverso ricordi, sogni deliranti di febbre, stralci di lettere, mezze frasi pronunciate al telefono.
C’è da dire che Cinquemila chilometri al secondo non sarebbe quello che è senza gli straordinari acquerelli di Fior.
La stesura del colore è, infatti, coinvolgente: per ciascun capitolo, Fior designa un colore dominante con relative sfumature, diluendolo costantemente lungo le vignette. Qualche schizzo finisce sui volti, altri diventano un batuffolo nel cielo, altri ancora vivacizzano il mobilio. Si tratta, questo, di un artificio che avevamo già apprezzato nei due precedenti graphic novel di Fior: nel rosso e nero, destrutturante e motivo d’ordine, di Rosso Oltremare, e ne La signorina Else, adattamento a fumetti del lavoro di Arthur Schnitzler.
È un colore liquido che accompagna in maniera quasi ritmica le vite di Piero, Lucia e Nicola. Questo uso sapiente dell’acquerello è, comunque, vivacizzato da contrasti di colore ora acidi, come quelli scelti per raffigurare l’Italia, ora caldi, come per le pagine ambientate in Egitto.
Che hai lasciato senza fretta cadere come un vestito
Sul piano letterario, Cinquemila chilometri al secondo è sicuramente ben costruito, talmente tanto da riuscire nell’intento di giocare con il lettore fino alla fine, quando – finalmente – tutte le informazioni sono state rivelate e si capiscono appieno le ragioni che hanno indotto i tre ragazzi a dividersi, anche se solo fisicamente e mai davvero con il pensiero.
Il conflitto tra vita e ambizioni è incoraggiato da una idealizzazione del passato che affiora come possibile ultima panacea, come rifugio intimo immaginario al quale attingere nelle ore di sconforto. Ma esso si rivela essere un’illusione, una proiezione mentale che si sgretola nella concretezza del presente. Questo è delicatamente evidente proprio nell’ultima parte del fumetto, dove Piero e Lucia trascorrono dei bei momenti, mentre il desiderio dell’altro torna prepotente. Ma quando cercano di concretizzare, la voglia carnale si smorza, imprigionata nei terrificanti ostacoli psicologici che la vita e l’età hanno creato (la vergogna per la propria forma fisica, percepita come meno attraente, o non sessualmente attiva come una volta).
Manuele Fior si serve del triangolo amoroso non per assenza di idee, ma per convalidare una struttura narrativa chiara e perfetta: l’adolescenza, gli anni giovanili, l’età matura e il ritorno all’adolescenza. Un percorso indispensabile, in circolo, a fare della propria esistenza la più banale delle strade: quella dei ricordi.
Se possiamo azzardarci a parlare di precarietà di sentimenti è perché Cinquemila chilometri al secondo si delinea come un ritratto in cui nemmeno gli innamorati si conoscono davvero e anche l’amicizia nasconde pericolose zone d’ombra. Ci adoriamo e ci tradiamo per una vita, accomunati da una solida voglia di fuggire, caratterizzati dalla stessa intensa insoddisfazione e dall’assoluta incapacità di percepire le difficoltà dell’altro. Una generazione, questa, terrorizzata dal contatto e dalla pura empatia nei confronti di chi abbiamo davanti. Triste. Tristissimo.
Cinquemila chilometri al secondo è un fumetto che si basa sulla causa e l’effetto, sulle scelte e gli errori dei protagonisti.
È una storia sulla malinconia e sulla memoria, la quale è segnata indelebilmente dalla consapevolezza di essere mutati.
È l’incertezza dell’età adulta che verrà.
È un racconto sul viaggio, sulla distanza e lontananza, queste non solo fisiche e geografiche, ma anche sentimentali.
Ci chiediamo spaventati come possa essere pensabile mettere radici se ci si sposta con una certa frequenza da un posto all’altro, ma intanto noi scappiamo, scappiamo lontano, perché semplicemente abbiamo smarrito la strada. Da soli, spogliati, nel labirinto del mondo. Stranieri in casa nostra.
Fior ha tutte le carte per diventare un autore generazionale, come lo è Andrea Pazienza con il suo Pentothal, oppure come Paolo Virzì con il film Ovosodo.
Intanto lo ringrazio anche per aver riportato una strofa di Elena dei Diaframma a inizio fumetto. Io, per alcuni versi, ci avrei visto bene anche Vicini dei C.S.I.
Hai presente quelle tipe total black, dai capelli rossi? Immaginami estasiata tra dischi, fumetti, film, serie TV, libri, violoncelli. Tra citazioni e suoni, ti farò compagnia, con una tavola di Magnus e una canzone di Fiumani.