La destinazione che ho scelto per questo primo appuntamento con il tema del mese su Inchiostro Virtuale, che ho l’onore, e l’onere, di inaugurare, si trova a Praga ed è il Cimitero Ebraico.
Andiamo con ordine: come ci si arriva?
Bisogna raggiungere il quartiere ebraico di Praga, che è uno dei più antichi della città, sulla riva destra del Moldava (ndA: la riva di un fiume viene stabilita dando le spalle alla sorgente. Il Moldava nasce nella Selva Boema a sud e confluisce nell’Elba a nord, dopo aver attraversato tutta la Boemia). Il quartiere Josefov deve il nome all’imperatore Giuseppe II, che nel 1784 visitò la zona ed emancipò almeno in parte gli ebrei, ma la sua origine risale al XIII secolo, quando furono costruite alte mura per separare gli abitanti ebrei dai cristiani, trasformandolo, di fatto, in un ghetto.
Le stradine simili a labirinti, molte case barocche e gotiche ed i vecchi cortili del ghetto furono demoliti alla fine del XIX secolo, quando l’intero quartiere venne ricostruito, salvando solo le sinagoghe, il municipio ed il cimitero, per l’appunto.
L’entrata del cimitero si trova nella via Široká e passa attraverso la Sinagoga Pinkas, fondata nella seconda metà del XV secolo dal rabbino Pinkas ed ampliata nel 1535 dal pronipote. A quest’epoca risale la volta a rete della sala, in stile tardogotico, mentre l’ala sud e il matroneo furono aggiunti all’inizio del XVII secolo. Durante i secoli l’edificio è stato più volte ricostruito e gli scavi hanno portato alla luce moltissime testimonianze della vita del ghetto durante il Medioevo, tra cui un bagno rituale. Oggi ospita il mausoleo commemorativo delle vittime dei campi di concentramento nazisti di Boemia e Moravia, che furono esattamente 77.297 ed i cui nomi sono scritti uno per uno su tutte le pareti.
Al primo piano si trova anche l’esposizione dei disegni e delle poesie dei bambini del campo di concentramento di Terežin, che vi consiglio di non perdere assolutamente, come vi confermerà anche Serena nel suo prossimo articolo.
Per noi, abituati ai cimiteri “nostrani”, con tutte le lapidi bene allineate a terra, oppure sistemate in muri più o meno elevati, e con eventuali colombari a parte (ndA: i “colombari” sono pareti dove vengono riposte le urne cinerarie, un tipo di sepoltura di origine romana), questo cimitero storico è quanto di più inusuale si possa presentare ai nostri occhi e può sembrare caotico e destabilizzante.
Attualmente in disuso, è stato utilizzato per la sepoltura degli ebrei dal 1439 al 1787, data nella quale sempre Giuseppe II vietò la presenza di cimiteri nelle cerchie murarie cittadine per questioni d’igiene. Nel 1995 è stato dichiarato Monumento Nazionale.
Un conteggio approssimativo ha stimato in circa dodicimila le pietre tombali presenti, ma si calcola che vi siano sepolti oltre centomila corpi.
Com’è possibile?
È presto detto: per oltre 300 anni quest’area è stata l’unico luogo, ristretto, dove gli ebrei di Praga potevano seppellire i loro morti. Le dimensioni attuali sono all’incirca quelle medievali e nel tempo si è sopperito alla mancanza di spazio sovrapponendo le tombe. Le lapidi, in prevalenza di pietra arenaria (o marmo quelle più importanti), venivano staccate, si buttava altra terra per la nuova sepoltura, poi si posizionava la lapide più recente con accanto quella più vecchia. Per questo il cimitero ha un aspetto disordinato, pieno di dislivelli e collinette e le pietre tombali si presentano come un caotico insieme, storte, accavallate l’una sull’altra e quasi tutte ombreggiate dai numerosi ed antichi alberi di sambuco.
In alcuni punti si sono riscontrati fino a undici-dodici strati di diverse sepolture e, col tempo, diverse pietre tombali sono andate purtroppo perse.
Se la visione di questo strano assembramento può sembrare quasi poetico, in un primo tempo mi ha trasmesso una profonda tristezza, poiché mi ha ricordato d’impatto la desolazione delle fosse comuni, finché non ho scoperto che, secondo la tradizione ebraica, è considerato oltraggioso distruggere le pietre tombali e riesumare i corpi dei defunti. Da questo punto di vista, il Cimitero è da considerarsi il più grande “libro storico” dal 1439 al 1787.
Le date indicate rappresentano la lapide più vecchia e quella più recente presenti sul posto. La sepoltura più antica è quella del rabbino e poeta Avigdor Kara, morto il 23 aprile 1439, mentre l’ultima appartiene a Moses Lipman Beck, seppellito il 17 maggio 1787, ed è situata vicino all’ingresso.
Il percorso all’interno del Cimitero è obbligato e delimitato da cordicelle, che dividono le lapidi dalla piccola stradina creata per il passaggio dei visitatori.
