Aria di rivoluzione
John L. O’Sullivan, giornalista statunitense del XIX secolo, un bel mattino del 1837 si sveglia e decide di fondare una rivista chiamata United States Magazine and Democratic Review, con sede a Washington. A questa testata contribuiscono anche personaggi di un certo rilievo, come Nathaniel Hawthorne e Walt Whitman.
Da subito, O’Sullivan si dimostra un tenace oppositore della pena capitale, tanto da promuovere numerose campagne a favore dell’abolizione. Se da un lato, però, il nostro editore è da apprezzare per questo nobilissimo intento, dall’altro lo vediamo sostenitore e divulgatore della cosiddetta democrazia jacksoniana: nel 1845 pubblica, infatti, un articolo intitolato Annexation nel quale, con il pretesto di incoraggiare l’annessione del Texas, riprende ed esalta i principi tanto cari all’ex presidente Andrew Jackson.
Secondo questa concezione, gli Stati Uniti avevano il mandato divino di espandersi nel continente nordamericano: O’Sullivan nutriva la profonda convinzione che questo era il destino manifesto che la Divina Provvidenza volesse per il suo popolo.
Conosciamo tutti come continua la storia: guerra messicano-americana, guerra di secessione, guerra del Golfo… Ma quando ai potenti non saranno più sufficienti territori e petrolio, per cosa ci si farà guerra? Cosa può essere di così vitale importanza, in un futuro remoto, da seguitare a guerreggiare e a invadere terre? L’acqua, molto banalmente. Sì, perché senza acqua non c’è vita. E Brian K. Vaughan ha immaginato proprio una cosa del genere con il suo Sentinelle d’inverno.
Sentinelle d’inverno è una miniserie composta da sei albi pubblicata dalla Image Comics, nel 2015, ed edita in Italia dalla Bao Publishing in un volume unico, nel 2016. La traduzione è a cura di Michele Foschini, mentre i disegni sono stati affidati a Steve Skroce e i colori a Matt Hollingsworth.
Immaginando un futuro distopico, Vaughan narra di un ipotetico attacco da parte degli Stati Uniti, non al bistrattato Messico, e nemmeno a uno dei tanti paesi mediorientali ritenuti inferiori, bensì al civilissimo e democraticissimo vicino di casa Canada.
Scopriamo perché e percome.
Up patriots to arms
Le vicende iniziano nel 2112, a Ottawa, in Ontario.
Nelle prime pagine vediamo una famiglia canadese che guarda la televisione e commenta uno spettacolo agghiacciante: la Casa Bianca rasa al suolo dopo essere stata bombardata da droni da guerra.
Di lì a pochi minuti, uno sciame di missili della U.S.A.F. illumina il cielo sopra Ottawa. In un attimo, la casa è in macerie, la madre giace morta e il padre è in fin di vita. Quest’ultimo farà giurare al figlio maggiore, Tommy, di occuparsi della sorellina, Amber. Voltata pagina, verrà fatto un salto in avanti di 12 anni.
Questa prima scena di Sentinelle d’inverno potrebbe apparire come un semplice flashback, ma non è così, perché la narrazione procede verso due sensi convergenti: da una parte seguiamo Amber, ormai giovane donna; dall’altra, scopriremo come sono sopravvissuti i due ragazzini e perché, a un certo punto, verranno divisi.
Quello che è successo alla Casa Bianca ha tutta l’aria di un attacco terroristico e gli Stati Uniti, come nelle migliori tradizioni, non esitano mezzo secondo a fare la voce grossa, e invadono il vicino di casa, sospettato di essere il mandante di quella che sembra, effettivamente, una dichiarazione di guerra.
La reazione da parte del governo statunitense, però, si rivela ben presto solo una trovata in quanto si mira, in realtà, a mettere le mani sulle risorse idriche del Canada, terra di grandi laghi e ghiacciai.
Dicevamo, ora siamo nel 2124, a Yellowknife. Siamo in guerra da 12 anni. Il Canada è in ginocchio. Tutto attorno, l’inferno: il sangue scorre copioso sulla neve e la tecnologia dell’invasore a stelle e strisce primeggia, tra massacri di civili, mech, cani robot.
