Da quanto tempo si indossano le mascherine chirurgiche in Cina? Chi le ha inventate? Scopriamolo in questo articolo!
Fino a pochi anni fa noi occidentali eravamo straniti nel vedere l’utilizzo frequente di mascherine in Cina, Giappone e altri Paesi dell’estremo oriente. Coprirsi la faccia per lo smog o per un banale raffreddore, infatti, ci sembrava una protezione eccessiva.
Nel nostro Paese, inoltre, questo accessorio non si è mai usato abitualmente, se non in ambito medico o per seri problemi di salute. Solo negli ultimi anni – inutile ricordare perché – abbiamo iniziato a prenderci confidenza.
Questa differenza culturale può far sorgere alcune domande: da quanto tempo si utilizzano le mascherine in Cina? Le ha inventate un cinese? Non ci resta che scoprirlo.
Mascherine in Cina
Prima di capire “chi” ha inventato le mascherine, cerchiamo di capire “perché” le ha inventate. La loro nascita, infatti, è legata a un contesto ben preciso, non molto diverso da quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni.
Mi riferisco in particolare ai primi tempi, quando la disponibilità di informazioni in merito al nuovo virus era pressoché nulla. Già da quei momenti, però, avevamo iniziato a familiarizzare con le mascherine per cercare di limitare la diffusione del contagio.
Immaginate ora di andare indietro nel tempo di un secolo e di trovarvi nel bel mezzo di un’epidemia da oltre 100 morti al giorno di cui nessuno, nemmeno i medici, sa assolutamente niente. Non solo non sapete come si trasmette, ma non potete nemmeno proteggervi dal momento che non esiste alcun dispositivo in tal senso.
È questa, nel 1910, la situazione in cui si trovò Wu Lien-teh, chiamato dal governo cinese per indagare su una misteriosa malattia che all’epoca affliggeva il nord-est della Cina.
Wu Lien-teh
Nato nel 1879, Wu Lien-teh (伍连德) era un medico di origine cinese nato a Penang, in Malesia, che all’epoca faceva parte di una colonia britannica nota come “Stabilimenti dello Stretto“. Questa situazione politica risulterà determinante nel suo percorso formativo.
All’età di 17 anni, infatti, vinse la Queen’s Scholar, un’importante borsa di studio che permetteva agli studenti malesi di proseguire i propri studi nel Regno Unito. Il futuro medico ebbe quindi l’opportunità di frequentare l’Emmanuel College di Cambridge – primo studente di origine cinese ad entrarvi -, in cui si dedicò allo studio delle scienze naturali.
Gnoh Lean-Tuck – questa era la traslitterazione che Wu utilizzava in quegli anni – era uno studente brillante, tanto che vinse numerose borse di studio che gli garantirono la possibilità di proseguire gli studi in batteriologia in altre prestigiose università in Inghilterra, Francia e Germania.
Nel 1903 ritornò negli Stabilimenti nello Stretto per entrare all’Università di Kuala Lumpur come primo ricercatore. Le sue ambizioni, però, si scontrarono con le leggi dell’epoca: nelle colonie, infatti, solo i cittadini britannici potevano accedere alle cariche più importanti.
Continuò i suoi studi in patria fino al 1907, anno in cui il governo cinese gli offrì un posto nella “Scuola medica militare” di Tiantsin (天津陆军军医学堂), della quale Wu Lien-teh – da qui in avanti verrà conosciuto con questo nome – divenne ben presto vicedirettore.
La peste della Manciuria
Ed eccoci al 1910 quando, come detto, una malattia sconosciuta ed estremamente letale (moriva il 99,9% dei contagiati) affliggeva la Manciuria. Il dottor Wu venne inviato sul posto per capirne di più oltre che per garantire un’apposita assistenza sanitaria.
La situazione, però, come si può immaginare, era disperata. Arrivato il 24 dicembre nella città di Harbin – non molto lontana dalla Siberia – lo scenario che si presentava era quello di un’infinita distesa di neve in cui di tanto in tanto si vedevano gruppi di persone che tossivano e sputavano sangue.
Conoscete le sculture di ghiaccio e neve del Festival di Harbin?
