Comizi d'amore: documentario di Pasolini sulle abitudini sessuali

(Ri)scopriamo il capolavoro di Pasolini

Pier Paolo Pasolini nel 1963 attraversa l’Italia con il produttore Alfredo Bini alla ricerca dei luoghi per il film Il vangelo secondo Matteo. Mentre viaggia in lungo e in largo per la penisola, propone alla casa di produzione Arco di realizzare una pellicola sul rapporto degli italiani con la sessualità, le relazioni amorose e la moralità. Realizza così il meraviglioso documentario Comizi d’amore, in cui intervista in prima persona gli italiani e li spinge con garbo, ma allo stesso tempo con fermezza, a parlare di argomenti considerati da molti, nell’Italia pre-sessantotto, dei tabù.

Il vento della rivoluzione sessuale inizia lentamente a soffiare da nord a sud dello stivale, ma l’Italia del ’63 è ancora ricca di pregiudizi, contraddizioni e inconsapevolezza, in tutti gli strati sociali.

Comizi d’amore, l’Italia prima della rivoluzione sessuale

Sentiamo un po’ cosa sanno dirmi questi malandrini… Senti tu sai dirmi come nascono i bambini? Lo sai dire?

Con questa domanda rivolta a un bambino campano si apre Comizi d’amore. Pasolini interroga un folto gruppo di ragazzini, divertiti ma impacciati, che provano a rispondere a loro modo, o meglio col modo che è stato loro insegnato. Le risposte dei “malandrini” sorridenti abbondano, e abbonda anche la confusione. Chi porta i bambini? Gesù, la cicogna, un fiore, la pancia della mamma, uno zio calabrese… ce n’è per tutti i gusti.

Pasolini, con il suo sguardo attento sull’evoluzione dei costumi italiani, ci regala un’indagine affascinante e moderna, un documentario sorprendente che svela (o almeno tenta di svelare) le opinioni del popolo italiano su argomenti legati alla sessualità. Il regista ci porta tra le campagne, sulle spiagge popolari, su quelle borghesi, tra gli universitari, di fronte alle fabbriche e nei piccoli borghi; cerca di dar voce a ogni strato sociale, a ogni zona dell’Italia, dal nord al profondo sud. Intervista uomini e donne di ogni età, tutte le opinioni sono interessanti per capire l’Italia degli anni sessanta e paradossalmente quelle dei più anziani e dei più giovani, soprattutto degli strati sociali più umili, sembrano essere quelle meno ipocrite e più coraggiose.

Le domande riguardano argomenti scabrosi per l’epoca (e non solo): le abitudini sessuali, le “anomalie”, l’omosessualità, la verginità, la differenza di diritti tra uomini e donne nel sesso e non solo, il divorzio (la cui legge è entrata in vigore solo anni dopo, nel 1970), la recente chiusura delle case chiuse (la legge Merlin risale al 1958), la gelosia, l’onore nelle questioni d’amore (e le sue infelici conseguenze). Le risposte delineano un quadro confusionario, la maggior parte delle persone si sente in profondo ed evidente imbarazzo a dover parlare di determinati temi; le contraddizioni nelle risposte sono numerose, per lo più conformiste e condizionate palesemente da un bigottismo dilagante.

Emerge soprattutto nelle regioni meridionali un quadro decisamente impressionante, una profonda ignoranza, immensa disparità tra i sessi, pareri sconcertanti sull’omosessualità. Pasolini ci mostra un’Italia piena di sfaccettature, con notevoli differenze tra nord e sud, tra grandi città e piccoli paesi, un’Italia alle prese con il boom economico, che cerca in piccola parte di evolversi e in gran parte di conservarsi intatta, nelle sue granitiche e ancestrali certezze culturali.

Lei mi saprebbe dire in cosa consiste il drammatico rapporto calabrese uomo-donna?