Ed è qui che ritroviamo un’adulta Amber, sopravvissuta all’incursione statunitense, che vaga nelle terre innevate del Canada del nord-ovest. La sua strada si incrocerà con quella dell’Unità Due-Quattro, un gruppo di resistenza canadese impegnato a bloccare il dominio militare e tecnologico degli yankee.
Amber, che non ha più nulla da perdere, si aggrega ai freedom fighters e decide di combattere per rendere libero il Canada.
Sarà una lotta senza esclusioni di colpi e, soprattutto, ad armi impari, considerate le apparecchiature sofisticatissime e le torture virtuali messe a punto dagli usurpatori.
Questo è solo l’inizio di Sentinelle d’inverno ma, soprattutto, è l’inizio della fine. Una fine che lascio scoprire a voi, che ha in serbo qualche colpo di scena.
Shock in my town
I disegni del canadese Skroce sono funzionali alla storia e il suo tratto delinea splendidamente il realismo dell’opera. L’artista, con l’ausilio di una griglia a tre strisce, si impadronisce di alcuni espedienti del fumetto franco-belga (uso limitato della china, cura per i fondali, mancanza di ombre, linee di demarcazione, colori pastello) per mettere ogni particolare di una realtà violenta in risalto. Sono dettagli che gratificano lo sguardo del lettore di Sentinelle d’inverno, il quale si trova di fronte a boschi innevati e spettacolari veicoli corazzati, cyborg, segugi meccanici.
Non mancano nemmeno una serie di splash page davvero mozzafiato. A tratti, sembra quasi di avere davanti qualcosa di molto simile a Star Wars (i canadesi ne ricordano in tutto e per tutto la resistenza) ma anche al meno recente La Terra contro i dischi volanti, mentre le torture virtuali rimandano all’episodio “White Christmas” di Black Mirror e a 1984.
Skroce è coadiuvato dagli ottimi colori di Matt Hollingsworth che enfatizzano la potenza emotiva e simbolica dello scenario raffigurato, rimarcando il tipico taglio pop dei fumetti di Vaughan.
La tranquillità del Canada pre-invasione, per esempio, è suggerita da tinte pastello; lo sconforto è sottolineato dal bianco abbagliante dell’inverno; l’oppressione e la resistenza canadese sono rimarcate dal rosso del fuoco, generando, così, un’inevitabile alternanza caldo/freddo.
Sentinelle d’inverno è una storia tracciata da un ritmo frenetico, al limite dell’adrenalinico, ed è nella sinergia tra il disegnatore e il colorista che sta il contrappunto alla retorica bellicista e alla celebrazione della vittoria, il cui costo è la disintegrazione di quel che si cercava di difendere.
Come un cammello in una grondaia
Che c’entra Superman con Sentinelle d’inverno? C’entra, perché all’inizio del fumetto troviamo un’ampia citazione del supereroe; citazione che, se ben compresa, risulta essere un po’ l’essenza dell’opera di Vaughan, tanto da apparire in più di un’occasione.
Booth, uno dei ribelli combattenti, spiega alla protagonista che, mentre lo scrittore dell’Uomo d’Acciao, Jerry Siegel, era statunitense, il disegnatore era canadese. Joe Shuster, “quello che ha fatto il grosso del lavoro”, è nato e cresciuto a Toronto.
Non solo, ma secondo Booth, il fumetto di Superman parlerebbe proprio di questo, paragonando gli Stati Uniti a Metropolis (“un immenso paese delle meraviglie comandato per lo più da avidi bastardi come Lex Luthor”) e il Canada al pianeta Krypton (“un luogo pacifico che manda i propri elementi più incredibili in giro per l’universo, dove finiscono per fare cose ancora più incredibili”).
Dunque, “Superman è un fottutissimo canadese”.
Superman è l’eroe che, per nascita editoriale, sta proprio a metà, tanto da risultare un modello per entrambe le parti coinvolte nello scontro, ed è un esempio su cosa possa divenire, una volta cresciuto, un bambino al quale sia stata sottratta la famiglia.
Ma, nella vita di gente normale, non sempre trionfano valori come verità, libertà e giustizia. Già, perché quando fai a qualcuno qualcosa come strappare via affetti e vita, come è stato fatto alla nostra Amber, non sboccia esattamente un’altruista creatura dotata di superpoteri. È più facile ottenere una persona super arrabbiata, con una voglia incontrollabile di vendicarsi.