Sebbene fosse comprensibile che quei malati sarebbero passati presto a miglior vita, quello che ancora non era chiaro era il rischio nel respirare vicino ai malati. Né il dottor Wu né gli altri medici e infermieri, infatti, adottavano alcun dispositivo di protezione e, come risultato, quasi la metà di essi morì successivamente.
Per capire meglio l’origine del male era necessario eseguire un’autopsia ma ai quei tempi la pratica non era permessa in Cina. Fortunatamente, a soli tre giorni dal suo arrivo, il medico venne a sapere della morte di una giapponese lì residente. La diversa nazionalità della donna permise di fare quella che sarà la prima autopsia mai eseguita sul territorio cinese.
Dai risultati emerse che quella che stava decimando la Manciuria era una peste polmonare e che, dunque, il batterio poteva trasmettersi da persona a persona. Ciò venne accolto con scetticismo dalla comunità scientifica dell’epoca, poiché si pensava che la peste potesse essere trasmessa solo da ratti e pulci.
Da questa scoperta Wu Lien-teh intraprese una serie di azioni mirate alla riduzione del contagio e alla successiva fine dell’epidemia, prima fra tutte la creazione delle prime mascherine in Cina.
Le prime mascherine in Cina
In quegli anni esistevano già delle mascherine pioneristiche, utilizzate in Europa nelle sale operatorie. Il primo caso in tal senso risale al 1897, allorché il chirurgo francese Paul Berger operò con la protezione sul viso.
Tuttavia questi primi dispositivi di protezione erano pressoché inutili a contenere il contagio, poiché non proteggevano le persone sane. Per questo motivo il dottor Wu elaborò delle mascherine più efficaci formate da vari strati sovrapposti di garza e cotone, le quali aderivano perfettamente alla forma del viso.
In altre parole le “mascherine di Wu” (伍氏口罩) avevano posto le basi per la creazione delle mascherine filtranti come le conosciamo oggi.
Un po’ come ai giorni nostri, però, non tutti erano convinti dell’efficacia delle mascherine. La vittima più illustre fu senza dubbio il medico francese Gérald Mesny, il quale arrivò a Harbin per sostituire Wu Lien-teh nel suo incarico. Costui, nonostante il contesto descritto, si rifiutò di indossare la mascherina e, dopo essersi contagiato, morì di peste pochi giorni dopo.
Tale evento suscitò molto clamore e sia la popolazione che i medici si convinsero finalmente della bontà delle mascherine; tuttavia questi dispositivi da soli non furono sufficienti per fermare l’epidemia.
La fine dell’epidemia
Oltre all’utilizzo delle mascherine, il medico cinese si impegnò affinché le persone sane venissero separate da quelle malate. Si iniziò, pertanto, a curare i contagiati in ospedale per far loro trascorrere dei periodi di quarantena. Si introdussero anche delle limitazioni agli spostamenti e ai contatti e si disinfettavano le case.
Un ulteriore passo per fermare l’epidemia si fece verso la fine del gennaio 1911. Il dottor Wu, infatti, si rese conto che circa 2000 cadaveri non erano ancora stati sepolti e potevano continuare a veicolare il contagio. Per questo motivo, andando contro le idee del tempo che la vietavano, ordinò la cremazione dei corpi.
In seguito a questa operazione i contagi calarono drasticamente e dal marzo 1911 non si registrò più alcun caso. Il lavoro di Wu Lien-teh fu decisivo nel fermare l’epidemia, tanto che nel 1935 venne nominato per il premio Nobel, primo candidato di origine cinese in assoluto. Le innovazioni del medico, inoltre, posero le basi per la modernizzazione del sistema sanitario cinese dell’epoca.
Le mascherine in Cina, quindi, si usano da oltre 100 anni in seguito all’epidemia di peste della Manciuria. Per la loro creazione dobbiamo ringraziare Wu Lien-teh, il primo che ne comprese appieno l’utilità. Detto questo non mi resta che salutarvi: alla prossima!
Classe 1986. All’università ho scoperto la lingua cinese ed è stato amore a prima vista, tanto che da allora ho continuato a studiarla da autodidatta.
Nel blog, oltre a parlarvi della cultura cinese, cercherò di rendervi più familiare una delle lingue più incomprensibili per antonomasia.
Potete contattarmi scrivendo a: m.bruno@inchiostrovirtuale.it