Le risposte a questa domanda fatta a un gruppo di calabresi svela tutta l’arretratezza del sud: “la donna è concepita per stare in casa, per essere una madre di famiglia, non per lavorare o per andare a prendere un caffè da sola”. Tutti sembrano essere più che d’accordo sul ruolo della donna nella società, ovviamente inferiore a quello dell’uomo. Tutti sono fermamente contrari al divorzio. Pasolini incalza gli intervistati chiedendo il perché di queste posizioni, senza ottenere alcuna risposta sensata. Così è, perché così è sempre stato, e così deve essere. L’unico spiraglio di luce in questo disarmante vortice di chiusura mentale è la voce di una bambina con le treccine e il viso sorridente, che candidamente ammette che da grande vorrebbe essere libera di andare a prendere un caffè da sola. E alla domanda relativa al divorzio è l’unica del gruppo a dichiararsi d’accordo. Rivolgendosi a lei Pasolini dice:

Senti treccina voglio proprio dirti che la bella sorpresa della mia inchiesta sono le ragazzine come te, nel generale conformismo voi ragazze siete le uniche ad avere idee limpide e coraggiose.

Comizi d’amore è una vera e propria perla cinematografica, uno spaccato di storia dell’Italia, i cui strascichi in un modo o nell’altro sono giunti fino ai giorni nostri, condizionando profondamente la cultura della nostra nazione. Un documentario che svela la società italiana, non solo con le risposte alle domande di Pasolini, ma anche con le non risposte, con i silenzi, con i sorrisi imbarazzati e gli sguardi abbassati. Un’Italia di “scandalizzati”, di donne e uomini ipocriti per forze di causa maggiore, ma anche, fortunatamente, di ragazzine “dalle idee limpide e coraggiose”.

Nel docu-film sono presenti anche interventi di uomini e donne intellettuali, giornalisti, scrittori, poeti, con cui il regista scambia opinioni sulla propria indagine e sui temi trattati. Personaggi illustri del Novecento, nomi del calibro di Cesare Musatti, Alberto Moravia, Oriana Fallaci e Giuseppe Ungaretti. A quest’ultimo Pasolini, riferendosi all’omosessualità, chiede:

Ungaretti secondo lei esiste la normalità e l’anormalità sessuale?

Ungaretti risponde che tutti gli uomini sono a loro modo anormali, che tutti sono in un certo senso in contrasto con la natura.

Ecco la risposta completa direttamente dalla voce del poeta:

Considerazioni finali

Comizi d’amore è un viaggio nella storia del costume del nostro Paese, un’opera che, grazie allo sguardo libero, critico e totalmente privo di moralismi del regista, può ancora insegnare molto, moltissimo, alla società italiana contemporanea. Una società che palesemente ha dimostrato in più occasioni di avere tanto da imparare sulla libertà, la sessualità e la parità di diritti. Sarebbe interessante sentire oggi le risposte alle stesse domande che Pasolini ha posto nel ’63; certo, molte cose sono cambiate da allora, ma molte altre sono rimaste pressoché invariate. Non è sconcertante? Parliamo di un’inchiesta che ha più di mezzo secolo.

Quanti sono ancora convinti che le donne e gli uomini nell’ambito sessuale non debbano avere gli stessi identici impulsi e diritti? Quanti ancora parlano con disprezzo degli omosessuali? L’Italia è rimasta, purtroppo, ancorata in gran parte a quella stessa cultura patriarcale, fortemente influenzata dalla religione, che ha condizionato le risposte bigotte ricevute da Pasolini in Comizi d’amore. Basti pensare al tema, sempre caldo, degli obiettori di coscienza, o ai tanti femminicidi che spesso ricordano il delitto d’onore, o ai numerosissimi episodi di omofobia, per non parlare del trattamento riservato alle donne coinvolte in qualche vicenda sessuale.

Mi sembra chiaro che servirebbero, nell’Italia di oggi, molti più sguardi liberi, critici e privi di moralismi.

Scritto da:

Antonella Morleo

Nata nel pieno dei fantastici anni ’80 tra gli argentei ulivi pugliesi. Vedo più film e serie tv che persone! Per questo ho scelto di parlarne su Inchiostro Virtuale.