È difficile distinguere a chi appartenessero le varie lastre, poiché la religione ebraica vieta l’apposizione di ritratti –ammessi solo il nome e la data di morte-, tuttavia a partire dal XVI secolo si iniziò anche ad aggiungere alcuni disegni per ricordarne la professione (forbici per i sarti, violini per i musicisti, bisturi per un medico, libro per gli studiosi), un ceto sociale (mani giunte in preghiera per i rabbini), un cognome (leone -Jehuda, Arje-, cerbiatto -Cvi, Hirsch-, pesce, volpe, puzzola, topo -Maisel-, colomba -Jona-, galli, oche), un simbolo (pigne per l’immortalità, uva per una vita feconda, corona per l’istruzione). Alcune scritte accanto ai nomi ne indicano talvolta il quartiere di provenienza.
I nomi più importanti
Tra le varie personalità tumulate qui vi sono alcuni nomi di spicco, le cui tombe sono segnalate da appositi cartelli.
Di fronte all’ingresso si trovano le lapidi di due importanti medici ebrei, con i rispettivi figli: Beer Keller (+1688), col figlio Löwe Keller (+1697), mentre la doppia pietra tombale in stile rococò appartiene a Salomon Šumperc (+1729) con Moses (+1742).
Vi sono poi sepolti il primate della Città Ebraica Mordecai Maisel (+1601), lo scienziato, storico, matematico e astronomo rinascimentale David Gans (+1613), il medico, astronomo e filosofo Josef Solomon Delmedigo (+1655), il rabbino e collezionista di manoscritti e stampe ebraiche David Oppenheim (+1736).
La tomba più significativa e visitata è però quella di Jehuda Lőw ben Bezalel, detto Rabbi Lőw (1520-1609), sepolto insieme alla moglie Perl (+1610) ed accanto ai suoi 33 allievi, conosciuto per i suoi lavori sull’etica, la filosofia e la mistica ebraiche, ma ricordato principalmente come il creatore del Golem.*
(*Leggenda di cui vi parlerò più avanti in un apposito articolo)
Non mancate infine di visitare la collinetta Nephele, dove venivano sepolti i bambini che non superavano l’anno di età, e di dare un’occhiata anche al muro del cimitero, in cui sono inseriti frammenti di lapidi gotiche provenienti da un cimitero ancora più antico, scoperto nella Città Nuova, in via Vladislavova, nel 1866.
Vi chiederete come abbia fatto questo luogo a sopravvivere alla distruzione sistematica perpetrata dai nazisti durante l’occupazione di Praga. Ebbene, le autorità tedesche decisero di risparmiare il cimitero in quanto, come luogo di sepoltura, avrebbe testimoniato l’estinzione del popolo ebraico.
Spero di avervi incuriosito, con questo breve, ma significativo, viaggio in una piccola parte del mondo e della cultura ebraica. Vi consiglio di seguire nei prossimi giorni gli articoli che gli autori di Inchiostro Virtuale vi proporranno!
Alla prossima meta!
Annalisa A.
Curiosità: Non fiori ma… Sassi!
Quando si visita un cimitero ebraico, in segno di omaggio non si portano fiori, ma sassolini, che vanno deposti sulla lapide rigorosamente con la mano sinistra. Questo gesto ha un duplice significato: il primo è immediato, vuol dire semplicemente che si è visitato il posto, e quindi messo in pratica il mitzvah (comandamento) della sepoltura.
Il secondo ha origini più antiche e risale ai tempi biblici, quando si seppellivano i corpi in terreni aridi e pressoché desertici. Al tempo non si usavano lapidi, ma i corpi venivano seppelliti, come da tradizione ebraica, senza bare, e ricoperti di terra sopra cui venivano impilati i sassi, a formare una figura umana stilizzata. Ponendo nuovi ciottoli, o sostituendo quelli perduti, si mantiene e si perpetua l’esistenza del sito di sepoltura.
Su alcune delle lapidi più importanti è possibile trovare anche monetine e bigliettini di preghiera, in segno beneaugurante per chi li ha lasciati. Una sorta di “portafortuna”.
Giunta qui sicuramente da un mondo parallelo e da un universo temporale alternativo, in questa vita sono una grammar nazi con la sindrome della maestrina, probabilmente nella precedente ero una signorina Rottermeier. Lettrice compulsiva, mi piace mangiare bene, sono appassionata di manga, anime e serie TV e colleziono Lego.
In rete mi identifico col nick Lunedì, perché so essere pesante come il lunedì mattina, ma anche ottimista come il “primo giorno di luce”.
In Inchiostro Virtuale vi porto a spasso, scrivendo, nel mio modo un po’ irriverente, di viaggi, reali o virtuali.
Sono inoltre co-fondatrice, insieme a Jessica e Virginia, nonché responsabile della parte tecnica e grafica del blog.
Mi potete contattare direttamente scrivendo: a.ardesi@inchiostrovirtuale.it