E, a tal proposito, interessanti saranno le dichiarazioni che Amber farà nel finale, come colpirà la situazione ambigua che si verrà a creare, dove non si sarà più sicuri di nulla, dove le verità verranno rimescolate e, forse, non sarà più tanto giusto parlare di buoni e di cattivi, in quanto torti e ragioni arriveranno a confondersi.
Ermeneutica
Una cosa significativa, quanto buffa, è che Sentinelle d’inverno sia uscito, in Italia, proprio il 10 novembre 2016, e cioè un paio di giorni dopo l’elezione di Donald Trump (in America, invece, è stato pubblicato verso la fine del 2015, in piena campagna elettorale), nel momento in cui molti statunitensi, alla luce delle votazioni, esprimevano il desiderio di emigrare in Canada.
Altra cosa singolare: nel terzo capitolo, viene menzionato il Piano di Guerra Rosso. Si tratta di un piano realmente formulato negli anni ’30 del secolo scorso: quanto accaduto al Canada farebbe parte, infatti, di un progetto bellico studiato dagli Stati Uniti con lo scopo di invadere il vicino di casa e conquistarne le risorse. E, come accade nel fumetto, l’attacco avrebbe anche una scusante, ovvero portare avanti ciò che l’esercito statunitense non è riuscito a fare durante la guerra del 1812.
Molto probabilmente, Vaughan è stato ispirato proprio da questi eventi, che cerca di riadattare in chiave fantascientifica: lo scrittore adopera l’impianto allegorico per puntare i riflettori sull’imperialismo e sulla potente propaganda messa in piedi dal complesso militare-industriale a stelle e strisce per giustificare le politiche interventiste della Casa Bianca.
Come risultato, passato e futuro vengono mischiati con lo scopo di parlare del presente, e si ha la netta sensazione che il fumetto sia destinato principalmente al popolo statunitense, meravigliandoci per la capacità di Vaughan di mettere da parte i patriottismi per un momento di estrema autocritica al proprio paese.
Dunque, “guerra moderna” ed “esportazione della democrazia” diventano pretesti per descrivere quelli che sono veri e propri conflitti d’invasione.
Rimangono alcune ambiguità di fondo, come lo sviluppo del terrorismo. Vaughan racconta, infatti, come i belligeranti passino dagli scontri urbani a veri e propri attentati, siano essi esplosivi o suicidi, con tanto di riferimento al jihadismo e giubbotti esplosivi.
Le azioni stesse di Amber indicano una percezione deterministica per cui il terrorismo nasce o attecchisce in reazione a una prepotenza subita.
Una critica: si ha l’impressione che il fumetto abbia necessariamente bisogno di qualche capitolo in più per sviluppare al meglio i personaggi e i dialoghi, come anche il rapporto guerra-terrorismo e le torture, talvolta solo abbozzati. L’opera conta circa 170 pagine, per una storia che richiederebbe, forse, qualche approfondimento in più, soprattutto per chi non è cresciuto nel continente americano. Le implicazioni fantapolitiche, insomma, restano più implicite di quanto non ci si sarebbe aspettato, dopo avere letto le prime pagine della storia.
Nonostante queste pecche, Sentinelle d’inverno offre comunque molti momenti di riflessione: dall’interventismo democratico degli Stati Uniti, alle figure controverse dei terroristi; dalle riflessioni sui cambiamenti climatici, all’assenza di una visione a lungo termine riguardo i fabbisogni energetici del nostro pianeta.
Sentinelle d’inverno colpisce per il significato metaforico della guerra, che diventa fratricida e spinge il lettore a meditare su come l’acqua, fonte di vita per antonomasia, si ritrovi a essere motivo per causare morte e disfacimento.
È fantascienza, sì, ma neanche troppo, soprattutto perché, dopo l’elezione di Trump, il concetto di “impossibile” è stato totalmente ridefinito!
Hai presente quelle tipe total black, dai capelli rossi? Immaginami estasiata tra dischi, fumetti, film, serie TV, libri, violoncelli. Tra citazioni e suoni, ti farò compagnia, con una tavola di Magnus e una canzone di Fiumani.